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Una veduta di Briatico e nel riquadro il collaboratore di giustizia Antonio Accorinti

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Il pentito Antonio Accorinti affronta nei verbali rilasciati alla Dda di Catanzaro anche la vicenda della latitanza di Salvatore Morelli e i timori del boss Luigi Mancuso dopo il pentimento del nipote Emanuele


VIBO VALENTIA – Ci sono anche la latitanza di Salvatore Morelli e i timori del boss di Limbadi, Luigi Mancuso, per la collaborazione con la giustizia del nipote Emanuele, nei racconti del pentito Antonio Accorinti, ex vertice dell’omonimo clan di Briatico, alla Dda di Catanzaro.

LA LATITANZA DI MORELLI

Il collaboratore ricorda di aver avuto una comunicazione da un suo conoscente di Sciconi il quale aveva ricevuto una proposta da Gregorio Niglia, detto Lollo, di  ospitare un latitante a Briatico e pertanto “gli aveva anche chiesto di venire ad informare noi della cosa. Gli rispondemmo che per quanto ci riguardava non c’erano problemi, senza neanche chiedergli di chi si trattasse”. Solo al momento del suo arresto fu chiara l’identità del latitante in questione: Salvatore Morelli, detto l’Americano, uomo di fiducia dell’ex boss scissionista di Vibo, Andrea Mantella.

IL PENTUTO SUI FRATELLI CARMINE ED EGIDIO IL GRANDE

Accorinti poi si sofferma sull’album fotografico postogli in visione dalla Dda riconoscendo numerosi personaggi. Tra questi Carmine Il Grande, “che ho conosciuto personalmente all’interno del carcere di Vibo in occasione dell’esecuzione dell’operazione “Costa Pulita” con cui nacque un’amicizia proseguita fino al mio ultimo arresto. Non sono a conoscenza di specifiche dinamiche criminali che lo vedano coinvolto ma so che comunque è appartenente alla ‘ndrangheta e che prima del suo arresto nel 2016 aveva ricevuto il “battesimo”, per come mi disse Simone Melluso”.

Il pentito riferisce inoltre che “Carlo Russo e Giancarlo Loiacono volessero eliminarlo, per avermelo detto loro stessi e allo scopo era stata rubata anche l’autovettura da impiegare per questo omicidio del quale però disconosco il motivo anche se loro due erano molto impauriti dalla sua figura”. Egidio Il Grande è il fratello Carmine oltre ad essere cognato di Loiacono e questi “appena seppe dagli atti di Costa Pulita che quest’ultimo era addirittura intenzionato ad uccidere il fratello, non gli rivolse più la parola”.

ACCORINTI RIFERISCE SULLA FAMIGLIA LA ROSA DI TROPEA

Altro segmento del verbale riguarda la famiglia La Rosa di Tropea con il collaboratore che si sofferma sulla figura di vari componenti della stessa. A partire da Alessandro La Rosa, figlio di Francesco detto  “U Bimbo”, che gestiva dei B&B su Tropea ed inserito nel gruppo criminale omonimo. So che circola armato e quest’anno (2023) ha avuto una forte discussione con Gerardo La Rosa per questioni afferenti alla spartizione del territorio. Michele Bruzzese mi ha anche detto di aver fatto con lui alcuni danneggiamenti”. Altro soggetto riconosciuto in foto dal pentito è Tonino La Rosa, alias “Ciondolino “, che “conosco dall’età di 13-14 anni, a capo della ‘ndrina omonima. È un amico di mio padre, fedelissimo di Pantaleone Mancuso, alias Luni Scarpuni” aggiungendo che finché è stato libero Tonino, i rapporti tra la due famiglie “erano ottimi, anche perché – aggiunge Accorinti – erano tutti soggetti fedelissimi alla figura di “Scarpuni”.

Antonio La Rosa

Successivamente le cose sono cambiate, in quanto il fratello Francesco è diverso  tant’è che con lui più volte abbiamo avuto occasioni di attrito, spesso sedate solo grazie all’interessamento del padre Domenico”.

ACCORINTI E I CONTRASTI COI LA ROSA SULLE ATTIVITà DI NAVIGAZIONE

E i contrasti avrebbero riguardato anche le attività di navigazione anche se negli ultimi due anni, “in cui siamo stati entrambi liberi, questo ha iniziato a comportarsi meglio, ad avere un atteggiamento molto più rispettoso ed abbiamo iniziato ad andare più d’accordo”. E proprio relazione a quest’ultimo, Accorinti ha raccontato  che, dopo l’operazione del 2007 che coinvolse Tonino, fu “lui a prendere il comando della famiglia e iniziò a creare problemi all’interno di quello che fino a quel momento era stato il gruppo del fratello, entrando in contrasto con Pasquale e Giuseppe Prossomariti, Pasquale Quaranta e Gerardo Accorinti e questo perché Francesco ha un carattere particolare e non aveva i modi giusti di trattare con le persone a lui vicine e di dire le cose”.

Francesco La Rosa

Il POLITICO-SINDACALISTA

Gianfranco La Torre

Accorinti riconosce anche Gianfranco La Torre, politico e sindacalista arrestato nell’operazione “Olimpo”, affermando di averlo “conosciuto nel carcere di Vibo” all’esito di quella inchiesta della Dda e con il quale ha “avuto modo di parlare all’incirca due ore in occasione dell’udienza del riesame, quando mi trovai a confortarlo poiché lo stavano prendendo un po’ tutti in giro per via del fatto che era l’unico che si era portato il fascicolo al seguito”.

Il pentito ricorda che questi “era giù di morale, mostrandosi a tutti in lacrime, dicendomi  che ce l’aveva con gli altri coinvolti nell’operazione, in particolare con Davide Surace, in quanto diceva che per colpa sua era finito in mezzo ai guai, specificandomi che certe cose non si potevano più fare in quanto non era più come una volta, quando nessuno si metteva a parlare al telefono o vicino alle machine e non si facevano i danneggiamenti e si arrivava direttamente agli ingegneri e ai direttori dei lavori, senza bisogno di rivolgersi alle ditte. Accusava Surace di aver parlato troppo provocando il suo arresto. So che ha una forte amicizia con Andrea Niglia, al quale lui stesso mi confidava di aver insegnato come muoversi all’interno della Provincia”.

IL COLLABORATORE SULLA FIGURA DI ANTONIO MANCUSO

Riconosciuto in foto anche Antonio Mancuso, fratello di Domenico, figlio più piccolo di Giuseppe detto “Mbrogghjia” con cui Antonio Accorinti afferma di aver avuto a che farci con riferimento alle escursioni alle Eolie, in quanto a Nicotera, in relazione alle strutture ricettive Sayonara e Valtur, “era lui ad occuparsi di tutto facendo confluire i clienti verso la “Savadori Navigazioni” di Antonio Comerci. Parlai con lui per sapere se ci fosse la possibilità che questo mandasse persone alla mia società di navigazione ma mi rispose che non poteva fare nulla in quando quelli della Savadori erano suoi amici e quindi non poteva spostare la loro clientela sulla mia imbarcazione”.

IL PENTITO ACCORINTI SU DIEGO MANCUSO

Sulla figura di uno dei vertici del clan di Limbadi, il collaboratore racconta quanto riferitogli da Davide Surace secondo cui in una occasione venne a Briatico e “ci incontrammo a casa del padre di Simone Melluso, per affrontare la questione del locale “Maracatù”. Nella sostanza questo locale era stato preso in gestione dalla moglie di un suo cugino e venne a chiederci di non andare a disturbarlo e che per qualsiasi cosa avremmo potuto rivolgerei a lui, che avrebbe pensato a fare quello di cui c’era bisogno. Effettivamente Salvatore Piccolo, tramite Melluso si rivolse a lui per una comunione o un compleanno della figlia ed ottenne un prezzo di favore”.

Diego Mancuso

 In occasione di questo incontro, il pentito Accorinti ricorda che Surace “ci disse che su Tropea ora se la stava vedendo lui e che era preso da mille cose, tra le quali quella di fare da collante tra La Rosa e Diego Mancuso. Fu allora che rivelò che stava concludendo con Diego il lavoro dell’ospedale, facendo riferimento all’estorsione alla ditta, la stessa che si stava occupando degli interventi alla scuola di Briatico”.

I TURISTI DIROTTATI AL “SAYONARA” DEI MANCUSO

Nel 2003 succede un casino. Al Green Garden sono attesi decine di turisti stranieri ma qualche giorno prima la struttura era stata oggetto di sequestro e pertanto serviva trovare una soluzione e in breve tempo. “Ricordo che, per il tramite di Pasquale Anastasi, avevamo ottenuto la presenza presso il Green Garden di numerosi clienti tedeschi già dal  mese di marzo, ma, pochi giorni prima dell’apertura, subimmo il sequestro delle licenze commerciali da parte della Prefettura – riferisce il pentito – Avevamo pertanto bisogno urgente di trovare una struttura dove appoggiare questi clienti, altrimenti saremmo andati incontro a serie penali e l’unica  idonea e pronta all’apertura era il Sayonara”, gestito dal clan Mancuso e “grazie all’amicizia di Francesco Giuseppe Bonavita con il titolare, di nome Toruccio, clienti vennero  sistemati d’urgenza lì”.

La voce tuttavia si sparse arrivando alle orecchie dei Mancuso e fu a quel punto che Nino Accorinti, padre del collaboratore, “si recò a parlare con Domenico Mancuso per sistemare la cosa e quest’ultimo, non appena seppe che a mandarli era stato lui, ci diede la loro massima disponibilità, dicendoci che avremmo potuto fare come volevamo e che, se avessimo avuto bisogno, avremmo potuto portare anche le cose che avevamo acquistato in vista di questo soggiorno, visto che per ospitarli, eravamo andati incontro già a diverse spese.

IL PENTITO ACCORINTI SU DOMENICO SALVATORE POLITO

Fino all’arresto di Pantaleone Mancuso, alias “Scarpuni”, Polito avrebbe fatto parte del gruppo Accorinti per poi trasferirsi a Tropea avvicinandosi a Tonino La Rosa. Il pentito lo inquadra come titolare di una società di rivendita ortofrutticola che riforniva quasi tutti i villaggi della Costa degli Dei, aggiungendo che questi “poteva vantare una tale influenza nell’ambito della ‘ndrangheta in quanto ritengo che avesse una posizione molto elevata al suo interno, assimilabile a quella di Tonino La Rosa, di Nazzareno Colace e di mio padre stesso”.

IL NIPOTE EMANUELE DIVENTA PENTITO E LUIGI MANCUSO INIZIA AD AVERE PAURA

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Luigi Mancuso

L’ultima volta che Accorinti ho visto Polito sarebbe stato nel 2019 quando si trovava nello studio di un avvocato di Briatico: “Tramite il figlio mi rintracciò per avere informazioni sul conto di Giuseppe Comito, in quanto aveva saputo che era diventato collaboratore di giustizia e Luigi Mancuso lo aveva mandato ad informarsi da me su cosa potesse sapere ed essere in grado di riferire, con particolare riferimento appunto alla fornitura di frutta all’interno dei villaggi e sull’estorsione annua che il villaggio Club Med era tenuto a pagare”, conclude il pentito Accorinti

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