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Il giorno del sequestro dell’Isola ecologica di via Pellicano

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VIBO VALENTIA – IL provvedimento è stato notificato agli interessati dai carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Reggio Calabria a ridosso del Natale: il 21 dicembre. E ha come oggetto lo scempio venutosi a creare col passare dei mesi all’isola ecologica di Via Pellicano in breve tempo – complici le sofferenze del settore – trasformatasi in una mini discarica a cielo aperto nella quale i cittadini – ormai esasperati per un servizio che procedeva a singhiozzo – abbandonavano i rifiuti in abbondanza.

Questo fino a quando i militari dell’Arma, il cui presidio è praticamente attaccato all’area, hanno proceduto al sequestro del sito stesso, avviando, di fatto, gli accertamenti investigativi che hanno visto agire il reparto ad essi deputato: il Noe, appunto. Che, il 21 dicembre scorso, ha deferito Adriana Teti, dirigente del settore Affari Generali del Comune capoluogo, Alfonso Colaci, funzionario di Palazzo Razza che aveva ricoperto l’incarico di direttore per l’esecuzione del contratto con l’azienda “Dusty” (dimessosi a seguito di un’altra inchiesta sull’immondizia avente ad oggetto i disservizi di agosto e proprio i termini dell’appalto vinto dalla stessa società per l’espletamento del servizio di raccolta dei rifiuti nel territorio comunale) e il direttore tecnico della stessa azienda catanese, Davide Golino.

E proprio nel massimo dell’emergenza rifiuti, il 7 agosto dello scorso anno era stato disposto dalla Procura di Vibo il sequestro dell’intera area di raccolta dei rifiuti, gestita dalla “Dusty” su mandato del Comune per violazioni in materia ambientale. La zona circostante era stata fatta oggetto di un controllo finalizzato a scongiurare l’abbandono di spazzatura da parte di cittadini ignari del provvedimento di sequestro.

Tra le anomalie riscontrate dai militari dell’Arma nel corso dei controlli, in particolare, vi era la presenza di liquido tipo percolato che fuoriusciva dai bidoni e la presenza dei cavi dell’alta tensione proprio sopra la stessa isola, che avrebbero potuto arrecare grave rischio in caso di incendio.

Insomma, un punto di raccolta che lì proprio non aveva ragione di esistere, in quanto non adatto, non corrispondente alle normative vigenti anche in materia di sicurezza in quanto praticamente attaccato alle abitazioni e a locali pubblici. Il caso, come si ricorderà, è stato al centro di numerose segnalazioni formulate dai residenti nelle immediate vicinanze dell’Eco-punto attraverso una serie di lettere e segnalazioni nonché di esposti diretti al Palazzo Razza, all’Azienda Sanitaria (che a pochi metri ha la propria sede e ancor più vicino al sito ha i locali del laboratorio analisi), alla Prefettura, ai carabinieri e alla Procura della Repubblica.

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