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L'allagamento dell'area industriale di Portosalvo il giorno dell'alluvione: 3 luglio 2006

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Il Tar ha rigettato la sospensiva della nota con la quale la Regione ha chiesto indietro alla Provincia di Vibo 1,6 milioni di fondi relativi agli interventi post alluvione del 3 luglio 2006 che sconvolse le Marinate


VIBO VALENTIA – Il primo round va alla Regione che pur non avendo ancora avviato le pratiche operative vede comunque respingere l’annullamento, chiesto dalla Provincia di Vibo, della nota del dipartimento protezione civile della città del 21 giugno scorso con cui si richiede all’ente intermedio la restituzione delle somme erogate a suo tempo per i lavori post alluvione 2006, per un ammontare 1,6 milioni di euro.

Facciamo un passo indietro. Come detto, a giugno scorso la cittadella aveva chiesto a palazzo Ex Enel – individuato quale soggetto attuatore – la restituzione delle somme derivanti dall’Accordo di programma quadro “Sviluppo locale Vibo Valentia-Programma emergenza alluvionale del 3 luglio 2006”, considerate inutilizzate attraverso il quale la Provincia aveva ottenuto dal Dipartimento di Protezione civile regionale 9,8 milioni di euro totali per la messa in sicurezza del territorio dopo i tragici nubifragi che colpì le frazioni costiere di Vibo, soprattutto Vibo Marina, Bivona e Longobardi.

FONDI REGIONE, GLI INTERVENTI POST ALLUVIONE DI VIBO DEL 2006

Il dipartimento aveva chiesto di essere messo a conoscenza dello situazione e dalla comunicazione dell’ente intermedio era emerso che 7 di 10 interventi “sono da ritenersi conclusi e collaudati” (ripristino officiosità idraulica dei fossi Cutura, Galera, Calzona, Sant’Anna, Trainiti, Traniti-Candrilli e Costone Est di Vibo); uno (ripristino officiosità idraulica dei fossi Galera-Antonucci) eseguito parzialmente “ma non richiede completamento a cura dell’Amministrazione provinciale”; un altro (ripristino officiosità idraulica del fosso Cotura-La Badessa) appaltato ma senza avvio a causa di una interdittiva antimafia dell’appaltatore, prima della consegna dei lavori; di uno ulteriore (ripristino officiosità idraulica del fosso Calzona-Rio ravo) si attende il completamento, con il riavvio ed il rifinanziamento dei lavori e anche in questo caso l’interruzione dei lavori dovuta ad una comunicazione antimafia a carattere interdittivo, senza sostituzione dell’impresa nell’esecuzione dei lavori.

COME SI ARRIVA A 1,6 MILIONI DI EURO

Dalla “minuziosa rendicontazione” si evince che ad oggi sono disponibili nella casse della Provincia  970mila euro quali economie da restituire alla Regione, ma la somma non è quella definitiva. Si arriva infatti a quella definitiva in quanto si aggiungono i 518mila euro poiché i 10 interventi si sarebbero dovuti eseguire nel rispetto delle condizioni stabilite nella convenzione la quale stabiliva che  le spese tecniche (progettazione, Direzione lavori, coordinamento della sicurezza, studi, rilievi, assistenza giornaliera e contabilità, collaudo, incentivi, spese per commissioni giudicatrici e per pubblicità), non avrebbero dovuto superare il 15% dell’importo lordo dei lavori, oneri di sicurezza compresi; quota che invece marcatamente superata.

L’importo aumenta, poi, con i 40mila euro per  l’intervento sul fosso Calzona che ha visto l’impiego di spese superiori, e coi 72mila euro inerenti la rendicontazione dei lavori sul fosso Calzona-Rio Bravo che contiene addirittura spese riferibili ad opere estranee all’oggetto del finanziamento (72mila euro relativi alla frana di Maierato), e che allo stato delle cose non possono essere riconosciute.

FONDI POST ALLUVIONE 2006, IL TAR RESPINGE LA RICHIESTA DI SOSPENSIVA DELLA PROVINCIA DI VIBO

La Provincia di Vibo si era rivolta alla magistratura amministrativa chiedendo, come detto, l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, della nota della Regione di restituzione delle somme per interventi post alluvione motivandola con la circostanza che, sotto il profilo del pregiudizio grave e irreparabile, lo stato di dissesto finanziario in cui versa, di fatto le impedirebbe di farvi fronte.

Ma i giudici, nel respingere la domanda cautelare, hanno evidenziato che, restando impregiudicata ogni valutazione nel merito, la domanda cautelare risulta sfornita del necessario periculum in mora visto che, all’attualità, non risultano attivate procedure di recupero delle somme da parte della Regione Calabria nei confronti della ricorrente, e che di fatto la nota impugnata, lungi dal contenere qualsivoglia forma di diffida, costituisce un mero atto di ricognizione dei rapporti di debito-credito tra gli enti.

Cosa significa in soldoni? Che intanto non ci sono ragioni di urgenza per sospendere la nota, poi che la Regione, adesso può iniziare ad avviare tutte le procedure per riscuotere il credito, inviare una diffida oppure mandare gli atti all’agenzia della riscossione (un po’ come fece per il Comune nella vicenda di Palazzo Gagliardi una parte del quale era stata data ad un’attività commerciale, quindi con un diverso utilizzo).

Insomma, bisognerà attendere i prossimi passi che però sembrano già chiaramente orientati.

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