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Paolo Giovanni Grieco, prefetto di Vibo Valentia

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Il prefetto di Vibo tra ‘ndrangheta, scioglimenti di Comuni, commissioni di accesso, ambiente, baby gang e anche la sua vita privata.


VIBO VALENTIA – Cosche di ‘ndrangheta, commissioni di accesso e scioglimenti di Comuni, ambiente, baby gang e anche qualcosa sulla sua vita privata: il prefetto di Vibo Paolo Giovanni Grieco affronta tutti questi argomenti in questa intervista al Quotidiano del Sud.

È un prefetto – ci perdonerà il termine – “atipico” perché dietro quell’aspetto autoritario – che d’altronde si confà ad una simile carica – si cela, infatti, una persona socievole, disponibile e desiderosa di conoscere tutto ciò che lo circonda. Lo si vede spesso tra la gente perché, dice, non ci si può e deve barricare nel proprio ufficio, ma bisogna conoscere e farsi conoscere dando ai cittadini la certezza che le istituzioni sono al loro fianco e infatti non sono certo pochi i momenti in cui lo si nota intrattenersi con la popolazione anche al di fuori degli eventi istituzionali. Del nostro territorio si dice innamorato ma anche amareggiato perché ha delle potenzialità enormi che non si riesce a sfruttare.

Eccellenza, iniziamo con una domanda di “riscaldamento”: lei è qui da marzo del 2023. Come ha trovato la Prefettura al suo insediamento  e com’è oggi, dopo 15 mesi che la guida?

“Il primo impatto che ho avuto è stato quello di struttura ben organizzata in cui però è stata sin da subito evidente la mancanza di due vice prefetti. Quindi il primo problema è stato quello di rinforzare la dirigenza. Tra l’altro, per sei mesi siamo rimasti solo io e il Vicario a livello di figure dirigenziali.  Oggi la trovo un po’ rafforzata perché ho avuto delle interlocuzioni frequenti con i responsabili dell’ufficio del personale del Ministero e quindi abbiamo un capo di gabinetto e un tirocinante. Attualmente con le nuove assunzioni dovrebbero esserci due nuovi vice-prefetti aggiunti. Inoltre, siamo riusciti ad ottenere anche un dirigente per il servizio di ragioneria. Complessivamente ho notato un buon livello di professionalità e preparazione dei funzionari, quindi, tutto sommato, ho trovato una Prefettura in buona salute nonostante gli sconvolgimenti dei mesi precedenti”.

Ecco, si è insediato in un momento delicato. Funzionari coinvolti nell’inchiesta “Maestrale” e prima ancora in “Rinascita-Scott”.

“Sì, però ci siamo ricollocati bene, senza perdere tempo, senza perdere in risposta ai servizi di nostra competenza”.

Quanto è difficile ottenere personale in una Prefettura di periferia in uno dei territori più poveri d’Italia?

“È difficile perché molto dipende dalle nuove assunzioni e inevitabilmente i neo-vice-prefetti assunti vanno dove vengono mandati. Abbiamo avuto un periodo in cui non ci sono stati arrivi e che si stanno concretizzando solo in questi mesi. Per quanto riguarda i gradi più elevati è ancor più difficile perché dipende dal desiderio di mobilità dei colleghi e non sempre Vibo Valentia è una meta scelta”.

Un po’ come il Tribunale, la Procura. Insomma, un problema atavico.

“Esatto. Quindi noi puntiamo molto sui nuovi assunti che si stanno concretizzando in questi mesi”.

La si vede spesso tra la gente, anche e soprattutto al di fuori dei contesti istituzionali, una scelta che lei ha voluto per instaurare un rapporto con la popolazione anche per carpire notizie, o sbaglio?

“Diciamo più che altro per percepire sensazioni. Ma è un atteggiamento che ho sempre avuto. Mi piace il contatto diretto sia con gli amministratori che con la gente. Andavo in Prefettura a piedi ed ero la disperazione dei nostri autisti (sorride) ai quali dicevo: “Niente macchina, se volete mi accompagnate a piedi”. E, quindi, questo dà la possibilità di incontrare persone, di parlare, di confrontarsi. E poi devo dire che i vibonesi sono anche molto discreti, non è che ti fermano e chiedono qualcosa anche se in genere è soltanto uno scambio di battute a volte. Voglio dare anche l’impressione che la Prefettura non è un organismo estraneo, chiuso, inaccessibile”.

E a questo si aggiunge anche il nuovo portale presto accessibile.

“Esattamente, quello attuale è abbastanza scarso di notizie e pertanto ho voluto dare una svolta con maggiori informazioni sulle attività che svolgiamo. Infatti ho fatto implementare di molto la sezione notizie con delle foto sugli eventi attinenti alla nostra funzione. Io partecipo a tanti ma se poi non vengono veicolati allora restano fini a se stessi”.

Tra l’altro, i compiti della Prefettura sono variegati e riguardano tutti  settori della vita quotidiana, ma invece ci si ricorda solo quando emette qualche interdittiva  o invia qualche commissione ad accesso agli atti.

“Sì, o per competenze proprie, o perché chiamati in causa dalle amministrazioni e dalle altre istituzioni. Le problematiche più frequenti sono legate molto al discorso depurazione, alle risorse idriche, qui a Vibo anche per l’avvio dei lavori per il nuovo ospedale, l’edilizia scolastica perché forse il mondo della scuola non sempre dialoga adeguatamente con chi è il proprietario degli edifici.  E poi l’immigrazione”.

Considerata la penuria di figure di cui parlava non sarà stato facile.

“Già, anche solo gestire le commissioni di accesso mentre per quella straordinaria che si insedia dopo uno scioglimento è più semplice in quanto attingiamo anche a risorse esterne al territorio. Le prime invece sono più “pesanti” perché  utilizziamo risorse interne e la commissione d’accesso non ha neanche un incentivo economico, quindi sono attività che vanno fatte oltre il normale orario d’ufficio con lo studio e l’acquisizione di dati nei Comuni interessati”.

Il prefetto di Vibo e la lotta alle infiltrazioni della ‘ndrangheta. Visto che ha introdotto l’argomento, parliamo di commissioni di accesso. Durante il mandato del prefetto Grieco ne sono state inviate diverse in provincia di Vibo per accertare infiltrazioni della ‘ndrangheta. C’è chi sostiene un po’ troppe. Lei cosa dice?

“Non c’è una misura per stabilire quando sono poche o troppe. Ne avrei fatto volentieri a meno, non è un mio pallino mandare commissioni però sono stato “fortunato” nel senso che ho trovato tanto materiale già pronto: “Rinascita-Scott, “Olimpo”, “Maestrale”. Ho dovuto  semplicemente leggere quelle carte, mettere insieme i vari pezzi, integrarle laddove era necessario e dopo chiedere la delega al ministro per mandare la Commissione. Quindi sembra siano tante perché sono il frutto di una serie di inchieste dell’autorità giudiziaria che inevitabilmente hanno coinvolto anche amministratori locali, ma il nostro era quasi un atto dovuto”.

Quando si invia una commissione di accesso per verificare infiltrazioni della ‘ndrangheta spesso ci si chiede: “L’hanno mandata in quel Comune anziché in quell’altro dove tutti sanno cosa succede”, cosa risponde il prefetto di Vibo a chi solleva questi interrogativi?

“Che a volte ci sono dei processi che devono maturare. Le informazioni che abbiamo sono tante e riguardano altrettante realtà locali, però è chiaro che ho dovuto fare un discorso anche di prevalenza e maggiore gravità o di maggiore incisività delle emergenze informative che riguardavano l’uno o l’altro ente. Quindi, chi sta sul territorio percepisce le cose in un certo modo, ma noi dobbiamo avere delle informazioni a carattere oggettivo. Arrivano tanti esposti che segnalano situazioni di anomalia, ma se non abbiamo dei riscontri oggettivi derivanti dalle informazioni delle forze di polizia o di atti giudiziari, non è che ci possiamo muovere. Diventa non solo per noi molto impegnativo inviare una commissione d’accesso ma soprattutto è inutile se poi non sappiamo che ci sono elementi che ci possono essere utili.  Di solito le attività di informazione le facciamo a tutto campo, ovunque ci sono segnalazioni di possibili anomalie”.

C’è chi sostiene che tutte queste iniziative della Prefettura sulle commissioni possano portare a ritenere, dall’esterno, che nel territorio di Vibo vi sia solo ‘ndrangheta. Cosa ne pensa il prefetto?

“Beh, io sto lavorando su quello che ho trovato, non me la sono certo inventata io la criminalità organizzata. Basta vedere le numerose inchieste. Quindi secondo me la gente che la pensa così sbaglia”.

Ci sono state polemiche in questo senso dopo lo scioglimento di Tropea. E qual è il suo giudizio in merito?

“Ho letto commenti secondo cui già con la sola presenza della Commissione si sarebbe perso in termini di turismo ma bisogna capire che l’invio delle commissioni in una realtà in cui è presente in modo anche significativo la criminalità organizzata, e questo è anche merito della Stampa locale che ha raccontato le varie inchieste, sono invece un grande segnale di cambiamento, di uno Stato presente e vicino. Non sono, dunque, le commissioni a interrompere il percorso democratico, ma anzi è il contrario, sono le ingerenze criminali che l’hanno interrotto e noi vogliamo semplicemente ripristinarlo”.

Quando un prefetto invia gli investigatori in un Comune, non solo a Vibo naturalmente, per accertare infiltrazioni della ‘ndrangheta chi governa l’ente, per usare un eufemismo, non è che sia felice. Ecco, ha notato dei cambiamenti nei rapporti successivi con quei sindaci?

“Devo dire che c’è anche una voglia di sembrare normale, di voler rientrare in un’ottica di collaborazione con le istituzioni e di rispetto della realtà…”.

E non poteva avvenire prima tutto questo?

“Perché si pensava che prima potesse essere normale. Oggi, con queste attività alcune amministrazioni, e il mio è un riscontro diretto e oggettivo, si sono poste in un atteggiamento più collaborativo, aperto e disposte a chiudere certi rapporti anomali”.

Sono pochi i casi in cui non si arriva allo scioglimento. Di recente quello di Nicotera. Allora, il pensiero nasce spontaneo è: “Non si poteva ponderare meglio quella decisione anziché mettere una comunità nell’occhio del ciclone mediatico?”.

“Il caso di Nicotera è quello che ha fatto discutere tuttavia ricordo che in più di occasione ho detto che l’intenzione mia non è che era di mandare l’accesso prodromico inevitabilmente allo scioglimento. Noi facciamo mirati accessi dove ci sono maggiori possibilità di scioglimento, ma non è detto che ciò debba per forza accadere. Ma, allo stesso tempo, non è un’archiviazione come nel caso di Nicotera”.

Quindi, Sindaco e Consiglio devono temere il prefetto di Vibo disponga un’altra commissione per eventuali infiltrazioni della ‘ndrangheta?

“Il mancato scioglimento significa semplicemente che non sono emersi quegli elementi così solidi, concordanti e gravi da condurre a quella decisione, ma voglio dire che con Nicotera si è aperta una buona interlocuzione, c’è uno scambio anche di informazioni sulle attività poste in essere dall’amministrazione a tutela della trasparenza, della verità, dei sistemi di verifiche interne anticorruzione, quindi di rispetto delle regole per quanto riguarda gli affidamenti o altro”.

Diciamo che sostanzialmente l’invio della Commissione d’accesso è stato un bene per quel Comune ai fini del rapporto che poi si è instaurato con l’Utg?

“Sì, perché abbiamo instaurato una interlocuzione costante e costruttiva  con uno di scambio di informazioni che probabilmente porterà a un’amministrazione diciamo più libera, vedremo”.

Ma sono arrivati esposti e segnalazioni anonime?

“Sì, molta gente so esserci rimasta male ma questo non significa che noi non ci interessiamo più della questione, come per altre amministrazioni, anche se sono uscite da una situazione di scioglimento, oppure su cui c’era un’attività di indagine. Noi continueremo a verificare che tutto si svolga secondo le regole”.

Com’è il dialogo con gli amministratori locali vibonesi?

“Ottimo, devo dire che ho trovato una enorme disponibilità in parte delle amministrazioni locali, anche un rispetto per l’istituzione prefettizia veramente significativa. Questo è dimostrato al fatto che spesso ci sono richieste di tavoli tecnici verso l’Utg. Ho trovato molti sindaci preparati sicuramente e in cui vede che il loro interesse è quello di fare meglio, migliorare anche le condizioni dei servizi per i cittadini. Anche in situazioni come quelle descritte in precedenza ho notato amministratori non prevenuti con cui il dialogo non si è mai interrotto”.

Ha notato se questo atteggiamento è riscontrato più tra i giovani amministratori rispetto a quelli che già hanno due o tre mandati, che magari possono pensare “Io sono sindaco da 15 anni, mica posso stare appresso al prefetto”?

“No, non direi anche perché c’è quella tradizione di legame con la Prefettura da sempre, quindi i più “anziani” forse e sono quelli più legati all’istruzione. Però, adesso che me lo dice, ci farò attenzione per vedere se e dove ho dei riscontri (sorride)”.

Quello di Vibo è un territorio dalle mille peculiarità ma inespresse, a giudizio del Prefetto qual è il motivo per cui questo fardello continua ad essere così presente, non può certo essere solo la ‘ndrangheta?.

“No, però ho visto che le criticità del territorio sono certamente legate alla presenza invasiva della comunità organizzata che comunque ha avuto significativi colpi in questi ultimi anni però chiaramente questa non può essere un alibi. Credo che ci sia comunque un senso di rassegnazione che in Calabria le cose non vanno e non andranno meglio. Non saprei. E non attribuirei questo atteggiamento neanche alla mancanza di risorse, perché le regioni del Sud  ne hanno avute, magari le hanno spese male. Dall’altro lato c’è anche molta resistenza da parte di tanta gente ad accettare l’idea del cambiamento, quindi chi è legato alla sua realtà fatica a mutarla”.

E questo vale anche per l’inquinamento. Vi sono fiumi e torrenti pieni di rifiuti. Ma cosa porta ad essere così autolesionisti?

“Il fatto di non rendersi conto che inquinando un torrente in realtà si distrugge una ricchezza che è quella del mare, della costa”.

E poi arrivate voi a riportare quella persona o quell’azienda a “più miti consigli”.

“Inevitabile. Tutto ciò che fa la ricchezza della regione dipende proprio anche dalla ricchezza della costa che ha poi sul resto del territorio E quindi non sempre c’è quella convinzione in tutti che si può fare meglio lavorando nel rispetto delle regole”.

E siamo giunti al mare sporco. Ogni anno il solito copione. Lei parlava di rassegnazione. Vale anche per questo?

“Seguo molta attenzione le problematiche del mare inquinato, della costa. Per esempio si critica spesso l’amministrazione di Pizzo. Però anche il sindaco, con tutti gli sforzi e impegno che può mettere nel risolvere il problema, poi se il territorio non collabora nello stesso senso è tutto inutile. Stanno facendo un grosso lavoro proprio per individuare gli scarichi abusivi. Non tutti sono consapevoli che la ricchezza della Calabria risiede molto nel turismo”.

Eccellenza, lei ha un’interlocuzione continua con le forze dell’ordine. Qui a Vibo ha avuto gioco facile perché ci sono investigatori di prim’ordine con cui forse a volte basta una mezza parola per capirsi.

“Quando mi sono insediato ho trovato dirigenti e funzionari tutte le forze di polizia molto preparati e sicuramente professionalmente all’altezza. Ho avuto un po’ l’impressione che come se in Calabria volessero andare i migliori, gente che fa il suo lavoro con attenzione, capacità e professionalità. Ma la capacità da sola non basta se non c’è anche quello spirito di collaborazione, quindi io su questo sono inflessibile, perché nella mia vita professionale, nei vari livelli, in cui mi sono occupato di sicurezza, non ho trovato questa intesa  tra vertici forse di Polizia e Prefetto. Un’esperienza nuova per me sono i rapporti con la Guardia costiera avendo, io, sempre operato in zone interne  e poi sto spingendo molto nel coinvolgere anche le polizie locali. Insomma, l’interlocuzione del prefetto con le forze dell’ordine di Vibo è continua in tutti i settori: dalla ‘ndrangheta agli scioglimenti dei Comuni, dagli appalti alle baby gang, all’ambiente e tanto altro ancora”.

Ha sempre parlato in termini positivi della stampa locale. Chiaramente ci fa piacere. Quanto ha “aiutato” la Prefettura?

“Diciamo che ho trovato una Stampa molto preparata e attenta, che fa dei servizi giornalistici anche molto importanti, che va a scavare al di dentro delle situazioni e quando a volte evidenzia delle criticità ci dà la stura per aprire qualche linea di approfondimento. Anche chi usa toni scandalistici qualche volta ci azzecca”.

Eccellenza, noi la vediamo sempre con questo atteggiamento pacato ma c’è stato un episodio che in questi 15 mesi che l’ha fatta veramente arrabbiare?

“Di solito non mi arrabbio, quindi comprendo anche le ragioni per cui si fanno delle cose diversamente da quelle che mi aspettavo. Mi arrabbio molto invece quando non si fanno delle cose semplicemente perché si sottovaluta un problema”.

Non è che sta alludendo anche alla vicina piazza Santa Maria con la vicenda del dislivello?

“L’ha detto lei (sorride). Però non bisogna mai dare nulla per scontato  perché quando abbiamo gli strumenti per operare bene allora bisogna utilizzarli”.

E invece un aneddoto curioso che può riferire?

“Ci sono un paio di cose che mi piace raccontare dei calabresi. Diversamente da quello che si può pensare, sono molto pericolosi quando ti dicono: “Mangiamo qualcosa, una cosa leggera” perché non è mai così; oppure quando dicono che fa freddo. Guardi, le temperature che ci sono qui non sono mai andate neanche lontanamente vicine a quelle che avevamo a Rieti. Però quello che ho avuto modo di riscontrare la grande disponibilità delle persone, l’ospitalità soprattutto, l’abitudine del caffè quando si entra in un locale, è una lotta riuscire a pagarlo. È quasi sempre quella generosità disinteressata che accolgo con molto piacere”.

Per un prefetto, per un una carica militare, bisogna però avere dei paletti delle privazioni, come ad esempio frequentare determinati locali, andare in determinati luoghi. Anche gli affetti familiari, molti sono lontani. È un po’ una vita sacrificata rispetto a quella dei cittadini comuni.

“Sì, all’inizio l’ho percepito un po’ questa restrizione, ma qui ho avuto la fortuna di aver incontrato, per esempio, il questore dell’epoca, Tatarelli con cui si è creato subito un rapporto anche di conoscenza e amicizia, per cui spesso ci trovavamo io, lui e pochi altri, semmai fuori a cena, in quei locali che sapevamo di poter frequentare. Col tempo, ho imparato a conoscere anche la gente e a fidarmi un po’ di più, quindi non vivo questa cosa come un fatto negativo oppure una reclusione.
Certo, bisogna sempre fare attenzione anche su chi si incontra così, però devo dirlo, ho un approccio molto più aperto e sereno. Chiaramente è anche più rischioso, però senza esagerare vedo che c’è un ambiente sano qui in Calabria, che è la maggioranza, quindi mi sto trovando bene. Mia moglie mi ha seguito, sta qui con me. Le mie figlie vivono fuori però non mancano di raggiungermi spesso. Il vantaggio della Calabria, in particolare, è che quando le nostre figlie hanno le ferie le trascorrono qui in Calabria”.

Abbiamo parlato di ambiente, scioglimenti, ‘ndrangheta, tuttavia anche nella provincia di Vibo sta prendendo piede in maniera preoccupante il fenomeno delle baby gang: ecco, signor Prefetto, dove avviene il cortocircuito che consente di creare questi fenomeni? Nella scuola? Nelle famiglie? E come si può agire?

“È una realtà che ormai tocca un po’ tutta Italia e l’estero. Noi con la Scuola abbiamo un ottimo rapporto, gli istituti organizzano spesso incontri sulla legalità  e fanno anche dei progetti a tema e ho visto dei lavori veramente eccezionali. Forse, questo lavoro che si fa, alla fine non riesce a intercettare quelli che più hanno bisogno e che quindi si sentono sempre più ai margini di questo percorso di crescita, di legalità e di rispetto alle regole.
Il problema è cercare anche di colpire questi fenomeni senza però impedire poi ai giovani di trovarsi nei loro punti di aggregazione quindi direi di distinguere sempre da quelle che sono semplicemente delle serate un po’ chiassose rispetto a quelle che sono serate che poi invece finiscono nella criminalità. E c’è la fortuna che in provincia vi è una forte presenza anche in termini numerici di forze di polizia. Non è un fenomeno che si combatte solo con la repressione”.

Prendo spunto dall’ultima indagine sul pestaggio di quel clochard. Nelle intercettazioni alcuni ragazzi che temono di essere scoperti dicono “ma tanto io sono un minorenne, non mi fanno niente”. In sostanza si è radicato un presunto senso di impunità. È questo uno dei motivi che spinge a vivere al di fuori delle regole?

“Non è il carcere a fare la differenza ma bisogna seguire un processo, essere tenuti anche al risarcimento per la parte offesa. Insomma tutte le conseguenze di queste azioni sono molto pesanti e di questo è necessario che si prenda coscienza anche perché quelli che vengono descritti come atti di vandalismo sono spesso gesti criminali”.

Però, per alcuni, paradossalmente andare in riformatorio è un vanto.

“È  proprio la mentalità ad essere sbagliata. Ma è un problema un po’ di tutto il nostro Paese anche oramai nei piccoli centri ci sono queste piccole bande di ragazzi che pensano di emulare magari alcune fiction particolari che non è che aiutino molto e anche se il messaggio originario era certamente un altro esso però è facilmente equivocabile”.

Se lei fosse giornalista e davanti avesse il prefetto, cosa gli chiederebbe?

Beh, devo dire che più o meno quello che mi ha domandato lei. Forse avrei chiesto anche qualcosa sulle prospettive, sul futuro”.

E come risponderebbe il prefetto Grieco?

“Sono convinto che in Calabria ci sono le risorse, non solo finanziarie ma umane soprattutto, per un cambiamento stabile e duraturo e significativo. Ci sono anche le ricchezze non solo legate alle bellezze della costa, del mare, ma anche quelle culturali. Quindi, penso che la Calabria ha tutti i numeri per poter garantirsi un cambiamento stabile e duraturo e chi amministra deve mettersi in testa che si può fare”.

In questa chiacchierata abbiamo parlato di ‘ndrangheta, ambiente, baby gang e scioglimenti di comuni resta un’ultima domanda da fare al prefetto di Vibo: sono trascorsi 15 mesi dal suo insediamento. Più o meno il periodo di servizio in un luogo è questo, ma mi pare di capire che avremo il piacere di averla qui ancora per un bel po’, o sbaglio?

“Ci lavoriamo, almeno io personalmente. Mi dispiace se forse qualcuno potrebbe non gradirlo ma non ho alcuna intenzione di andarmene da Vibo e spero di rimanervi il più a lungo possibile”.

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