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VIBO VALENTIA – E’ stato chiuso dai Carabinieri il profilo Tik Tok che inneggiava alla ‘ndrangheta, aperto da qualche tempo e che stamane aveva registrato le reazioni per un pronto intervento di chiusura anche da parte del testimone di giustizia Giuseppe Masciari e del vicecapogruppo alla Camera Alfredo Antoniozzi (FdI).

La pagina social “Broker detenuti 78”, al momento non è quindi più raggiungibile da nessun utente e aveva già raggiunto oltre 34mila follower registrando circa 345 mila interazioni. Molti post esaltavano ‘ndranghetisti del Vibonese (dei clan Mancuso di Limbadi e Accorinti di Zungri, soprattutto), ma anche boss riconosciuti colpevoli in diversi procedimenti giudiziari in tutta la Calabria. Venivano esaltati pure mafiosi siciliani ed esponenti del clan romano dei Casamonica verso cui venivano riservate parole di ammirazione con auspici in un italiano sgrammaticato di ritorno in liberta’ (“presta libertà”).

Non mancavano poi video con canzoni inneggianti alla ‘ndrangheta ed ai riti di affiliazione, oltre ad insulti nei confronti di quattro collaboratori di giustizia del Vibonese: Andrea Mantella, Emanuele Mancuso, Raffaele Moscato e Bartolomeo Arena. Indagini sono in corso da parte dei carabinieri per identificare compiutamente l’autore o gli autori della creazione di tale pagina social su Tik Tok.

“Tik Tok non mi piace di suo – ha detto Antoniozzi – per tante cose, ancora di più per questo profilo che inneggia alle famiglie di ‘ndrangheta Mancuso e Accoriniti, chiedendo la scarcerazione dei capifamiglia, tutti condannati. Mi perplime che ci siano decine di migliaia di follower e che si pubblichino vere e proprie esaltazioni di famiglie che rappresentano quel segmento che la Calabria respinge fortemente e che non possiamo permettere di fare diventare una narrazione quasi carismatica in un social che dimostra di consentire tutto e che certamente è un pessimo esempio per tutti i nostri giovani”.

Per il testimone di giustizia Pino Masciari, il profilo “è chiaramente frutto della subcultura mafiosa che è riuscita ad insinuarsi in tutte le pieghe della società civile e affascina le nuove generazioni, al punto da far considerare la viltà e la violenza dei mafiosi come eroismo. Non è accettabile che gruppi del genere siano lasciati liberi di fare propaganda all’illegalità sotto gli occhi delle istituzioni, delle forze dell’ordine. È estremamente grave, deve scattare – afferma – un allarme istituzionale, sociale, perché se è dilagante questo modo di pensare, se si inneggia ai boss e si semina odio nei confronti di chi ha abbandonato il passato criminale e ora si è messo a servizio dello Stato, vuol dire che la cultura della legalità che tentiamo di costruire ogni giorno è ancora lontana dall’essere la cultura dominante”.

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