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Carabinieri

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Il Gip di Vibo definisce la condotta dei tre giovani arrestati per aver ferito a Sorianello il ragazzo argentino: «spregiudicata e gravissima».


VIBO VALENTIA – È davvero pesante il giudizio che il gip, Rossella Maiorana, riporta nella sua ordinanza di custodia cautelare nei confronti dei tre giovani arrestati per il ferimento del ragazzo argentino avvenuto la notte di Natale a Sorianello. Tanto da mettere nero su bianco, alla fine, che viste le emergenze investigative non può allo stato ragionevolmente pronosticarsi, in caso di condanna, la comminazione di una pena inferiore a tre anni di reclusione nei confronti degli indagati.
Il magistrato, con riferimento alle esigenze cautelari che sono quelle del carcere, scrive che queste sono motivate «per via delle specifiche modalità e delle circostanze del fatto». In quanto, i tre giovani, se lasciati in libertà, «possono commettere altri gravi delitti della stessa specie di quelli per cui si procede». Gli stessi sono inoltre gravati da diversi precedenti di polizia anche per reati contro il patrimonio, con l’uso di armi, nonché taluni di essi risultano sottoposti a misure di prevenzione.
«Anche per questo episodio, le modalità e le circostanze dei fatti-reato, commesso con armi, in orano notturno e con violenza inaudita sulle cose e persone, come già detto, denotano un’allarmante pericolosità sociale, poiché è certamente prevedibile la reiterazione di analoghi reati, di tal che è esclusa una prognosi favorevole circa la possibilità che gli indagati si astengano, nel futuro, dal commettere reati della stessa indole». Pertanto, sempre a parere del gip , l’unica misura di fatto idonea a «salvaguardare la ravvisata esigenza cautelare, il cui grado deve ritenersi massimo, stante anche le allarmanti modalità della condotta, è quella della custodia in carcere nei confronti di tutti gli indagati».


AZIONE SPREGIUDICATA E GRAVISSIMA DEI ARRESTATI PER AVER FERITO IL RAGAZZO ARGENTINO A SORIANELLO 

Si fa riferimento in tal senso ad una perpetrazione del reato con modalità «pianificate e gravissime con ciò denotando, unitamente alle circostanze concrete dell’azione, una totale spregiudicatezza ed una ancor più spiccata proclività a delinquere, nonché la estrema pericolosità sociale degli indagati. Considerazioni, queste ultime, che suffragano ulteriormente l’individuazione della custodia in carcere come l’unica misura in grado di fronteggiare adeguatamente l’esigenza cautelare di cui sopra, essendo anche inadeguata la misura degli arresti domiciliari con il controllo elettronico, misura quest’ultima che non impedisce i contatti anche indiretti con l’ambiente criminale in cui è maturato il delitto».

A sostegno della tesi della misura in carcere anche la circostanza che vi sia «un concreto pericolo di inquinamento probatorio, potendo, gli indagati stessi, intervenire sulla parte offesa e sulle persone informate sui fatti affinché forniscano una versione diversa e favorevole agli indagati. Inoltre, ad oggi, non è stato individuato l’altro soggetto che ha partecipato all’aggressione e, pertanto, è necessario che i tre indagati rescindano i contatti con l’esterno e con l’ambiente criminale in cui è maturato il delitto».
Il ravvisato pericolo di reiterazione del reato è, di per sé, «inconciliabile con una positiva prognosi quanto all’eventuale concessione della sospensione condizionale della pena, né, alla luce delle contestazioni e delle pene edittali, può allo stato ragionevolmente pronosticarsi, in caso di condanna, la comminazione di una pena inferiore ad anni tre di reclusione nei confronti degli indagati».

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