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Il palazzo in cui avvenne l'uccisione di Michele Valerioti

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Il pentito Pasquale Megna parla della “mattanza di Nicotera”, ossia il duplice omicidio di Giuseppina Mollese e Michele Valerioti per mano di “Ciko” Olivieri che li riteneva responsabili dell’uccisione del fratello Mariano, il quale in precedenza aveva ammazzato il figlio della Mollese a seguito di un furto di oro. In tutto questo si erge la figura di Galati, il killer che “uccideva per pochi soldi”, giustiziere di Mariano Olivieri incaricato dalla donnaper vendicare il figlio”. Un delitto su commissione da 100 milioni di lire.


VIBO VALENTIA – Le motivazioni che portarono alla cosiddetta mattanza di Nicotera dell’11 maggio del 2018, ovverosia il duplice omicidio, per mano di Francesco Giuseppe Olivieri, Giuseppina Mollese, 80 anni, Michele Valarioti (63 anni) è tra gli argomenti trattati dal pentito Pasquale Megna nel corso di uno dei verbali rilasciati alla Dda di Catanzaro.  Un episodio che scosse l’Italia intera per la ferocia delle modalità dell’azione omicidiaria. Un pomeriggio di terrore a Nicotera e alla Marina che la popolazione non dimenticherà mai. “Ciko”, dopo gli omicidi, si diede alla fuga per essere arrestato qualche giorno dopo, presentandosi al carcere accompagnato dal proprio legale.

Francesco Olivieri
Francesco Olivieri

E le motivazioni risiedono nell’uccisione del fratello Mariano, detto Mario, che secondo il killer della mattanza (condannato all’ergastolo nel secondo processo d’Appello) erano da imputare alle due vittime ma anche ad altre persone, tant’è che la sua lista di morte comprendeva altre persone. Mariano che sarebbe stato il sicario di Ignazio Gaglianò, figlio della Mollese. Un intreccio di sangue, dunque, con vendette e contro-vendette che caratterizzarono la città di Nicotera.

OLIVIERI E LE VITTIME DELLA MATTANZA DI NICOTERA

La donna fu la prima a morire sotto i colpi sparati da Ciko Olivieri che per farsi aprire la porta si era fatto accompagnare dal nipote dell’anziana che, vedendo il ragazzino, non aveva esitato a farlo entrare, e qui Olivieri le aveva esploso contro alcuni colpi di pistola; poi si era diretto a casa di Michele Valerioti, molto malato e per questo a letto, bussando alla porta d’ingresso e quando la moglie gli aveva aperto, l’aveva scansata, sparando contro l’anziano che comunque aveva avuto la forza di arrivare in balcone e lì l’aveva finito.

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Il luogo del tentato omicidio al bar di Limbadi

In precedenza, il killer aveva esploso alcuni colpi di fucile ferendo Pantaleone Timpano (che era riuscito ad evitare i proiettili per poi scagliarsi contro il suo aggressore con una lastra di legno del separé), il fratello di Vincenzo alias “Scarceja”, Pantaleone D’Agostino e l’avvocato Francesco Di Mundo, colti di sorpresa mentre erano intenti a giocare a carte all’interno di un bar di Limbadi.

LA LISTA DI MORTE DI “CIKO” OLIVIERI

Come detto, la lista di Olivieri comprendeva altri soggetti ritenuti responsabili della morte non solo del fratello Mariano ma anche dell’altro fratello, Alessandro. E per questo era pronto ad uccidere anche lo zio Eustachio, fratello del padre, titolare di un’impresa edile e il medico Pasquale Pagano. Lo zio in passato lo aveva fatto lavorare per alcuni periodi assieme ai fratelli nella sua azienda e qualche volta li avrebbe rimproverati anche a suon di ceffoni. E tanto sarebbe bastato per far covare nella mente di Olivieri il progetto di vendetta. Pagano, invece, avrebbe dovuto pagare per non aver salvato Alessandro colpito da ictus e morto alcuni anni fa. A cercare di completare l’opera sarebbe poi stato il fratello di “Ciko”, Giuseppe Olivieri, con l’omicidio di Francesco Timpano, avvenuto il 12 agosto successivo, in un lido a Nicotera Marina, e per quel fatto condannato in via definitiva a 30 anni.

GALATI IL “FUORIZONA”, KILLER DI MARIANO OLIVIERI E DI EMILIO CASTAGNA CHE “AMMAZZAVA PER QUATTRO SOLDI”

Megna, prima di focalizzarsi sulle vicende che portarono alla mattanza, si sofferma sul prologo della vicenda che affonda le radici a 28 anni fa, quando, parlando della figura di un tale Galati, soprannominato “il fuorizona”, sostiene che questi ha “ucciso Mariano Olivieri nel ’97. So di lui perché me ne parlava sempre Antonio Castagna, uno che ha lavorato 23 anni per l’azienda di famiglia, dicendomi che questo Galati ha commesso anche l’omicidio di Emilio Castagna  (avvenuto il 29 agosto 1997) e di aver appreso questo fatto da Antonio Puntoriero in carcere confermandomi la circostanza, aggiungendo che lui, quella mattina si era trovato a passare sul luogo dell’omicidio e aveva visto il cadavere della vittima in macchina, per la strada”.

Sulla figura di Galati, Megna specifica che “sia a detta di Antonio Castagna che di Puntoriero, questi era uno che ammazzava per quattro soldi. Quanto al movente, Antonio Castagna mi disse che avvenne per via di una faida che era scoppiata con un’altra famiglia, se non sbaglio con i Soriano”.

LA CAUSALE DEL DUPLICE OMICIDIO DI NICOTERA

Il collaboratore conosceva bene Giuseppe Olivieri, fratello di Ciko, tant’è che fin quando “praticava” con lui era riuscito a tenerlo a bada, anche perché c’era un legame tra i due, dettato anche dal fatto che molte volte andava a lavorare presso la pescheria di famiglia: “Riuscivo a controllarlo nonostante mi parlasse sempre della volontà di vendicare suo fratello e ma non di ammazzare Galati quanto di eliminare il fratello di “Scarceja”, che noi chiamiamo Ciccio “Squic”, che di cognome fa Timpano. Poi, dopo aver subito il sequestro del terreno per la vicenda della latitanza di Marcello Pesce,  ho iniziato a defilarmi un po’, a fare casa-lavoro e a stare più per fatti miei, immaginando di essere nel mirino delle forze dell’ordine”.

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Uno dei luoghi della mattanza

Secondo Megna sarebbero state le “cattive compagnie”, dalla metà del 2016, a far accrescere in Olivieri la volontà di vendicarsi perché quelle persone “l’hanno caricato sull’omicidio del fratello e sulla necessità di vendicarsi. Del resto, quando avvenne l’uccisione di Mariano Olivieri, sul luogo dell’agguato, era presente con la vittima anche una persona, riuscita poi a fuggire approfittando che a Galati si era inceppata l’arma; l’aveva poi fatto arrestare, indicandolo come l’autore del delitto, motivo per il quale all’interno del suo stesso gruppo e dallo stesso fratello lo reputavano un infame che se l’era cantata”.

MARIANO OLIVIERI E IL FURTO CHE MISE IN MOTO GLI EVENTI

Il pentito, che afferma dunque di conoscere in modo dettagliato la vicenda relativa all’omicidio, ricorda intanto che l’agguato di Mariano Olivieri risultò da subito un “fatto strano” perché questi era nipote di Diego Mancuso, in quanto l’ex moglie è la sorella di suo padre, anche se “so anche che i rapporti tra di loro erano molto tesi, per vicende familiari”, precisando di non essere a conoscenza se nel delitto fosse coinvolto Diego ma dicendosi sicuro che invece lo era “Salvatore Mancuso detto “Turi u Zoppu””, aggiungendo che la causale che “fu il furto di oro alla sorella di Ignazio, di cui non ricordo il cognome, figlio di “A Muntuna” (Giuseppina Mollese, ndr), quella poi uccisa da “Ciko” a Nicotera”.

Mariano venne allora chiamato da Mancuso “che, per dargli una lezione, lo picchiò pesantemente” e poco dopo  Ignazio Gaglianò avrebbe mandato a chiamare Mariano intimandogli di restituire l’oro, “altrimenti lo avrebbe ammazzato”. A quel punto Mariano Olivieri, giocò d’anticipo e dopo “neanche due giorni uccise Ignazio”.

“LA VENDETTA DELLA MOLLESE, IL DELITTO FU PAGATO 100 MILIONI DI LIRE”

L’uccisione del figlio avrebbe scatenato la reazione della madre, Giuseppina Mollese, appunto  che “tramite Ciccio “Squic” Timpano e un altro soggetto che poi è stato pure ammazzato da “Ciko” Olivieri, mi pare si chiamasse Valerioti, si è vendicata facendo eliminare Mario Olivieri”. E il delitto su commissione sarebbe costato 100 milioni delle vecchie lire:  “In particolare – racconta ancora Megna – “A Muntuna” aveva dato la somma di 100 milioni a questo Ciccio “Squic” per assoldare un killer che facesse questo omicidio e lui, per il tramite di questo Valerioti, aveva assoldato Galati “il fouri zona”,  che effettivamente commise il delitto. Quanto alla spartizione dei soldi, so che 10 milioni vennero dati da Ciccio “Squic” a Galati mentre gli altri 90 dovevano essere divisi tra lui e Valerioti, ma quest’ultimo non ha mai ricevuto la sua parte”.

OSSESSIONATI DAL VENDICARE IL FRATELLO MARIANO

Quanto riferito da Pasquale Megna è frutto delle confidenze fattegli sia da Ciko che da Giuseppe Olivieri i quali a loro volta “erano a conoscenza per filo e per segno di tutta la dinamica che aveva portato all’omicidio del fratello, sebbene non so da chi l’avessero saputa”.

Giuseppe Olivieri

Entrambi “ossessionati da questa volontà di vendicarsi, di procurarsi qualche arma, dicevano in continuazione che volevano uccidere “sti cornuti”. Ciko soprattutto, mi esauriva per questi fatti, ma lui è pazzo proprio, non è normale, uno come quello da libero fa danni. Capitava che si chiudesse in casa per mesi senza uscire; parliamo di un vero pazzo incontrollabile”, mentre “Peppe Olivieri ragionava di più e non era affatto contento di quello che aveva combinato “Ciko”, perché si era rovinato per ammazzare la signora, alla quale, per come diceva Peppe, avevano pur sempre ammazzato un figlio, che quindi si poteva in qualche modo giustificare e quel Valerioti, quando invece lui “se la portava” soprattutto con Ciccio “Squic” Timpano”.

L’OMICIDIO NEL LIDO DI NICOTERA: PEPPE OLIVIERI CONTINUA L’OPERA DI “CIKO”

A cercare di portare a termine l’opera del fratello “Ciko” ci avrebbe poi pensato Giuseppe uccidendo sulla spiaggia, il 12 agosto, Francesco Timpano. I due si lanciavano sguardi di sfida e il delitto era solo questione di tempo. “Peppe Olivieri mi diceva che “Squic” lo sfidava apertamente, che quando lo incrociava gli mostrava la pistola e cose di questo tipo e lui in sostanza si guardava da Timpano, fino a quando non lo ha ammazzato”.

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L’omicidio di Francesco Timpano

Olivieri commise l’omicidio in spiaggia, al lido “Il Gabbiano”, a Nicotera Marina, di proprietà di un cugino della madre di Megna e agì nel momento in cui la vittima era in costume, davanti la doccia, “proprio perché la temeva e in questo modo poteva essere certo che non fosse armata e non potesse reagire. Accorsi io stesso sul posto quando avvenne il fatto, credendo che potesse trattarsi di mio cugino titolare dello stabilimento, ma non vidi che il cadavere di “Squic” ho subito capito che era stato Peppe”. Lui dopo quel fatto, avvenuto davanti a decine di persone in preda al terrore, “si è “guardato” per un po’ per poi consegnarsi. Io non ci ho più parlato, gli ho solo mandato qualche soldo per il tramite delle sorelle, senza neanche chiedere a queste di salutarmelo”.

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