L'ospedale Jazzolino di Vibo Valentia
3 minuti per la letturaVIBO VALENTIA – Per lui è stato come tornare in un incubo. Pensava di aver sconfitto il virus e invece non solo è ancora positivo ma adesso si trova ricoverato in ospedale. È il giovane di Briatico, uno dei primi casi registrati del Vibonese dall’inizio dell’emergenza. Dovrà quindi ancora attendere per abbracciare i suoi cari, soprattutto suo figlio nato nei giorni più difficili, emotivamente parlando, della sua vita, quando cioè ha scoperto di essere stato colpito dal Coronavirus, ricevendo tra l’altro una marea di insulti gratuiti e violenti che l’avevano indotto a chiamare Il Quotidiano per raccontare come fossero andate realmente le cose (LEGGI).
Il 39enne, dipendente delle poste a Milano, ha trascorso fino a pochi giorni addietro la quarantena nella sua abitazione di Briatico, dopo essere rientrato dalla Lombardia i primi di marzo. Sono quindi 45 giorni che convive con il virus, un’odissea. Per tutto questo tempo non ha mai avuto problemi, febbre a parte, ma da sabato scorso ha iniziato ad avere delle complicazioni. È lui stesso a raccontare quei momenti: «Stavo bene, stavo guardando la Tv ma, ad un certo punto, tutto è cambiato: ho iniziato ad avvertire fatica nel respirare, fiato corto, a tratti mi sentivo quasi in debito di ossigeno, come se stessi boccheggiando. Il primo riflesso è stato quello di aprire la finestra ma la situazione non è cambiata molto».
Il giovane è stato quindi colpito, d’emblée, da una crisi respiratoria che mai aveva avuto nelle settimane precedenti. Quindi la telefonata al 118 con i medici che hanno consigliato al paziente, al quale era salita la febbre quasi a 38, «di prendere una tachipirina, e di richiamare nel caso in cui la medicina non avesse fatto effetto». La notte è passata tranquilla ma il fastidio non accennava a passare tanto che il giovane si è messo in contatto col proprio medico curante per farsi sottoporre a Tac e quindi ricoverare. In ospedale ci è arrivato martedì scorso e per i prossimi giorni sarà continuamente monitorato dall’equipe del servizio Obi Covid. Le sue condizioni non sono preoccupanti, tuttavia, questa esperienza ha dimostrato quanto ancora poco si sappia del virus e quanto possa essere, a seconda delle circostanze, lunga la convalescenza. In questo caso si tratta di un 39enne nel pieno delle forze finito, tuttavia, con l’essere debilitato da un mese e mezzo di malattia. Una debilitazione fisica alla quale subentra anche quella psicologica visti non solo la durata ma anche il fatto di essere risultato negativo ad un primo tampone quindi con la possibilità di lasciarsi alle spalle le sofferenze.
«Sembrava fatta – racconta l’interessato – il primo tampone aveva dato esito negativo, io mi sentivo bene, d’altronde. Sono stato sottoposto, come da prassi al secondo, il cui risultato tardava ad arrivare e questo aumentava la mia speranza perché solitamente se il virus è ancora presente viene comunicato subito al paziente. Speranza, purtroppo vana, ed è stato come tornare indietro, con l’entusiasmo che si è spento. Questo Coronavirus è molto resistente, si annida in maniera subdola nell’organismo ed è difficile da debellare. Ti piega a livello mentale oltre che fisico e può scatenarsi ancor di più di quanto non l’abbia già fatto da un momento all’altro, senza avvisaglie. A me è successo proprio così».
Non si sa quando potrà lasciare l’ospedale ed ignoti sono i tempi di guarigione, tuttavia, il 39enne ha un obiettivo: abbracciare il suo primo figlio: «L’ho visto solo in video – afferma – perché quando sono tornato da Milano mi sono subito messo responsabilmente in quarantena evitando qualsiasi contatto. Ma verrà il giorno in cui potrò tenerlo in braccio e so che non sarà lontano».
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