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Il Tribunale dei Minori di Catanzaro

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CATANZARO – Una donna, vittima di violenze da parte del compagno, ha potuto vedere la propria figlia di 2 anni e mezzo soltanto 9 ore in 9 mesi, sempre alla presenza di un assistente sociale, nonostante non ci siano decreti che prevedano incontri protetti, e da due mesi attende che il Tribunale dei minorenni di Catanzaro si pronunci sull’istanza cautelare urgente presentata dal suo legale per spostare il collocamento della bambina dalla casa dei nonni paterni a quella della madre.

Lo denuncia lo stesso legale, l’avvocato Massimo Bambara. La storia, riferisce l’avvocato, inizia in Emilia Romagna alla fine di maggio del 2018 quando il Tribunale dei minori di Bologna, in un decreto, evidenziava come la donna «stesse subendo ripetutamente violenze e maltrattamenti dal proprio compagno e non fosse in grado di denunciarlo per paura di ripercussioni su di sé o sui propri figli». Nonostante questo, riferisce il legale, i giudici decisero di mandare la bambina in una comunità, affidandola al servizio sociale.

Un anno dopo, gli stessi giudici bolognesi collocarono la bambina insieme alla madre, nella casa dei nonni paterni, in Calabria. Qui secondo Bambara, sono continuate le violenze da parte del compagno ma, nonostante la donna lo avesse denunciato, nell’ottobre 2019 il Servizio sociale lasciava la bambina dai nonni paterni dove viveva e vive il padre. La donna è stata così costretta a riaccogliere in casa il compagno per poter rivedere la bambina. Successivamente, nel marzo 2020, dopo avere lasciato il compagno, la donna sarebbe stata isolata dai nonni paterni che non le consentivano di vedere o sentire la figlia.

Nel maggio 2020 la signora ha denunciato in maniera dettagliata il compagno per maltrattamenti, atti persecutori ed altri reati connessi e, successivamente, ha dato mandato a Bambara di ricorrere al Tribunale dei Minori di Catanzaro per chiedere l’affidamento esclusivo della figlia dato che la «relazione inadeguata» che aveva portato il Tribunale a sospenderle la patria potestà, era ormai finita ed i pericoli per la bambina non sussistevano più. Bambara ha quindi presentato il ricorso chiedendo di spostare il collocamento della bambina dalla casa dei nonni paterni a quella della madre a Gallarate (Varese) dove la donna nel frattempo si è trasferita per lavoro.

Nel frattempo, l’assistente sociale del Comune di Mileto, dove la bimba si trova, si è dimesso, ma l’Asp di Vibo Valentia (che si occupava del caso sino a settembre), non ha accettato le dimissioni ed «è iniziato così – dice Bambara – un gioco a rimpiattino sulla pelle di una povera bambina innocente. Questa donna non ha precedenti penali, non si è mai drogata, non ha mai avuto una condotta di vita moralmente discutibile ed è sempre stata una brava mamma. Ha avuto solo la sfortuna di incorrere in un compagno violento: non pare una motivazione valida per privarla dell’affetto della figlia e, soprattutto, per privare una bambina così piccola del contatto carnale e quotidiano con la madre».

Rispetto a quanto denunciato dall’avvocato, nei mesi scorsi l’assistente sociale tirata in ballo nella vicenda ha ribadito di aver svolto con professionalità il proprio lavoro (LEGGI).

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