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Il luogo in cui venne ritrovata l'auto bruciata dai killer

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Si chiude con la sentenza di condanna dei tre imputati il processo d’Appello, in corte d’Assise, per l’omicidio di Domenico Belsito. Forti riduzioni di pena rispetto al verdetto di primo grado, sia per Bonavota che per il neo pentito Fortuna


VIBO VALENTIA – Si è concluso con forti rideterminazioni di pene rispetto al primo grado, con il processo d’Appello, in corte d’Assise, sull’omicidio di Domenico Belsito avvenuto nel 2004 a Pizzo Calabro. L’uomo venne ferito a colpi di pistola la sera del 18 marzo mentre era all’interno di un bar della cittadina, ma spirò all’ospedale di Vibo l’1 aprile successivo.
La sentenza ha visto ridurre, come detto, le pene inflitte in primo grado ai tre imputati. Nicola Bonavota, ritenuto uno dei mandanti del fatto di fuoco, passa dalla condanna di 30 anni in primo grado alla quella di 18 anni e 6 mesi. Otto anni di reclusione – a fronte dei 30 anni del precedente giudizio – quelli comminati in Appello al neo collaboratore di giustizia Francesco Fortuna di Sant’Onofrio – che proprio in virtù di tale scelta ha beneficiato di un sensibile sconto di pena – mentre sono 2 gli anni inflitti ad Andrea Mantella, anch’egli collaboratore di giustizia.
Il delitto dell’allora 34enne aveva di fatto suggellato l’alleanza tra il clan Bonavota di Sant’Onofrio e il gruppo di Mantella, che avrebbe finito con commettere, almeno secondo le varie indagini, almeno altri due omicidi l’anno successivo.

L’edizione del Quotidiano del Sud dell’epoca sul ferimento di Belsito, poi morto l’1 aprile 2004

LA CAUSALE DELL’OMICIDIO DI BELSITO

Secondo quanto emerso prima dalle indagini e poi dal dibattimento, l’omicidio di Domenico Belsito sarebbe maturato per dinamiche interne ai clan Bonavota per meglio definire la spartizione dei territori di competenza ma anche per una presunta relazione sentimentale intrattenuta dalla vittima con la moglie di uno esponente della cosca e per questo non gradita ai vertici dei Bonavota.
A sparare – secondo l’accusa – sarebbe stato Francesco Scrugli, a sua volta ucciso a Vibo Marina nel 2012 nell’ambito della faida tra la cosca Patania di Stefanaconi appoggiata dai Mancuso, e il gruppo dei piscopisani, supportato dai Tripodi di Vibo Marina.

LE RIVELAZIONI DEL PENTITO FORTUNA SULL’OMICIDIO

In relazione all’omicidio di Belsito, Fortuna rilevava in uno dei verbali rilasciati alla Dda che a deciderlo erano stati “i Bonavota” proprio a causa di quella relazione extraconiugale che “era notoria a tutto il gruppo ed agli stessi Bonavota” e infine che era “già in atto già a partire dal 2001”. Questa situazione era emersa già delle intercettazioni dell’inchiesta “Uova del Drago”.
Ma ad osteggiare quella relazione sarebbero stati anche Domenico e Bruno Cugliari, tuttavia, rileva ancora il pentito, l’eliminazione “non era comunque prioritaria in quanto in questa fase si trattava di un proposito astratto”. L’occasione propizia si presentò con l’avvento sulla scena criminale di Andrea Mantella “facendo leva sul favore che io con i Bonavota gli abbiamo fatto con la gambizzazione del cognato Antonio Franzè”.
Fortuna confermava quanto detto dall’altro pentito, l’ex boss Andrea Mantella, in ordine agli esecutori materiali: «A commetterlo sono stati Salvatore e Andrea Mantella insieme a Francesco Scrugli», aggiungendo che si trattò di uno scambio di favori tra il gruppo dell’ex boss scissionista di Vibo di Sant’Onofrio: «Tutto nasce da un favore che circa 15 giorni prima della commissione dell’omicidio Domenico Bonavota mi chiese di fare, ovvero una gambizzazione nei confronti del cognato di Andrea Mantella (Franzè) cosa che feci».

Adesso, come detto, per l’omicidio di Domenico Belsito è arrivata la sentenza di condanna per i tre imputati.

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