Il sindaco di Vibo Valentia Maria Limardo
6 minuti per la letturaVIBO VALENTIA – Un paio di settimane addietro sono trascorsi i due anni dall’insediamento ufficiale a Palazzo Luigi Razza.
In tutto 730 giorni di attività amministrativa con in mezzo un blitz della Guardia di Finanza, la più grande inchiesta antimafia della storia dopo quella contro “Cosa nostra”, una pandemia durata un anno e mezzo, lo spettro di un secondo default.
«Non sono stati due anni certo facili», chiosa Maria Limardo, che in questa chiacchierata col Quotidiano del Sud (della quale pubblichiamo una sintesi dei passi più salienti) ha fatto un bilancio di questo primo biennio, con lo sguardo rivolto ai prossimi tre anni e, chissà, anche ai cinque a seguire.
Sindaco, le amministrazioni comunali spesso hanno fallito con riguardo alle frazioni che si sentono da sempre un corpo estraneo. Il suo programma elettorale era quello che guarda ad un’inclusione. Lo ritiene raggiunto?
«Intanto ciascuna frazione sarà interessata da opere da realizzare con i 6 milioni di euro e poi c’è il progetto “Vibo Valentia 2030”, per 20 milioni di euro, che prevede una rivisitazione di tutte queste aree. Abbiamo aderito al bando, e riteniamo di avere le carte in regola per ottenere il finanziamento. Tornando alle frazioni, la nostra presenza costante in questi centri, l’ultima appena qualche giorno addietro, testimonia la nostra attenzione verso la popolazione che li abita».
“Vibo 2030” o “Limardo 2030”?
«Beh (ride, ndr) significherebbe fare un terzo mandato di fila e non è possibile. Ho detto che è mia intenzione terminare questo con la maggior parte delle opere realizzate e non dimentichiamoci che siamo fermi da un anno e mezzo per la pandemia, tuttavia mancano ancora tre anni e il tempo per riflettere per un ulteriore candidatura c’è. Chiaro è che non mi piace lasciare le cose a metà…».
Assodato che il momento più positivo sia stata la proclamazione di Vibo Capitale del Libro o il suo insediamento, quali sono stati quelli negativi o comunque più difficili? Mi viene in mente l’arrivo della Gdf a ottobre 2019 a Comune o il blitz di Rinascita-Scott o ancora l’emergenza Covid…
«Sicuramente la data del 28 ottobre, con l’arrivo dei finanzieri al Comune. Un fulmine a ciel sereno. Ricordo che mi trovavo nel mio studio quando sono arrivati il comandante e una cinquantina di uomini. È stato uno scossone emotivo forte anche perché poche settimane prima avevamo iniziato con entusiasmo questa avventura. E poi, dopo Rinascita-Scott, si vive finalmente un clima nuovo, sereno e armonico rispetto al passato».
Ha mai pensato che potesse finire di lì a poco il suo mandato?
«Non l’ho mai pensato, in verità. Sono stati altri a ritenerlo, anzi a darlo quasi per certo, ventilando l’arrivo della Commissione antimafia a Palazzo Razza. In quei giorni frenetici ho avuto una fitta interlocuzione con l’allora prefetto Zito al quale dissi che avrei preferito essere sciolta nell’acido anziché sciolta per mafia proprio perché forte del mio percorso di limpidezza. Col passare del tempo ho preso consapevolezza di una stima e considerazione autentica delle istituzioni verso la mia amministrazione. E poi, ho sempre creduto in me stessa e nella mia squadra».
Per utilizzare un termine ciclistico, è possibile dire che questa amministrazione scollinerà nel momento in cui riceverà notizie positive dalla Corte dei conti ed eviterà il secondo default?
«Stiamo cercando con le unghie e con i denti di allontanare il secondo dissesto. Posso dire che come Giunta abbiamo preso una decisione che riguarda questo cappio al collo del bilancio rappresentato dai 12 milioni della Tangenziale ovest. Abbiamo chiesto al Ministero dei trasporti di rateizzare quest’importo perché dare una cifra simile d’un colpo è impossibile. Adesso attendiamo risposte così come dalla Corte dei Conti. Non siamo rimasti mai con le mani in mano; spero valga il detto: ambasciator che tarda, buona nuova porta».
Passiamo alla parte politica. Nelle ultime settimane la novità principale stata questo allargamento del partito di Forza Italia nelle fila della maggioranza. Allora anche la Giunta è dello stesso colore?
«Ci sono degli assessori di riferimento quando è stato formato l’esecutivo, avendo riguardo di tutte le forze politiche che ci hanno sostenuto e da allora credo sia rimasta immutata la situazione».
Sì, però, se i patti iniziali erano di un assessore per ogni due consiglieri, con l’uscita di Schiavello da Fratelli d’Italia, allora dovrebbe venir meno anche l’assessore Michele Falduto…
«Michele Falduto gode della mia totale fiducia ed è uno dei miei collaboratori più stretti. Il manuale “Cencelli” ci sta, ma fino ad un certo punto, perché se la macchina funziona allora per quale motivo devo sostituirla? Non credo sia interesse di Forza Italia sostituire un assessore che produce semplicemente perché gli tocca. Se avete notato, queste dinamiche nella mia amministrazione non si verificano e, anzi, stiamo cercando di evitare che entrino. E debbo dire che molto è dovuto al Senatore Giuseppe Mangialavori che sta supportando questa amministrazione sostenendola in maniera robusta e costante».
Le opposizioni accusano la sua amministrazione e la maggioranza che la sostiene di non avere dialogo. È vero? Non è così? Lei cosa risponde?
«Mah, guardi, io credo che l’opposizione sia tenuta nella debita considerazione, è chiaro che il governo della città spetti a chi ha vinto le elezioni. Noi abbiamo ricevuto il mandato dai cittadini e abbiamo i diritto-dovere di amministrare la città».
Beh, però sono giacenti ancora degli ordini del giorno presentati anche oltre un anno fa e non ancora discussi. E questo è un dato incontrovertibile.
«Ed è una tendenza che mi adopererò per eliminata perché è giusto che tutti debbano avere voce in Consiglio anche se le idee sono diverse dalle nostre. Al riguardo ne ho già discusso con il presidente Putrino, ma non c’è alcuna volontà di ostacolare il dibattito politico».
Un’ultima domanda. In questi due anni di attività ha fatto una cosa della quale poi si è pentita?
«Non credo. Rifarei tutto dall’inizio per come l’ho fatto, dando tutta me stessa. Semmai il rammarico è di non riuscire a fare di più nonostante stia dedicando tutto il mio tempo rinunciando anche agli affetti familiari e alla sfera professionale. La comunità deve sentirsi tutelata e per fare questo ci deve essere chi questa città la ama e la cura».
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