INDICE DEI CONTENUTI
- 1 L’ESAME DELL’AVVOCATO MICELI
- 2 LE DOMANDE DELL’AVVOCATO CIANFERONI AL PENTITO IANNELLO
- 3 L’ACCUSA ALLE FORZE DELL’ORDINE
- 4 LA FRASE CONTESTATA AL PENTITO IANNELLO SULL’OMICIDIO DI NICHOLAS GREEN E IL VERBALE DEL 1995
- 5 “NON HO ACCUSATO MIO FRATELLO DELL’OMICIDIO DI NICHOLAS GREEN”
- 6 L’USCITA DAL PROGRAMMA DI PROTEZIONE
Al processo “Maestrale-Carthago” il pentito Michele Iannello proclama nuovamente la propria innocenza sull’omicidio di Nicholas Green: “Non l’ho ucciso io”
VIBO VALENTIA – A pochi giorni dal 30esimo anniversario della morte del piccolo Nicholas Green, si è tornati a parlare di quel terribile episodio avvenuto lungo la Sa-Rc il 29 settembre 1994 con il ferimento del bambino poi spirato, l’1 ottobre successivo, a Messina, e a farlo, compulsato dalle domande degli avvocati Michelangelo Miceli e Luca Cianferoni, è stato al processo “Maestrale-Carthago”, il pentito Michele Iannello, condannato all’ergastolo per quel fatto commesso insieme a Francesco Mesiano – imputato in questo procedimento che si sta celebrando nell’aula bunker di Lamezia – al quale era stata inflitta una pena di 20 anni. Entrambi si sono sempre dichiarati innocenti. Mesiano tra l’altro ha fatto pubblicare sull’Ansa, proprio l’1 settembre scorso, una lettera nella quale ribadisce la propria estraneità al delitto.
L’ESAME DELL’AVVOCATO MICELI
È Miceli a rompere il ghiaccio sull’argomento chiedendo al pentito – assistito dall’avvocato Claudia Conidi – di confermare che lo stesso “più volte anche in altri processi ha dichiarato che né lei e né Franco Mesiano siete responsabili per l’uccisione del piccolo Nicholas Green”, con la risposta del teste affermativa: “Sì, lo confermo, è una cosa che mi porto da trent’anni”, aggiungendo di conoscere Mesiano in quanto faceva il panettiere all’epoca.
LE DOMANDE DELL’AVVOCATO CIANFERONI AL PENTITO IANNELLO
Ma è con il controesame di Cianferoni che si scende più nell’argomento. Il legale di Pasquale Pititto chiede al collaboratore se conosce Roberto Piccolo e questi risponde confermando la circostanza ma smentendo di aver avuto modo di parlare con lui sul fatto di essersi autoaccusato dell’omicidio: “No, non è così, ha risposto il teste spiegando la vicenda dal suo punto di vista: “Piccolo è venuto a casa mia e siccome la Polizia aveva messo microspie e i telefoni sotto controllo cosa è successo? Era tutto organizzato per incastrarmi”.
E spiega perché: “Secondo me, a questo punto, penso che Piccolo l’avesse mandato pure la Polizia. Lui è venuto e stavamo parlando, mi aveva chiesto che voleva la droga ma era una scusa poiché a me non è mai piaciuto spacciare stupefacenti. Nel frattempo suona il telefono, io rispondo ed era una donna sposata con la quale avevo una relazione. Mi dice che l’avevano chiamata i Carabinieri e che era stata da loro minacciata. Ci dicevano che doveva dire tutto, altrimenti veniva fuori tutta la storia e via dicendo, questa qui mi fa: “Guarda che a me i Carabinieri mi stanno stressando, digli che l’hai ucciso tu il bambino”. E io le ho risposto: “Ma come ti permetti?” e ho chiuso il telefono”.
L’ACCUSA ALLE FORZE DELL’ORDINE
Il pentito aggiunge che avrebbe detto a Piccolo, presente lì con lui, la frase: “Ma lo sai che mi ha chiamato al telefono e mi ha detto che il bambino l’ho ucciso io?”. E qui l’accusa del collaboratore punta verso le forze dell’ordine: “Loro allora cosa hanno fatto? Hanno intercettato la cosa e l’hanno modificata come hanno voluto, e mi hanno condannato all’ergastolo da innocente. L’hanno falsificata, non so che cosa hanno fatto, perché questa frase che io l’ho ucciso non l’ho mai detta. Stavo riferendo a lui che a quella donna le avevano detto che l’avevo ucciso io, che si era messa d’accordo con il Maresciallo di Mileto. E lei mi diceva di dirlo e ho aggiunto (a Piccolo, ndr): “Sai cosa mi ha detto? Che l’ho ucciso io””.
Per Iannello però nell’intercettazione vi è solo una parte del discorso che a suo giudizio cambia il contesto: “Se legge alcuni estratti, dice: “L’ho ucciso io, l’ho ucciso io”, ma se si legge tutta la frase e il contesto io non ho detto a Piccolo che il bambino l’avevo ucciso. Ma stiamo scherzando?”.
LA FRASE CONTESTATA AL PENTITO IANNELLO SULL’OMICIDIO DI NICHOLAS GREEN E IL VERBALE DEL 1995
Cianferoni però incalza e contesta tale frase facendo riferimento anche ad un verbale di interrogatorio del pentito del 5 gennaio 1995 in cui gli era stata fatta sentire una registrazione dove affermava: “Io con questo l’ho ammazzato davvero” e dichiarava sul punto che “Effettivamente la frase che ho appena ascoltato ha il significato che mi è stato contestato, tuttavia non so spiegare che cosa stavo dicendo”. Discrasie che il legale evidenzia al Tribunale provocando la reazione del teste che nega di aver pronunciato quella frase sul delitto: “Mi fa sentire una frase, no? Che nella cassetta si legge così. Se io non le ho dette quelle cose, è normale che gli dico che ne so io, questa cosa io non l’ho mai detta, non so perché si legge così”.
A supporto del collaboratore interviene il suo legale, l’avvocato Conidi: “Capisco che ognuno fa il proprio lavoro e l’avvocato Cianferoni debba mettere in dubbio la credibilità di Iannello. Da parte mia dico al Tribunale che si parla di un verbale reso prima della celebrazione di un procedimento oggi definitivo, nel cui primo grado Iannello fu assolto. Per cui c’è una frase del dottore Vecchio, che è attualmente in pensione, dove dice: “Non si può condannare Iannello sulla pertinenza di un’isola logica”, proprio facendo riferimento a quello di cui oggi ha detto il signor Iannello. Poi in secondo grado c’è stato l’ergastolo, però le dichiarazioni di Iannello sono sempre state coerenti ed ha ribadito anche in primo grado quello che oggi ha detto. Quindi, se la contestazione della difesa c’è, pertiene ad un interrogatorio reso in fase precedente alle indagini preliminari, però poi chiarito in fase di dibattimento”.
“NON HO ACCUSATO MIO FRATELLO DELL’OMICIDIO DI NICHOLAS GREEN”
Andando oltre, l’avvocato Cianferoni chiede al teste se poteva “dire se aveva accusato suo fratello Giuseppe come uno dei responsabili di tale reato?” e anche in questo caso la risposta è negativa: No, non l’ho accusato, pensavo fosse stato lui, ma non è che l’ho visto”, il legale domanda quale possa essere a giudizio del teste il motivo dell’uccisione del bambino americano e in caso chi fosse l’obiettivo quel giorno e quest’ultimo replica: “Se sono innocente e all’oscuro di tutto, come faccio a sapere perché è morto? Io ho preso l’ergastolo da innocente, non c’entro nulla”. “Lei non ha saputo niente di Nicholas Green?”, chiede ancora Cianferoni al pentito; “No, cioè so come dicono loro, dicono che c’era un gioielliere che dovevano fare questa rapina, ma l’hanno costruito loro questo, io non lo so. L’ha costruita la Procura questa cosa qui”, la risposta conclusiva.
L’USCITA DAL PROGRAMMA DI PROTEZIONE
Ultima questione ha riguardato la circostanza, fatta emergere da Cianferoni, della fuoriuscita di Iannello dal programma di protezione: “So che non me l’hanno rinnovato”, ha detto in prima battuta per aggiungere: “Non ho letto il provvedimento perché nessuno mi ha mai comunicato qualcosa, nessuna carta. Come faccio a dirle qualcosa se non l’ho avuto?”.
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