Soumaila Sacko
3 minuti per la letturaVIBO VALENTIA – Il caso dell’omicidio di Soumaila Sacko e del ferimento di altri due connazionali avvenuto nella serata di ieri 2 giugno (LEGGI LA NOTIZIA e GLI APPROFONDIMENTI) tra Calimera, frazione di San Calogero, e Rosarno ha destato la forte preoccupazione delle istituzioni ma anche di chi conosceva il giovane, il cui assassino è attualmente ricercato dalle forze dell’ordine.
Ad intervenire è il sindacato braccianti che con una nota ha ricordato che «Soumaila Sacko, sempre in prima linea nelle lotte sindacali USB per i diritti e la dignità dei braccianti nella Piana di Gioia Tauro, è stato ucciso, non per furto, e rimandiamo le conclusioni infami ai mittenti. Domani 4 giugno sciopero dei braccianti con assemblee».
SCOPRI TUTTI I CONTENUTI SULLA MORTE DI SOUMAILA SACKO
Una presa di posizione netta attraverso la quale il sindacato denuncia come «ce ne hanno ammazzato un altro. Dopo Abdel Salam a Piacenza un altro lavoratore migrante, il ventinovenne maliano Soumaila Sacko, interno al percorso di lotte di USB tra i braccianti della piana di Gioia Tauro, è stato ammazzato ieri sera mentre si trovava nei pressi di una fabbrica dismessa forse per cercare lamiere o cartoni con cui costruire la propria baracca. È stato raggiunto da uno dei colpi di fucile sparati da 150 metri da sconosciuti».
Il sindacato rimarca come non ci sia «nessun motivo dietro l’aggressione, nessun rapporto era mai esistito tra i migranti che si spaccano la schiena nella raccolta di agrumi della Piana e l’assassino. Basta la pelle nera, basta sapersi protetto e condiviso dalle dichiarazioni del neoministro degli interni Salvini, di quello prima Minniti e di quello prima ancora Alfano. Legittima difesa, respingimenti, pugno di ferro, fine della pacchia è sulla scorta di queste indicazioni che l’assassino ha ritenuto un suo diritto aprire il tiro al bersaglio su Soumaila e i suoi fratelli».
Sono parole e accuse pesanti quelle del sindacato braccianti che rimanda ad «un clima di odio costruito ad arte da chi cerca di scaricare sui migranti la rabbia di chi è colpito dalle politiche di attacco alle condizioni di vita dei lavoratori e delle loro famiglie richieste dall’Unione Europea e attuate da tutti i governi. Che i tempi sarebbero stati duri per i migranti e per chi si organizza per ottenere i propri diritti si era capito dal giorno dopo le elezioni del 4 marzo e durante tutta l’ignobile farsa della nascita del nuovo governo. Minacce ad ogni piè sospinto ai migranti, truce e continuo appello a una legalità che non è giustizia sono stati il leit motiv di un clima che ieri, a San Calogero, si è materializzato nell’assassinio di Soumaila e il ferimento di un altro fratello migrante. Daremo una risposta, la più grande possibile, a questo omicidio, cominciando dallo sciopero generale dei braccianti proclamato dall’USB per lunedì 4 giugno e dalla manifestazione nazionale già convocata a Roma il 16 giugno a Roma».
La testimonianza degli amici
Un ragazzo serio che voleva solo lavorare. Così gli amici descrivono Sacko Soumalia. «L’ho conosciuto nel 2006 – racconta Drane Maoiheri, di 39 anni, anche lui maliano, rimasto ferito mentre era insieme a Soumali – quando sono giunti in Italia. Lui era già qua nella tendopoli. Era bravo e ieri era venuto con noi per aiutarci».
Soumaila, infatti, viveva nella nuova tendopoli allestita nell’area industriale di San Ferdinando mentre gli altri due nella vecchia tendopoli che si trova a poche centinaia di metri dalla prima e caratterizzata da baracche tirate su alla meglio dai migranti. E le lamiere sono una delle componenti fondamentali per le baracche. Così, ieri pomeriggio, i due cittadini maliani che poi sono rimasti feriti, hanno deciso di andare a piedi in un vecchio stabilimento abbandonato nelle campagne di San Calogero. E Soumaila, che non ne aveva bisogno ha deciso di aiutarli.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA