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L'imprenditore vibonese Maurizio Talarico, re delle cravatte

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L’imprenditore Maurizio Talarico, re della cravatta, al Quotidiano del Sud racconta dei suoi inizi a Vibo, della sua attività e delle sue creazioni che indossano i potenti del mondo, da Obama a Trump, dal primo ministro giapponese a Mattarella: “La Meloni le ha volute in occasione del G7 in Puglia”


VIBO VALENTIA – Un figlio di questo territorio che, grazie al suo lavoro, prende letteralmente “per il collo” tanti personaggi di assoluto rilievo (capi di Stato come ad esempio Obama, Trump, Mattarella, il re di Giordania, politici e vip) in Italia e nel mondo, fa parte di diritto di quelle eccellenze vibonesi che andiamo periodicamente raccontando: lui è Maurizio Talarico, il re delle cravatte: 56 anni, nato a Catanzaro, da tempo vive a Roma ma con frequenti ritorni a Vibo, imprenditore di successo, da anni ormai un nome di assoluta eccellenza nel settore, vero e proprio ambasciatore del Made in Italy nel mondo.

Quest’anno il suo brand compie 25 anni, da quando Talarico, appena trentenne, sbarcò a Roma. Nel 2019 è stato affiancato in azienda dal figlio Tiziano che ha ampliato l’offerta creando, oltre a cravatte e foulard, linee di accessori, inclusi prodotti per il mare e in pelle.
Incontriamo il re delle cravatte al salone “I Visionari”, dal suo hair stylist di fiducia, Michele D’Angelo, uno che di vip se ne intende, forte della sua esperienza come parrucchiere di un’edizione di Miss Italia.

Manca da Vibo da 25 anni ma ci torna spesso

«Certo, ogni anno. Le mie radici sono qui e sono sempre forti».

Anni fa è stato in politica, consigliere comunale dell’allora Ccd. Che ricordo ne ha? E poi da allora Talarico e la politica sono stati distanti…

«Ero molto giovane (sorride). C’era l’amministrazione del compianto Alfredo D’Agostino, che ha lasciato un gran bel ricordo. Sì, poi ho scelto di fare altro. Devo però dire che ancora oggi sono “corteggiato” a livello nazionale da vari partiti, si è parlato di me anche come possibile presidente della Regione ma ho declinato l’offerta. Se in un futuro che oggi non so definire mi renderò conto di poter dare una mano concreta, importante nel settore dell’artigianato e del Made in Italy, allora, chissà. Insomma, mai dire mai».

Dopo l’esperienza a palazzo Razza la decisione di partire per Roma. Come mai?

«Innanzitutto avevo un figlio a Roma e poi la Calabria non era, e purtroppo ancor oggi non è, l’ambiente ideale per dare speranza ai giovani che hanno idee, che vogliono fare impresa».

Colgo amarezza nelle sue parole.

«Certo, tanta amarezza perché si tratta della mia terra. V’è un contesto imprenditoriale non molto favorevole. Ecco perché molti giovani emigrano».

Talarico, “l’uomo chiamato cravatta” non poteva mai immaginare che l’avrebbero definito il re delle cravatte e che sarebbe arrivato a vestire i potenti del mondo, da Bush a Trump, ma quando è partito da Vibo aveva un’idea precisa sul suo futuro? Intendo dire la moda, lo stile, le opere che da anni realizza erano già nel suo orizzonte?

«Posso dire che ero appassionato di cravatte, pensi che fin da ragazzino camminavo in giacca e cravatta. Così a Roma decisi di produrle da me».

Nel successo di Talarico nel mondo della cravatta quanto peso ha avuto la cura dei particolari e quanto la fortuna?

«Guardi, la fortuna arriva se il tuo prodotto è molto valido. In azienda ho sempre avuto una cura maniacale dei particolari e lo faccio anche oggi, nonostante il successo. D’altronde entrando all’epoca in un settore dominato da competitor di primo piano, non avevo altra scelta se volevo emergere. Poi, un po’ di fortuna non guasta mai».

Con una battuta: oggi Talarico “prende per il collo” tanti vip in Italia e nel mondo. Qualche nome?

«Tanti capi di stato, dallo spagnolo Sanchez al re di Giordania, al primo ministro giapponese, al presidente Biden, come gli altri tre presidenti che lo hanno preceduto: Trump, Obama e Bush. Ha presente l’iconica cravatta rossa di Trump? È una Talarico. Al recente G7 in Puglia la presidente Meloni ha voluto le mie cravatte come regalo ai capi di Stato».

E i suoi clienti in Italia chi indossa una cravatta di Talarico?

«Solo per citarne alcuni, i presidenti Cossiga (che mi nominò scherzosamente “cravattaio emerito d’Italia”), Ciampi, Napolitano, e Mattarella, i presidenti del consiglio Prodi, Berlusconi, Monti, Renzi, Gentiloni e Conte. Insomma, un buon parterre, direi (sorride). Insomma tanti vip ma, me lo lasci dire, anche tantissime persone comuni che apprezzano la qualità del brand Talarico».

La Vibo dei suoi tempi e quella di oggi: differenze?

«La Vibo di una volta era un brand conosciuto e apprezzato in Italia e anche fuori. Non è retorica. Sono amico di Patrizia Mirigliani, mi racconta di quando il papà, storico patron di Miss Italia, veniva a Vibo per l’omonimo concorso nazionale. Oggi purtroppo sono solo ricordi. Mi dispiace vedere la città in condizioni che non merita. Spero che il neo sindaco Romeo possa dare una svolta».

La Calabria e il Vibonese in particolare soffrono di consolidati stereotipi a cominciare dall’equazione, ingiusta e inaccettabile, Calabria uguale ‘ndrangheta.

«Vero, purtroppo. Lo noto quando parlo con i miei colleghi ai quali non smetto mai di ripetere che la Calabria è fatta in massima parte di persone oneste. Molti sono miei ospiti quando vengo qui, così che possano toccare con mano che ciò che dico è la verità. Ma i pregiudizi purtroppo sono duri a morire. Mi piace pensare che il mio lavoro punta anche, implicitamente, ad abbattere tali stereotipi».

Ai giovani che guardano al loro futuro cosa si sente di dire?

«Che nella vita ci vuole soprattutto un’idea chiara di ciò che si vuole fare e poi tanta, tanta determinazione. Se ci sono riuscito io possono riuscirci tutti».

Abbiamo parlato degli inizi a Vibo, delle creazioni, la cravatta per Obama, Mattarella, Trump e di tanto altro ancora, ma per concludere torniamo alle sue origini: Maurizio Talarico, il re delle cravatte, che augurio si sente di fare alla sua città?

«Semplice: che possa ritornare a splendere come una volta, quando il nome di Vibo suscitava rispetto e ammirazione. Lasciando da parte il colore politico, confido molto, come dicevo, nell’attuale sindaco. Conosco personalmente Enzo Romeo, il suo amore per la città. Ricordiamo che è stato presidente della Provincia, dunque ha esperienza amministrativa. Penso che possa essere un buon sindaco per Vibo. La mia speranza è che non debba ricredermi».

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