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LIMBADI – C’è almeno un’altra morte sospetta, all’ospedale “Jazzolino” di Vibo Valentia. Ad aver denunciato recentemente il personale del Pronto Soccorso per la morte del marito Antonio Tripaldi, 79enne ex Vigile Urbano del comune di Limbadi, l’ex insegnante in pensione Francesca Corso.
I fatti risalgono al 6 di settembre di quest’anno, quando in mattinata il signor Tripaldi si sente male lamentando forti dolori addominali: «Ho chiamato il mio medico curante, –afferma la Signora Corso- che ha sospettato subito la rottura di un aneurisma addominale, problematica per la quale era stato operato qualche anno fa».
La diagnosi «è stata pienamente condivisa –prosegue la moglie dello sfortunato limbadese – dalla dottoressa del 118 intervenuta, che ha assegnato il codice rosso, peraltro dopo aver preso visione della cartella clinica dell’intervento subìto da mio marito».
Sino a qui tutto normale, per così dire, sennonché «appena entrato nel Pronto Soccorso, la posizione di Antonio –afferma l’ex insegnante- viene declassata a codice giallo, e la sua patologia scambiata per una banale colite, come da documenti allegati alla denuncia sporta da me presso la Caserma dei Carabinieri di Limbadi».
Da qui il racconto del calvario vissuto dall’insegnante: «Alle 18 e 37 esatte –chiarisce le moglie del Signor Tripaldi- mio marito viene addirittura dimesso, ma non esce neanche dall’ospedale che collassa sulla barella». Assume tratti grotteschi, la vicenda, nel racconto della donna: «Gli è stata addirittura somministrata –denuncia- una terapia per la stipsi».
Condivide con noi momenti dolorosissimi: «Nella notte tra il 6 e il 7 di settembre –racconta- Antonio è collassato almeno un’altra volta passando momenti di terribile sofferenza e, cosciente di quanto stava vivendo assai più dei medici intervenuti, mi comunicava le sue ultime volontà».
Nella mattinata del 7 settembre la conferma della originaria diagnosi del personale del 118, ovvero di aneurisma aortico: «Mio marito –conferma la Signora Corso- veniva affidato alle cure di una ecografista, che disponeva una Angio TC, esame che ha confermato quanto già evidenziato dal 118 il giorno prima».
A ciò si aggiunga che «l’ambulanza chiamata alle 13:25 esatte del 7 settembre per portare d’urgenza Antonio a Catanzaro –puntualizza- è arrivata quasi subito, ma ha atteso inspiegabilmente sino alle 14:23 per partire».
Ad integrare la ricostruzione degli eventi l’avvocato Francesco Tripaldi, del Foro di Vibo Valentia, legale della famiglia della signora Corso: «Abbiamo richiesto immediatamente –afferma il difensore- tutta la documentazione necessaria, nella quale non c’era alcun riscontro rispetto a quanto accaduto al paziente dalla data delle prime, ed errate, dimissioni delle 18:37 del 6 settembre sino alle 13:25 del giorno successivo, quando è stato chiamato nuovamente il 118».
Diffidata a chiarire, l’Asp «ha risposto per mezzo del Primario del reparto –prosegue l’Avvocato- il quale intanto non fa alcuna menzione della scheda del 118, che ha assegnato il codice rosso alla posizione del paziente operando una diagnosi corretta volutamente ignorata dal suo reparto, e poi menziona un documento scritto di pugno, non si sa da chi e con quale riferimento protocollare, che dovrebbe chiarire quanto accaduto, ma che in realtà conferma pienamente il gravissimo errore diagnostico».
Antonio Tripaldi morirà nel reparto di rianimazione del “Pugliese-Ciaccio” di Catanzaro nella tarda serata dell’8 settembre, lasciando una moglie, due figli e l’amato nipotino.
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