Un esemplare di cervo della Mesola rilasciato a Ferdinandea
2 minuti per la letturaPartito il programma di ripopolamento del cervo della Mesola, originario dei boschi del Ferrarese, nelle Serre calabresi
MONGIANA – Sono stati rilasciati nei pressi di Ferdinandea, nel cuore delle Serre calabresi, i primi 20 esemplari di “cervus italicus” provenienti dal bosco della Mesola, nel Ferrarese. Si tratta di un programma di salvaguardia della specie, fortemente minacciata da scarsa diversità genetica e dalla riduzione dell’habitat naturale, promosso dal ministero dell’Ambiente attraverso l’Ispra e sostenuto dalla Regione Calabria nell’ambito del piano “Natura 2000” finanziato con fondi Por.
L’iniziativa ambientale vede come soggetto attuatore il Parco naturale regionale delle Serre, guidato dal presidente Alfonso Grillo, e ha tra i suoi partner anche il Wwf. Nei giorni scorsi, nella sede del Comando provinciale dei carabinieri forestali a Villa Vittoria, a Mongiana, si è tenuto un incontro preliminare che ha visto la partecipazione, oltre che degli enti coinvolti, anche degli Ambiti territoriali di caccia di Vibo Valentia e Reggio Calabria.
Il Piano prevede il rilascio in natura di 20 esemplari l’anno per tre anni (sette maschi e 13 femmine), tutti dotati di radiocollare per consentire ai tecnici dell’Ispra di monitorare costantemente il loro comportamento e valutare eventuali problemi di ambientamento. Lo scopo è quello di creare una popolazione autonoma rispetto a quella d’origine, situata nei pressi del Delta del Po, e quindi scongiurare l’estinzione della specie che ad oggi non conta più di 300 esemplari. Sono inoltre classificati come gli unici cervi autoctoni dell’Italia peninsulare.
Cervo della Mesola nelle Serre, c’è chi si oppone
Si tratta, quindi, di un progetto di alto valore scientifico e naturalistico – che ha visto premiata la candidatura del Parco delle Serre, selezionato allo scopo – che, tuttavia, non convince proprio tutti. Tra i più critici vi è Antonino Greco, già presidente dell’Ordine provinciale degli agronomi, che ha ravvisato i rischi connessi all’introduzione di una specie “aliena” all’interno di un ecosistema come quello delle Serre. La paura è che la specie alteri gli equilibri e comporti danni per l’agricoltura, come insegna il “caso cinghiali”.
Per Greco il progetto è «totalmente fallimentare e inopportuno, perché si altera l’agro-ecosistema e l’introduzione dell’animale può prendere due strade diametralmente opposte: la popolazione sarà decimata dai cani randagi, cani selvatici e da qualche lupo, oppure, la popolazione s’incrementa a tal punto da spostarsi anche nei coltivi, facendo danni molto superiori al cinghiale. In questo caso – conclude Greco – interverranno i cacciatori a contenere una popolazione in sovrannumero, con il beneplacito del Wwf».
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