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Nel riquadro, Michele La Torre

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SPILINGA – Un archivio polveroso, un microcosmo di carta ingiallita, nomi di gente che furono. Tutto appare come una grande matassa, per certi versi fa quasi paura. È un diversamente cimitero: qui riposano i fatti, è emozionante e inquietante allo stesso tempo, strane sensazioni. Sfogliare le vecchie delibere con i margini divorati dal tempo, presuppone uno sforzo di immaginazione: è necessario scorgere il disordine del dopoguerra, l’Italia tutta da ricostruire, i bar, le piazze rumorose, la miseria. Certamente, in qualsiasi archivio un romanziere troverebbe nutrimento.

Eppure, nei fascicoli c’è di tutto: delibere, richiami per le vaccinazioni, richieste delle maestre al Sindaco, fatture, liquidazioni. «Vista l’istanza con la quale il dottor Miceli Francesco, farmacista, chiede la liquidazione della somma di £.5.795 per medicinali forniti ai poveri di questo Comune; la Giunta Comunale all’unanimità dei voti delibera».

All’interno della Delibera, un modulo precompilato, si trovano ancora i certificati medici delle persone che non potevano permettersi le medicine, per le quali era previsto un fondo municipale. Un mondo che con la povertà doveva farci i conti, perché il Fascismo aveva lasciato ferite infette, anche dove non si era fatta la Resistenza. La questione del latte, delle terre, un esercito di sfruttati e le strade sterrate: c’era da rimboccarsi le maniche e le idee, Michele La Torre questo lo sapeva bene.

Un personaggio di cui tutti ne riconosco autorevolezza e carisma, lungimiranza e determinazione, laboriosità e spirito battagliero, un passionario, capace di illuminare ancora lo sguardo di chi l’ha conosciuto. È complicato definirlo: era un maestro, un sindacalista, un attivista, un politico, un uomo di pensiero e dalla morale di ferro. Personalità che ci appaiono quasi aliene, cozzano con la nostra endemica impotenza.

«Michele era un classe ‘24 – è Francesco D’Agostino che racconta, memoria vivente del borgo – ed era stato cresciuto dallo zio, figura di rilievo nella sua formazione. Da ragazzo gestiva i giornali, è stato per un periodo l’edicolante del paese. Negli anni immediatamente dopo la guerra, con la caduta del Fascismo, Michele prese la tessera del Pci. Era una persona integra e persuasiva».

La Torre prese le redini politiche in un frangente storico convulso: «Nel 1960 diventò Sindaco, il simbolo della sua lista era l’aratro, vinse con un bellissimo scarto e fu rieletto al mandato successivo, amministrò per un decennio. È stato lui ad edificare il palazzo comunale, nei primi anni con pochissime risorse e in una Italia democristiana. Tutte le sere controllava il livello dell’acqua nelle vasche pubbliche, per vedere se il Comune fosse in condizione di sostenere il consumo, negli stessi anni fu costruita la strada per andare al cimitero.

La sua più grande dote era quella di saper mantenere l’ordine: fu proprio Michele a dare un assetto al paese, imponendo il rispetto delle norme igieniche». Michele La Torre possedeva un occhio di riguardo per l’estetica urbana: «Sull’ordine cittadino è stato un Sindaco anche duro, ha costruito le vasche per lavare la biancheria e ci teneva al decoro».

Un Sindaco maestro, che dispensava fervore e si caratterizzava per una profonda onestà: «Michele era un grande insegnante, ci teneva, con il suo consueto sguardo premuroso verso gli ultimi. Io ricordo che fosse bravo a scrivere, era anche un ottimo giornalista».

Celebre la battaglia sul latte che Michele ha portato avanti con caparbietà: «Si è battuto nelle campagne affinché il latte non venisse sprecato, ma pagato dignitosamente ai contadini, si fece a tal proposito una specie di cooperativa e il latte veniva raccolto dove oggi c’è il Circolo. Battagliava in generale sui diritti dei contadini, si spendeva per gli altri: andava a piedi a visitare tutti».

L’ultimo capitolo della vita Michele La Torre lo visse con pienezza a Crotone, nonostante la morte lo colse giovane: «Continuò a militare anche dopo il trasferimento a Crotone, non pensò mai neanche lontanamente alla ricchezza sua o della famiglia. Michele La Torre era un uomo ricco di se stesso».

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