L'intervento di don Luigi Ciotti a Limbadi
2 minuti per la letturaLIMBADI – Tante fasce tricolore, provenienti da tutta la Calabria, dagli angoli più remoti, dalle comunità più piccole: una lista folta, quella dei Comuni che hanno firmato il Patto.
In un luogo emblema: l’Università della Ricerca, della Memoria e dell’Impegno, sorta in un bene confiscato. Il clima è disteso, si respira entusiasmo, riecheggiano parole fortissime, citazioni di quelle che animano la platea e scaldano le coscienze.
Un filo comune ha legato gli interventi di tutti i relatori: il grande dinamismo, uno straordinario desiderio di riscattare questa terra, così atavicamente moribonda. Ha salutato la platea dei sindaci, Pantaleone Mercuri, sindaco di Limbadi. Ha introdotto l’evento Don Ennio Stamile, referente regionale di Libera: «Meno di 20 giorni fa abbiamo attraversato la Calabria è straordinaria, ma la sua gente si deve liberare».
Ennio Stamile ha letto i 14 punti del Patto di Limbadi, invitando i sindaci «a costituirsi parte civile nei processi di ‘ndrangheta e a favoreggiare nelle gare d’appalto gli imprenditori che hanno denunciato». Su tre parole si è concentrato don Marcello Cozzo, presidente della fondazione Interesse Uomo: «Convenienza, legalità e dignità».
I punti nascono dall’ascolto quotidiano della rabbia e della disperazione di chi denuncia: «Bisogna denunciare non soltanto per convenienza, ma per far prevalere la legalità. A patto che il gesto coraggioso del singolo assuma una veste collettiva, deve essere la denuncia di un intero paese». A moderare l’appuntamento, Nicola Fiorita, del Comitato Scientifico UniRimi.
Diretta la relazione del senatore Nicola Morra, il primo a convocare la Commissione Antimafia in un bene confiscato: «Il tumore non è la ‘ndrangheta, ma la rassegnazione della gente – Morra cita “Gente d’Aspromonte” -. Qui tutto quanto non cambia». Il senatore ha sollevato una questione paradossale: «L’ente comune si scioglie per mafia, ma l’ente regione no, perché? È chiaro che la legge va modificata».
Il trasformismo e l’omertà di molti sindaci: «Esorto gli amministratori a capire la percentuale di evasione, a studiare dettagliatamente i bilanci, perché qui bisogna applicare il principio di legalità». Coinvolgente il discorso di don Luigi Ciotti, referente nazionale di Libera: «Il cambiamento che sogniamo ha bisogno di un cambio di strada da parte di ciascuno, che non sia però un adattamento, perché c’è bisogno di una rigenerazione». Ciò nonostante, si rischia una normalizzazione, fenomeno inquietante: «Io ho paura di coloro i quali fanno finta che non sia così grave».
L’esortazione spassionata ad applicare la Costituzione Italiana a partire dall’Art.3 «nei fatti e non nelle parole». Il ricordo del visionario don Luigi Sturzo, che nel 1900 aveva previsto la galoppata della mafia verso nord: «Di questo se ne parla da 200 anni – ha concluso don Ciotti – e non si dica che i giovani non ci sono. Perché non è vero: i ragazzi sono presenti con i loro sogni, le loro aspettative, ma hanno bisogno di adulti coerenti e di opportunità concrete».
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