Il luogo dell'omicidio di Francesco Fiorillo
INDICE DEI CONTENUTI
- 1 “MI SONO PENTITO PERCHÈ TRADITO DALLE PERSONE CHE STIMAVO TRA CUI IL BOSS FIORILLO”
- 2 L’OMICIDIO DI PUGLIESE-CARCHEDI
- 3 MARZIANO SULLA VITTIMA: “LA SUA SORTE ERA SEGNATA”
- 4 IL PROGETTO OMICIDIARIO AI DANNI DI LUCIANO MACRÌ
- 5 IL PENTITO SU FIORILLO E LA SUA LEADERSHIP TRABALLANTE DI BOSS DI PISCOPIO
- 6 MARZIANO OFFRE NUOVI SPUNTI INVESTIGATIVI SUL DELITTO FIORILLO
- 7 L’UCCISIONE DI DAVIDE FORTUNA
- 8 IL PROGETTO OMICIDIARIO AI DANNI DEL PENTITO MOSCATO
- 9 IL PENTITO: “FIORILLO E I FIARÈ CONTRARI AD ELIMINARE IL BOSS PANTALEONE MANCUSO”
- 10 “LA FAMIGLIA MANTINO HA UN COSPICUO PATRIMONIO”
Il racconto del pentito Renato Marziano sulla figura del capo clan di Piscopio: “Mi diceva quanto fosse stressante fare il boss”. Il collaboratore offre nuovi spunti investigativi sugli omicidi Pugliese-Carchedi e Fiorillo
VIBO VALENTIA – Fare il boss di ’ndrangheta era davvero motivo di forte stress per Nazzareno Fiorillo, alias “U tartaru”, a capo del clan di Piscopio; una confidenza fatta a Renato Marziano, ex componente del sodalizio dedito alle truffe per conto della cosca, e dal 2018 pentito di ‘ndrangheta. Per qualche tempo è stato l’autista di Fiorillo venendo a conoscenza di una lunga serie di attività illecite, delle frizioni all’interno della consorteria e degli omicidi. Come quello di Giuseppe Pugliese Carchedi, avvenuto all’alba del 17 agosto 2006 lungo la provinciale 522, tra Pizzo e Vibo Marina, in cui scampò alla morte Francesco Macrì, fratello di “Mommo”. Episodio appreso da “Giuseppe Fazio” e per il quale tira in ballo “Michele Fiorillo alias “Zarrillo”, Rosario Mantino, affiliato al clan Tripodi e un altro soggetto che però al momento mi sfugge”.
“MI SONO PENTITO PERCHÈ TRADITO DALLE PERSONE CHE STIMAVO TRA CUI IL BOSS FIORILLO”
Ma prima, Renato Marziano spiega le ragioni della scelta di collaborare con la giustizia affermando che fa risalire al fatto di essersi “sentito tradito” dalle persone che ha “sempre stimato ed alle quali ho sempre creduto. Finché uscivo con Nazzareno Fiorillo ricevevo circa 100-200 euro al giorno, quando, però, mi sono trovato in difficoltà e la mia persona di riferimento, ossia Giuseppe Fazio, mi diceva di andarne a parlarne con lo zio Nazzareno e quest’ultimo, a sua volta, mi diceva che problemi ne abbiamo tutti, anzi che lutti stiamo morendo di fame, e che quindi non mi avrebbe aiutato, nonostante le mie difficoltà economiche fossero molto serie, mi sono sentito tradito ed ho smesso di credere negli ideali di lealtà, rispetto ed onore della ‘ndrangheta”.
L’OMICIDIO DI PUGLIESE-CARCHEDI
Quindi il collaboratore si focalizza sul delitto. Giuseppe Pugliese Carchedi avrebbe pagato con la vita una serie di intemperanze e sfrontatezze ai danni del clan Lo Bianco-Barba. Lo affermano altri collaboratori di giustizia e lo conferma anche Marziano perimetrando ancor meglio le circostanze: “Oltre alla vicenda della relazione con la figlia di Nazzareno Felice ed il contestuale fidanzamento ufficiale con la figlia di Enzo Barba, movente per il quale tuttavia i piscopisani non avevano fatto nulla, lui aveva puntato un’arma in faccia a Leonardo Fazio qualche sera prima della sua uccisione”.
Un episodio che rappresentò “l’’apice di un atteggiamento arrogante che Pugliese-Carchedi teneva a Vibo Marina” nonostante gli avvertimenti ricevuti ma rimasti nel vuoto. Infatti “già Nazzareno Fiorillo – aggiunge il collaboratore – aveva mandato una imbasciata ad Andrea Mantella per parlare con Carmelo Lo Bianco, non so bene quale, ad indurre Pugliese ad atteggiamenti più consoni. Gli consigliarono di andare via ma lo stesso perseverava nella sua condotta scendendo addirittura a Vibo Marina ove sgommava con l’auto innanzi ai bar”.
MARZIANO SULLA VITTIMA: “LA SUA SORTE ERA SEGNATA”
Questi fatti, cioè la relazione tenuta con la figlia di Felice, il rinvenimento di un cane morto che la vittima avrebbe portato in piazza a Piscopio e per ultimo l’arma puntata in faccia a Fazio determinarono la decisione della sua uccisione”. Tuttavia, non ci fu premeditazione nell’omicidio in quanto avvenne per una circostanza fortuita poiché quella sera Carchedi “aveva avuto una discussione puntando una pistola ad un cameriere in piazza a Pizzo. Sul posto, c’erano Davide Fortuna, Rosario Fiorillo detto “pulcino”, Michele Fiorillo “Zarrillo” e Rosario Mantino”.
Dopo la minaccia al cameriere, “Pugliese e Macrì, che lo accompagnava, si sono allontanati in direzione di Vibo Marina venendo inseguiti dai quattro che hanno cominciato a sparare e tamponare la loro auto sino al momento in cui li hanno mandati fuori strada. So che a sparare sono stati Fortuna e i due Fiorillo mentre Mantino era alla guida”. Marziano aggiunge che Michele Fiorillo decise volutamente di risparmiare Macrì (che morì qualche anno dopo in un incidente stradale a Pizzo).
IL PROGETTO OMICIDIARIO AI DANNI DI LUCIANO MACRÌ
L’astio creatosi dopo l’omicidio di Pugliese Carchedi ed la circostanza che “Luciano Macrì era concorrente di Pino Fazio nello spaccio di stupefacenti” avevano determinato quest’ultimo, secondo il racconto del collaboratore, “ad uccidere il primo” e per raggiungere il suo scopo Marzano riferisce che Fazio gli chiese di farlo: “Era il 2015-2016 e tale richiesta nasceva proprio in virtù dei rapporti che avevo con Macrì e pertanto mi sarei potuto avvicinare a lui e farmi aprire la porta di casa per consentire poi di entrare in più persone ed ucciderlo. Diedi il consenso e avrei comunque potuto fare diversamente poiché ero già stato affiliato ma fu una mia scelta”.
Del progetto omicidiario Pino Fazio ne avrebbe parlato con Nazzareno Fiorillo il quale però lo avrebbe sospeso fino all’uscita di Michele Fiorillo dal carcere. E’ sempre Fazio, parlando di Macrì, mi disse che quest’ultimo avrebbe dovuto essere riconoscente ai piscopisani per il fatto che Michele Fiorillo aveva grazialo il cugino in occasione del ‘omicidio di Pugliese Carchedi”.
IL PENTITO SU FIORILLO E LA SUA LEADERSHIP TRABALLANTE DI BOSS DI PISCOPIO
La conduzione della cosca da parte di Nazzareno Fiorillo però non trovava molti consensi. Marziano, che ne è stato l’autista per un po’ di tempo, ha avuto modo di frequentarlo e anzi riferisce un aneddoto curioso: “Lui – racconta il pentito – non era solito rivelare episodi specifici ed anzi si lamentava sempre di quanto fosse stressante fare il boss”. Ad ogni modo, ad essere insofferenti alla gestione della cosca erano soprattutto le nuove leve del crimine piscopisano che attendevano l’uscita di Michele Fiorillo: “Il comando di Nazzareno stava generando parecchio malcontento, più nello specifico, era spesso propenso a trovare degli accordi, offuscando la fama dei piscopisani quali temuti sanguinari che, se facevi qualcosa, ti ammazzavano. Questo valeva per le cose che non lo riguardavano troppo direttamente, perché quando si trattava di cose che toccavano a lui, invece, andava dritto per la sua strada senza sentire nessuno”.
E tra chi aspettava la scarcerazione di “Zarrillo” ci sarebbe stato Rosario Battaglia: “Pino Fazio mi confidò che questi non vedeva l’ora che Fiorillo tornasse libero in quanto avrebbe rimesso ordine e risolto i problemi creati da Nazzareno legati tra le altre cose alla somma di 200mila euro della cosca che sperperò al casinò”.
MARZIANO OFFRE NUOVI SPUNTI INVESTIGATIVI SUL DELITTO FIORILLO
Marziano racconta alla Dda di Catanzaro altri due delitti per come appresi “sempre da Giuseppe Fazio”. Il primo quello di Francesco Fiorillo, del 15 dicembre 2015 per il quale è stato condannato a 14 anni in via definitiva Antonio Zuliani mentre sono stati assolti, anche in questo caso con sentenza passata in giudicato, Arcangelo Michele D’Angelo e Saverio Ramondino. Ebbene, il pentito apre nuovi scenari sulla vicenda intanto sul movente in quanto l’agguato sarebbe “avvenuto per fatti di droga e nel quale c’era anche il fratello Leonardo, dove i killer, dopo l’omicidio, si erano andati a nascondere a casa sua, vicenda per la quale si mise in giro il falso movente che la vittima in realtà fosse un pedofilo”.
L’UCCISIONE DI DAVIDE FORTUNA
L’altro omicidio è quello di Davide Fortuna, sulla spiaggia di Vibo Marina il 6 luglio del 2012 durante la faida tra i piscopisani e il clan Patania di Stefanaconi che ne ordinò l’uccisione. Il collaboratore afferma di aver conosciuto la vittima solo “di vista” e di non averci “mai parlato personalmente. Ricordo quando quel giorno in quanto mi trovavo sul corso dì Vibo Marina, in compagnia di Giuseppe Fazio presso il bar Imperial 2. L’unica cosa che ho saputo rispetto a questo fatto è che fossero stati i Patania, per avermelo detto lo stesso Nazzareno Fiorillo che aggiunge che ” lo avevano fatto lo avevano subito”, riferendosi al fatto che il delitto fosse stata una ritorsione”.
IL PROGETTO OMICIDIARIO AI DANNI DEL PENTITO MOSCATO
Renato Marziano riferisce anche di un presunto progetto per far fuori Raffaele Moscato, killer del gruppo e dal 2015 collaboratore di giustizia e questo nonostante egli “avesse dato la vita per i Piscopisani, senza mai tradirli, fino alla collaborazione. Peraltro so che lui è stato presente ad atti grossi di criminalità organizzata commessi sempre nell’interesse del gruppo”. Afferma di non sapere chi fosse stato designato ma di aver compreso dell’esistenza di una simile intenzione ascoltando un discorso tra il boss Nazzareno Fiorillo e Giuseppe Fazio dove il primo prendeva in giro il secondo, deridendolo per il fatto che quest’ultimo avrebbe inteso prendere proprio come compare ad anello Moscato (che ovviamente si sarebbe pentito successivamente). Fazio ironicamente diceva che era stato meglio per lui che fosse diventato collaboratore altrimenti sarebbe morto. Da ciò ho dedotto che vi era un progetto tra i due di ucciderlo”.
Moscato che sarebbe stato inviso anche perché assieme a Rosario battaglia e Michele Fiorillo alias “Zarrillo” aveva organizzato l’omicidio di Pantaleone Mancuso “Scarpuni” e se fosse andato in porto il piano “si sarebbero innalzate enormemente le doti ed il rispetto delle altre ’ndrine nei confronti di Moscato, tanto da portarlo nella “Società maggiore” venendo così meno per lui il dovere di ammazzare ulteriormente. E questo non era gradito né da Fazio né da Fiorillo, peraltro contrario all’uccisione di Mancuso. È per questo motivo ne avevano decretato l’esecuzione”. Questa circostanza delle doti sarebbe stata confermata al pentito proprio da Fazio al quale chiese “quali benefici avrebbe ottenuto Raffaele Moscato ad uccidere Pantalone e Mancuso e lui mi rispose che non potevo neanche immaginare il potere che questi avrebbe acquisito dopo un simile gesto nei confronti del boss di quel calibro”.
IL PENTITO: “FIORILLO E I FIARÈ CONTRARI AD ELIMINARE IL BOSS PANTALEONE MANCUSO”
Ad ogni modo, Nazzareno Fiorillo sarebbe stato “contrario all’uccisione di Mancuso, ben consapevole del fatto che ciò avrebbe aperto un’ulteriore fronte oltre quello che era in atto con i Patania ma non ha potuto mettere il suo veto al progetto in quanto di esso era promotore anche Michele Fiorillo che è pur sempre colui il quale aveva avuto l’investitura di “Capo società”. Anche i Fiarè, nella persona di Filippo, sono intervenuti presso Nazzareno per far desistere dal progetto omicidiario che era giunto al suo orecchio – racconta ancora il pentito Marziano – ma anche tale intervento non era valso a nulla, tant’è che i giovani avevano proseguito nel loro intento pur non riuscendo a portarlo a termine in quanto nonostante si fossero appostati nel luogo in cui ritenevano che il boss transitasse quest’ultimo non è passato”.
“LA FAMIGLIA MANTINO HA UN COSPICUO PATRIMONIO”
Dei Mantino, Marziano specifica di conoscere Fortunato e Orazio, soprattutto “quest’ultimo che camminava sempre con il padre ’Nato. Una famiglia – aggiunge il pentito – che ha saputo muoversi bene mettendo in piedi un cospicuo patrimonio”; Vibo Marina era divisa tra i Vacatello e ‘Nato Mantino, ritenuto il boss del luogo, “prima che questi si ammalasse, al quale poi subentrò il figlio Orazio, sebbene frequentasse più Vibo città”. Una figura carismatica, quella di ’Nato Mantino al quale “chiunque doveva rivolgersi prima di fare qualcosa su Vibo Marina, tant’è che in una occasione Mimmo Piccolo venne a Vibo a sparare ad un ragazzo alle gambe, per via di un complimento fatto da questo alla sua ragazza, e prima di agire si recò da ’Nato a chiedere l’autorizzazione. Lui gliela concesse per via dell’appartenenza di Piccolo al clan Lo Bianco”, conclude il pentito affermando di aver appreso la circostanza da Orazio.
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