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La conferenza stampa degli inquirenti e a seguire l'auto distrutta dalla bomba

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LIMBADI (VIBO VALENTIA) – A distanza di poco più di due mesi arriva la risposta dello Stato all’autobomba che il 9 aprile ha ucciso a Limbadi Matteo Vinci e ferito gravemente il padre (LEGGI LA NOTIZIA) tuttora ricoverato nel Centro grandi ustionati di Palermo, la bomba era stata innescata con un telecomando a distanza (LEGGI LA NOTIZIA).

È, infatti, scattata alle prime luci dell’alba proprio a Limbadi, nel Vibonese, un’operazione antimafia dei carabinieri del Nucleo investigativo di Vibo Valentia e del Ros che hanno eseguito sei provvedimenti di fermo a carico di altrettanti esponenti della famiglia Mancuso di Limbadi.

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I fermi sono scaturiti dalle indagini condotte dai carabinieri e coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro il cui procuratore Nicola Gratteri ha commentato con estrema soddisfazione (LEGGI LE DICHIARAZIONI DI NICOLA GRATTERI SUGLI ARRESTI PER L’OMICIDIO DI MATTEO VINCI).

I particolari dell’operazione  saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa che si svolgerà nella sede del Comando provinciale di Vibo Valentia dei carabinieri e alla quale sarà presente il Procuratore distrettuale di Catanzaro, Nicola Gratteri.

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 Destinatari del provvedimento di fermo sono Domenico, Rosina e Lucia Di Grillo, rispettivamente padre e figlie, rispettivamente di 71, 37 e 29 anni, di Limbadi, Rosaria Mancuso, 63 anni, di Limbadi, moglie di Di Grillo e sorella dei boss Pantaleone alias “l’Ingegnere”, Giuseppe, Diego e Francesco, detto “Tabacco” , Vito Barbara, 28 anni di Serra San Bruno, marito di Lucia Di Grillo e Salvatore Mancuso, sorella della donna, gli indagati sono difesi dagli avvocati Giuseppe Di Renzo, Francesco Schimio e Giovanni Marafioti.

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La Dda di Catanzaro individua in Barbara, la moglie e nella Mancuso, gli ideatori dell’attentato messo in atto allo scopo di far cedere i Vinci-Scarpulla alle loro richieste estorsive. Un’azione, quindi, premeditata, che ebbe il suo tragico epilogo il pomeriggio del 9 aprile scorso con l’esplosione della bomba, azionata con un radiocomando, che dilaniò il corpo di Matteo Vinci, ferendo gravemente il padre Francesco. Agli stessi vengono contestati i reati di tentato omicidio ai danni di Francesco Vinci e l’illegale detenzione e porto in luogo pubblico dell’ordigno radiocomandato e collocato sotto la vettura delle vittime; infine la contestazione di danneggiamento della Ford Fiesta dei Vinci.

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Accusa di estorsione aggravata dalle modalità mafiose, poi, per tutti e sei i componenti il nucleo familiare in relazione alla vicenda del terreno che portò anche all’aggressione subita dalle vittima nel marzo del 2014 e nell’ottobre del 2017. In particolare, Di Grillo e la Mancuso, unitamente al fratello di quest’ultima, Salvatore, avrebbero minacciato i Vinci «con violenza e minaccia, facendo ricorso all’evocazione della loro caratura criminale e ai collegamento tra loro stessi e il clan di appartenenza». Minacce che però non sortirono effetto in quanto le vittime non si tirarono indietro, e questo provocò, secondo la Dda, la reazione degli indagati neanche dopo che si videro puntare addosso (Francesco Vinci nello specifico) una rivoltella.

Il Commento di Rosaria Scarpulla madre di Matteo Vinci

Sui fermi messi a segno dalla Direzione distrettuale antimafia per l’omicidio del figlio e il ferimento del marito è intervenuta Rosaria Scarpulla (NELLA FOTO) che ha affermato: «Spero che questa gioia che ho dentro non venga smorzata come l’altra volta. Stanotte non ho dormito affatto, sono felicissima. Sono stati fermati non i presunti colpevoli, ma quelli reali. Io lo ho visti, li ho indicati, ho fatto nomi e cognomi» La donna, in questi mesi, nonostante la grave perdita e il ferimento del marito Francesco, ha continuato a condurre la pripria battaglia chiedendo giustizia per il figlio. «Finalmente un po’ di serenità. Questo provvedimento – ha concluso la donna – mi restituisce un po’ di gioia».

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