Bruno Pupo a Wembley
4 minuti per la letturaVIBO VALENTIA – Il tricolore sventola dal balcone di casa sua, nella City, perché «oggi è più bello essere italiani all’estero».
Vincenzo Loiacono e Bruno Pupo erano a Wembley nella serata, storica, che ha consegnato all’Italia, dopo 53 anni, il titolo di Campione d’Europa.
Due vibonesi che non si conoscono ma con un destino comune: quello di vivere nella City e di essere stati in curva con altri 7mila nostri connazionali a sostenere la nazionale di Roberto Mancini. Compito non facile visto che i tifosi inglesi erano oltre 60mila.
L’incredulità per il gol preso a freddo, la gioia per il pareggio di Bonucci, la sofferenza della lotteria dei rigori e, infine, la festa per la vittoria. Entrambi a Londra ci sono arrivati circa otto anni fa per lavoro, lasciando Gasponi (Vincenzo) e Francica (Bruno). Oggi il primo svolge l’attività di Networks & Security Analyst, il secondo lavora in un’azienda di mobili di pregio. E nello storico stadio inglese, in quella bolgia assordante, c’erano anche loro.
Li raggiungiamo al telefono per farci raccontare quella serata indelebile per lo sport italiano e dalle loro parole traspare tutto l’italico orgoglio, con un sapore ben più dolce visto che la la vittoria è avvenuta in casa dei sudditi di sua Maestà.
«Emozioni indescrivibili – commenta il 30enne Vincenzo – e l’elettricità si avvertiva già nei pressi dello stadio. C’erano tanti nostri connazionali, tra quelli che vivono a Londra e chi vi è arrivato dall’Italia o da altri Paesi. È stata l’occasione, questa, di sentirci più uniti, di fare gruppo, di essere una grande famiglia. Di fronte avevamo un muro di maglie bianche con una sproporzione quasi di 10 a 1».
L’inno cantato a squarciagola e poi il fischio d’inizio del match. Ma le speranze vengono spazzate subito dal gol a freddo di Shaw: «Una doccia gelata – aggiunge Vincenzo – che avrebbe potuto tagliare le gambe a tutti anche perché il tifo inglese è diventato assordante. Noi cercavamo di far sentire il nostro apporto agli azzurri ma loro ci sovrastavano con i fischi, però non abbiamo mai smesso di sostenere la nazionale».
Inizia la ripresa e al 67’ arriva il pareggio di Bonucci e il settore dei nostri connazionali esplode: «Una vera e propria liberazione – racconta Vincenzo – Gli inglesi invece si sono ammutoliti». Arrivano i supplementari e poi la lotteria dei rigori che si svolge nella curva opposta: «Una sofferenza infinita, c’era anche chi si è girato dall’altro lato per non guardare, chi ha assistito in quasi silenzio».
Donnarumma para il penalty a Sakà e la festa può iniziare. «Ci siamo abbracciati l’un l’altro e quando si sono avvicinati gli azzurri io ero lì, a pochi metri, sembrava quasi di toccarli».
Bruno si trovava più su. Lui ha visto non solo la finale ma anche la semifinale con la Spagna. E dire che è stato il biglietto a cercare lui e non l’opposto: «Me l’avevano proposto più volte – afferma – all’inizio costava troppo, circa 290 euro per la semifinale. Alla fine siamo riusciti a trovarlo a 75 euro e a quel punto non ho potuto non comprarlo».
Per la finalissima il prezzo è triplicato «ma poco importa – ammette – Sarebbe stato un delitto non vedere il match. E così siamo riusciti, non senza fatica a recuperarli».
La partita si è messa subito male: «È stato tremendo, ci ha smorzato l’entusiasmo ma nessuno dei tifosi italiani ha smesso di incitare la squadra nonostante il tifo inglese fosse di gran lunga superiore. Poi ha segnato Bonucci, tra l’altro sono riuscito a filmare il gol, e tutto è cambiato. Si sono zittiti e si percepiva la loro paura così come i nostri cori. In 7mila contro 65mila».
E i rigori: «Un calvario, soprattutto dopo l’errore di Belotti. Quello è stato l’unico momento in cui tutti noi ci siamo ammutoliti. Ma al secondo rigore parato da Donnarumma la gioia è esplosa. Vedere tutti quegli italiani festeggiare è stato qualcosa di indescrivibile, il tutto mentre il resto dello stadio si stava svuotando dei tifosi inglesi».
Per Bruno, come per altri, il giorno dopo ha un sapore diverso: «Sì, diciamo che c’è più orgoglio a sentirsi italiani. Tra l’altro qui ci aiutiamo tutti a vicenda, così come in occasione dei biglietti. C’è una solidarietà che manca se stai in Italia».
Ultimo appunto sul fairplay inglese: «Devo ammettere che sono molto sportivi, tant’è che ho ricevuto sms di complimenti. Magari dietro rosicano, anche perché perdere a casa loro è una botta tremenda. Meglio così (sorride)…».
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