INDICE DEI CONTENUTI
- 1 SCIOLTO IL CONSIGLIO COMUNALE DI TROPEA, LA RIUNIONE DEL COMITATO DI SICUREZZA
- 2 PERCHÉ HANNO SCIOLTO IL CONSIGLIO COMUNALE DI TROPEA: NELL’OCCHIO DEL CICLONE, SINDACO, VICESINDACO E ASSESSORE COMUNALE
- 3 IL CAPITOLO DEI LAVORI PUBBLICI E DEGLI APPALTI
- 4 IL PROBLEMA DEGLI AFFIDAMENTI DIRETTI
- 5 L’ANALISI COMPLESSIVA DEL LAVORO DELLA COMMISSIONE
Una relazione durissima, per il Ministro Matteo Piantedosi c’è «un quadro indiziario che attesta l’assenza di legalità all’interno dell’ente locale»: ecco perché il governo ha sciolto il consiglio comunale di Tropea
TROPEA (VIBO VALENTIA) – Una relazione durissima quella con cui il Governo (anche se formalmente si tratta di un decreto del Presidente della Repubblica, ndr) ha disposto lo scioglimento lo scorso 23 aprile del consiglio comunale di Tropea, comune fino a quel momento guidato dal sindaco Nino Macrì e dalla sua amministrazione.
Al netto della parte introduttiva del decreto che riporta le tradizionali formule dello scioglimento (“sono emerse forme di ingerenza della criminalità organizzata che hanno esposto l’amministrazione a pressanti condizionamenti, compromettendo il buon andamento e l’imparzialità dell’attività comunale”), il documento riporta numerose criticità che poi l’allegata relazione del ministro Matteo Piantedosi va ad enucleare. Valutazioni che hanno portato alla considerazione che «la permeabilità dell’ente ai condizionamenti esterni della criminalità organizzata ha arrecato grave pregiudizio agli interessi della collettività e ha determinato la perdita di credibilità dell’istituzione locale» e, quindi, al successivo scioglimento con l’affidamento del Comune alla commissione straordinaria formata dai viceprefetti Vito Turco e Roberto Micucci e dal funzionario economico finanziario Antonio Calenda.
SCIOLTO IL CONSIGLIO COMUNALE DI TROPEA, LA RIUNIONE DEL COMITATO DI SICUREZZA
La richiesta di sciogliere il comune di Tropea si concretizza dopo la riunione del comitato di ordine e sicurezza pubblica, allargato al procuratore di Vibo e al procuratore distrettuale di Catanzaro, del 21 febbraio 2024 quando il prefetto Paolo Giovanni Grieco ha dato atto «della sussistenza di concreti, univoci e rilevanti elementi del condizionamento dell’ente locale da parte della criminalità organizzata di tipo mafioso» a cominciare dal «sostegno prestato dalla cosca di ‘ndrangheta storicamente egemone sul territorio di Tropea – si legge nella relazione – al sindaco ed alla sua lista in occasione del turno elettorale straordinario del 21 ottobre 2018».
In particolare, basandosi sull’operazione Olimpo della Dda di Catanzaro, la relazione mette in luce «i contenuti di fonti tecniche di prova registrate nei giorni antecedenti la tornata elettorale». Contenuti che, prosegue il decreto «attestano il sostegno prestato dalla locale cosca di ‘ndrangheta a colui che è stato eletto sindaco. La commissione d’indagine ha analiticamente esaminato il profilo dei singoli amministratori, ponendo in evidenza un’intricata rete di rapporti parentali e di assidue frequentazioni tra questi ultimi, componenti dell’apparato burocratico ed esponenti delle locali consorterie, sottolineando come tale stato di cose abbia condizionato l’attività amministrativa in favore di ambienti controindicati».
PERCHÉ HANNO SCIOLTO IL CONSIGLIO COMUNALE DI TROPEA: NELL’OCCHIO DEL CICLONE, SINDACO, VICESINDACO E ASSESSORE COMUNALE
A finire nell’occhio del ciclone sono «il sindaco, il vice sindaco ed un assessore comunale» per i quali «sono posti in rilievo gli stretti legami per rapporti parentali e/o assidue frequentazioni intercorrenti con esponenti della locale criminalità organizzata, interessati anche da reati associativi». La relazione sostiene la «vicinanza e la convivialità di tali rapporti e gli stretti legami intercorrenti fra la moglie del maggiorente della suindicata cosca, attualmente rinviato a giudizio per i delitti di cui all’art. 416 bis c.p.; la madre di un candidato, divenuto poi assessore e che riveste un ruolo di primo piano nell’ambito dell’amministrazione; la moglie del candidato, divenuto poi sindaco; nonché la moglie di un appartenente alla citata cosca, anch’egli attualmente rinviato a giudizio per i delitti di cui all’art. 416 bis».
Ma il decreto punta il dito direttamente contro il sindaco Macrì in relazione a presunti rapporti e frequentazioni con esponenti della criminalità organizzata. Tra gli episodi trattati si mette in evidenza quello «concernente l’acquisto da parte del sindaco di un autoveicolo, formalmente intestato alla suocera di due esponenti apicali della locale criminalità organizzata, invalida e priva di patente di guida, oggetto di misure patrimoniali da parte dell’autorità giudiziaria». SI tratta di un episodio che per il prefetto costituisce un «sintomo evidente dell’assoluta vicinanza del sindaco di Tropea agli ambienti della locale criminalità organizzata sottolineando che “nessun amministratore locale, o aspirante tale, che impronti il proprio operato a principi di integrità porrebbe in essere rapporti commerciali con individui controindicati, fornendo evidente appoggio agli stessi al fine di evitare l’applicazione delle misure patrimoniali disposte in loro danno». Inoltre, rapporti giudicati ambigui sarebbero da ascrivere in capo ad alcuni dipendenti comunali
IL CAPITOLO DEI LAVORI PUBBLICI E DEGLI APPALTI
Nella relazione del prefetto si rileva come «a partire dal 2019 buona parte degli affidamenti di lavori o servizi sia stata appannaggio di imprese riconducibili alle cosche facenti parte de “il locale di Mileto”, così come messo in luce nel decreto di fermo di indiziato di delitto emesso 1’8 maggio 2023 dalla direzione distrettuale antimafia di Catanzaro nell’ambito dell’operazione “Maestrale-Carthago”».
Nello specifico, ad esempio, per «l’affidamento del servizio di manutenzione ordinaria e straordinaria della rete idrica e fognaria, il prefetto di Vibo Valentia evidenzia come lo stesso sia stato frazionato in due appalti. Sia al momento dell’affidamento sia alla proroga per il biennio successivo. Il comune di Tropea ha proceduto in via del tutto strumentale al frazionamento del servizio, finalizzato a disporre affidamenti diretti sotto soglia e ad eludere l’obbligo di indizione di una procedura comparativa, contravvenendo anche al rispetto dei criteri di economicità dell’azione amministrativa».
IL PROBLEMA DEGLI AFFIDAMENTI DIRETTI
Nella sua relazione Piantedosi pone particolare attenzione all’esecuzione dei lavori disposti con procedura di somma urgenza «a seguito degli eventi atmosferici calamitosi che hanno colpito Tropea nel dicembre 2020 causando danni alla rete fognaria». In sostanza, i commissari avrebbero accertato che «i lavori in questione, sebbene assegnati ad alcune ditte indicate nella perizia di somma urgenza, sono in parte eseguiti, come accertato dalla guardia di finanza di Vibo Valentia, da soggetti intranei alla cosca. Gli stessi mezzi meccanici utilizzati per l’esecuzione di tali lavori risultano tutti intestati a membri della locale famiglia di ‘ndrangheta».
Nel dettaglio la relazione punta il proprio faro sugli affidamenti diretti che avrebbero evidenziato «una serie di distorsioni dell’azione amministrativa tendenti a favorire società e/o soggetti riconducibili o, comunque, contigui, alle locali cosche ‘ndranghetistiche». Il risultato sarebbe stato che soltanto poche ditte avrebbero «avuto accesso alle risorse economiche amministrate dal comune di Tropea. In particolare, l’amministrazione ha effettuato più di centodieci affidamenti diretti in favore di una stessa ditta e sessantuno affidamenti in favore di altra impresa senza che siano state disposte gare».
L’ANALISI COMPLESSIVA DEL LAVORO DELLA COMMISSIONE
La commissione di accesso agli atti «ha posto in luce – conclude la relazione – alterazioni e irregolarità dell’azione amministrativa rispetto a svariati settori di intervento, con conseguenti vantaggi ed agevolazioni nei confronti di soggetti collegati, a vario titolo, direttamente o indirettamente, con i sodalizi criminali egemoni nell’area di Tropea».
Un giudizio senza dubbio duro sulla situazione della Perla del Tirreno che si aggrava ulteriormente nell’analisi di «un quadro indiziario che attesta l’assenza di legalità all’interno dell’ente locale, da cui conseguono le irregolarità gestionali sopra menzionate e un preoccupante livello di compromissione dell’amministrazione comunale di Tropea». Inoltre, durante il comitato di ordine e sicurezza pubblica da cui è scaturita la richiesta di scioglimento «il procuratore di Vibo Valentia e il procuratore aggiunto della direzione distrettuale antimafia hanno sottolineato come per il comune di Tropea sussista la consapevolezza di rapporti tra ambienti amministrativi locali e la criminalità organizzata del territorio».
Quindi, per il Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, che materialmente firma la relazione allegata al decreto stesso, «le circostanze riferite nella relazione del prefetto, hanno rivelato una serie di condizionamenti nell’amministrazione comunale di Tropea volti a perseguire fini diversi da quelli istituzionali, che hanno determinato lo svilimento e la perdita di credibilità dell’istituzione locale, nonché il pregiudizio degli interessi della collettività, rendendo necessario l’intervento dello Stato per assicurare la riconduzione dell’ente alla legalità».
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