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A Vibo, Vibo Marina e Piscopio acqua non potabile e divieto di uso per scopi umani. Il 18 luglio gli esami dell’Arpacal, il 23 la comunicazione al Comune degli esiti e il 24 alla popolazione


VIBO VALENTIA – Per cinque giorni, la popolazione di Vibo Valentia, Vibo Marina e Piscopio ha utilizzato a sua insaputa acqua che solo ieri si è saputo essere non potabile. Un lasso di tempo rilevante se si considera che in estate il consumo è molto più consistente rispetto alle altre stagioni.  Il dato emerge dall’ordinanza del sindaco Enzo Romeo in cui si evidenzia l’effettuazione dei prelievi il 18 luglio mentre la comunicazione dell’Arpacal di Reggio Calabria  a Palazzo Luigi Razza sull’esito degli esami è avvenuta nella giornata del 23 luglio, e quella diramata dall’ente alla popolazione, il giorno successivo, prima con l’invio ai giornali dell’atto amministrativo (ore 15) e poi con una nota stampa (ore 19).

ACQUA NON POTABILE. L’ESITO DEI CONTROLLI

Un lasso di tempo, quindi, importante e ciò sta suscitando polemiche tra la gente, ignara, come detto, dell’utilizzo di acqua per la quale è vietato il consumo umano (alimentare, igiene orale, lavaggio di oggetti per l’infanzia) nonché preparazione e lavaggio di alimenti, stoviglie o utensili da cucina e di apparecchiature sanitarie, mentre è consentito solo per la pulizia della casa e il funzionamento di impianti sanitari. Gli accertamenti su specifiche fontanelle hanno fatto emergere la presenza di sostanze quali Trialometani totali e solo per la Fontanina pubblica di Piazza San Michele, A Piscopio, quella di Tetracloroetilene e Tricloroetilene.

ACQUA NON POTABILE. LA DESCRIZIONE DELLE SOSTANZE

Ma se i trialometani totali si formano nell’acqua destinata al consumo umano soprattutto come risultato della reazione del cloro con la materia organica presente naturalmente nelle acque grezze, ben più seria è la situazione nel momento in cui nell’acqua si riscontrino tracce di tetracloroetilene e tricloroetilene. Secondo il sito “Certifico.com”, il tetracloroetilene è un alogenuro organico, usato principalmente come solvente nelle lavanderie a secco e per lo sgrassaggio dei metalli, nell’industria chimica e farmaceutica, nell’uso domestico.

Il tricloroetilene noto anche col nome commerciale di trielina, è anch’esso un alogenuro alchilico; è un solvente per molti composti organici. Ha trovato uso anche come solvente per il lavaggio a secco, fino a quando non è stato soppiantato negli anni ’50 dal tetracloroetilene.

FONTI DI CONTAMINAZIONE E VIE DI ESPOSIZIONE PER L’UOMO

Il tetracloroetilene è ampiamente distribuito nell’ambiente ed è presente in tracce nell’acqua, negli organismi acquatici, nell’aria, negli alimenti e nei tessuti umani. I più alti livelli ambientali sono ritrovati nelle lavanderie a secco e nelle industrie di sgrassaggio dei metalli. Tali emissioni possono portare ad alte concentrazioni nelle acque profonde. Nelle acque profonde anaerobiche il tetracloroetilene può degradare a composti più tossici, quale il vinilcloruro. Tra i cibi si trova principalmente nei frutti di mare, nel burro e negli alimenti ricchi di grassi.

Il tricloroetilene è emesso principalmente nell’atmosfera soprattutto dagli effluenti delle industrie di sgrassaggio dei metalli, ma può anche trovarsi come contaminante nelle acque profonde e a volte nelle superficiali a causa degli scarichi industriali. Per ambedue i composti la fonte principale di esposizione per l’uomo è rappresentata dall’inalazione di aria contaminata.

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