X
<
>

Share
3 minuti per la lettura

VIBO VALENTIA – I carabinieri del nucleo investigativo di Vibo Valentia della compagnia di Tropea hanno tratto in arresto Giuseppe Salvatore Mancuso, 33 anni, figlio del boss Pantaleone, alias “l’ingegnere”, e fratello del pentito Emanuele. L’uomo si era allontanato insieme al padre nel 2018 dopo la collaborazione del fratello con la direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro.

LEGGI LA NOTIZIA SUI RETROSCENA DELL’ARRESTO

Il blitz è scattato questa notte a Zaccanopoli, piccolo centro del Vibonese, nell’abitazione di un insospettabile. Mancuso era armato di pistola, che teneva a portata di mano, e di un fucile di precisione che poteva colpire anche con anche da oltre un chilometro di distanza, e dotato di ottiche particolari.

Nel corso dei controlli è stato anche rinvenuto un passamontagna che fa pensare agli investigatori che fosse in previsione la commissione di un omicidio. Trovati e posti sotto sequestro anche telefonini, pistole, munizioni e altro materiale per la manutenzione delle armi.

All’interno dell’abitazione dove è stato trovato Mancuso c’era anche un ragazzo di 19 anni, padrone di casa, e una donna straniera che stava insieme a loro

GRATTERI. «Bisogna dare atto del grande lavoro dei carabinieri del comando provinciale e della Compagnia di Vibo che stanno facendo in modo sistematico e significativo da tre anni a questa parte perché finalmente hanno una Procura Distrettuale meglio attrezzata, tant’è che quello vibonese è l’unico circondario in cui ho deciso di applicare tre sostituti procuratori».

Nicola Gratteri lo dice a chiare lettere nella conferenza stampa relativa agli arresti – non collegati tra loro – di Antonio Felice per l’omicidio di Salvatore Battaglia (LEGGI LA NOTIZIA), e di Giuseppe Salvatore Mancuso, figlio del boss Pantaleone alias “L’ingegnere” e fratello del pentito Emanuele Mancuso.

Con riferimento alla prima indagine il magistrato antimafia ha parlato della «’ndrangheta di Piscopio come entità dura, arcaica tradizionale sulla quale siamo già intervenuti con l’operazione Rimpiazzo di qualche mese addietro, tuttavia si è registrata una sorta di ripresa da parte delle giovani leve del crimine locale che volevano conquistare quella parte di territorio». Quindi un rilievo amaro da parte di Gratteri: «Ogni volta che effettuiamo delle operazioni antimafia ci aspettiamo che quella parte di società civile occupi quegli spazi di legalità che noi liberiamo, ma quanto ciò non avviene è chiaro che sono proprio le nuove leve a coprirli, tant’è che a Piscopio si era ripreso a commettere delle estorsioni. Le indagini non sono state semplici perché ci siamo trovati davanti un muro di omertà. Nessuno parlava, tutti dicevano di non sapere nulla».

Per quanto concerne, invece, l’arresto di Mancuso, Nicola Gratteri, ha parlato della pericolosità del soggetto e della circostanza che siano state rinvenuti «una pistola, che l’indagato teneva a portata di mano, un fucile di precisione che poteva colpire anche ad oltre un chilometro di distanza e dotato di ottiche particolari, un passamontagna il che ci fa pensare che stesse preparandosi per commettere un omicidio». Quindi, nel corso della conferenza alla presenza dei vertici dell’Arma, il capo della Procura distrettuale antimafia ha rivolto un ringraziamento ai carabinieri «per aver dimostrato ancora una volta professionalità elevata sul piano investigativo e ai colleghi De Bernardo, Frustaci e Mancuso che sono i punti di riferimento di questo territorio».

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE