Tamponi a Dasà
3 minuti per la letturaDASÀ – «Oggi posso affermare, con carte alla mano, che mio marito è stato un falso positivo».
La storia che andiamo a raccontare è quella di una famiglia dasaese che per giorni ha vissuto, come si può immaginare, momenti di apprensione, solitudine ma quello che più ha fatto male in tutta la vicenda è stato il chiacchiericcio deleterio nei loro confronti e in particolare dei figli minorenni. Purtroppo nei piccoli paesi la comunicazione ufficiale di un sindaco che annuncia la positività al Covid-19 di uno o più soggetti rappresenta quasi il via alla «caccia all’untore».
Ebbene, il marito della signora che ci ha contattati, lo scorso 2 gennaio, si reca al pronto soccorso di Vibo Valentia per problemi di salute ma con nessun sintomo che possa far pensare al coronavirus. Ebbene come ormai da prassi, all’entrata in ospedale viene sottoposto al tampone naso-faringeo con il quale gli viene riscontrata la positività al Covid-19. Tempestivamente il soggetto, appena uscito dall’ospedale, da comunicazione della sua positività al sindaco Raffaele Scaturchio, nonché alla ditta per la quale lavora e rientra di conseguenza nella propria abitazione.
Alla comunicazione ufficiale da parte dell’Asp il primo cittadino provvede quindi a notificare all’intero nucleo familiare le relative ordinanze di quarantena e a cercare di ricostruire la catena dei contatti: «Ci siamo divisi nelle varie stanze di casa – afferma la signora – e specialmente a mio marito lasciavo il mangiare dietro la porta della camera. Utilizzavamo persino bagni diversi mentre per la spesa necessaria provvedeva mia cognata a portarla e lasciarla appesa al portone di casa».
Il giorno dopo la signora unitamente ai due figli minorenni vengono sottoposti al tampone molecolare e dopo quattro giorni vengono comunicati gli esiti negativi di tutti e tre: «Non riuscivamo a spiegarci come mio marito potesse aver contratto il virus essendo – spiega – molto scrupoloso in tutto».
Non convinta, quindi, di quella positività del marito e dovendo sottoporsi a visite specialistiche già programmate, su interessamento del sindaco Scaturchio, il 9 gennaio scorso effettuano un nuovo tampone al “drive in” di Vibo. Esito negativo.
Intanto, sulla vicenda in paese si era alzato un polverone che ha visto coinvolti in modo particolare i due figli minori accusati di nascondere la loro positività e quant’altro tant’è che il primo cittadino ha ritenuto opportuno fare una diretta per placare accuse e illazioni contro la famiglia. Ma il dubbio su quella positività era sempre persistente e di conseguenza la signora vuole vederci chiaro.
Il 23 gennaio scorso il marito decide di fare un test sierologico completo presso una struttura privata di Vibo Valentia. Gli esiti sugli Anti Covid-19 (Igg, Igm e Iga) guarda caso risultano tutti negativi. Di conseguenza, «mio marito non è mai stato positivo al virus – afferma la signora – o possiamo dire che è stato un caso di falsa positività».
Purtroppo la famiglia ha dovuto affrontare ugualmente le vicissitudini che ne sono derivate dal “falso positivo” ma la signora ha voluto raccontare, dalle nostre pagine, l’intera vicenda al fine di «sensibilizzare di più le persone verso chi viene colpito da questo maledetto virus. Può capitare a tutti – afferma – e quindi anziché sparlare bisognerebbe essere più solidali. Solo questo. Non voglio commentare nulla sulla nostra vicenda».
Nel concludere, la donna ha voluto però rivolgere un «sentito ringraziamento al sindaco Scaturchio che si è prodigato in tutti i modi in questa spiacevole situazione».
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