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La rivelazione del pentito Arena sull’incontro in Tribunale col sodale Pardea imputato nel processo “Goodfellas”: “Era l’epoca della faida coi “Cassarola” e lui mi disse di stare calmo perché a breve sarebbe uscito di carcere; gli agenti della penitenziaria erano lì vicino e può darsi abbiano ascoltato”


VIBO VALENTIA – La circostanza, che chiama in causa agenti della penitenziaria, è stata riferita dal pentito vibonese Bartolomeo Arena nel corso del processo, in fase di dibattimento al tribunale di Vibo, avente ad oggetto una serie di estorsioni aggravate dalle modalità mafiose ai danni di imprese impegnate nella costruzione del nuovo ospedale e nella raccolta dei rifiuti ad opera delle cosiddette giovani leve del crimine.

L’INCONTRO NEI BAGNI DEL TRIBUNALE CON PARDEA CON ACCANTO GLI AGENTI DELLA PENITENZIARIA

Arena, anch’egli imputato nel procedimento penale, in sede di controesame ha parlato di un incontro avuto con Francesco Antonio Pardea all’epoca in cui, era il 2018, si trovava detenuto e sotto processo per “Goodfellas”, in corte d’Appello a Catanzaro, ma con la possibilità di uscire di lì a poco. Ebbene, il pentito ha spiegato di essere riuscito ad avvicinarlo durante uno dei processi in cui questi era imputato e che il colloquio avvenne a poca distanza dagli agenti della penitenziaria di Catanzaro.

Colloquio che avrebbe avuto questo tenore: “Ricordo che mi fece gli auguri perché aveva saputo del mio rimpiazzo e aggiunse di stare calmo, che stava per uscire, perché già all’epoca c’era quella contrapposizione con il gruppo dei Pugliese–Cassarola. E gli agenti erano lì – conferma rispondendo ad una domanda del legale Diego Brancia – ma non so se le ascoltavano, non è che ci siamo messi a gridare. C’era pure la Polizia penitenziaria, mica Pardea poteva essere libero, però queste cose le fanno, ovviamente, no. Cioè, c’è un poco di tolleranza”; “Cioè – incalza l’avvocato – la penitenziaria fa queste cose?”; la risposta di Arena: “Vabbè, è questo, la risposta è sì, erano lì e può darsi pure che abbiano sentito, sì. Quel giorno c’eravamo io, Domenico Camillò (cl.’41), il padre di Pardea e il fratello. Ora non ricordo se siamo stati dentro, sicuramente alla lettura della sentenza eravamo lì”.

IL MESSAGGIO DI PARDEA PER FAR RIMPIAZZARE IL CUGINO

Un’altra situazione analoga si sarebbe svolta nel tribunale di Vibo. In quella circostanza, ha riferito ancora il pentito, Pardea “aveva espresso a mio zio Mimmo in modo più che altro criptico la sua volontà che si procedesse al rimpiazzo di suo cugino Rosario Pardea, il figlio di suo zio Pino, fratello di suo padre. In quella circostanza questo fu più che altro e ciò sempre in presenza della penitenziaria”. Ma per il teste-imputato “non c’è da scandalizzarsi in quanto con la penitenziaria sono successe cose molto più serie, cioè, queste erano bazzecole in confronto a quello che davvero davanti alla penitenziaria si può dire e si può fare. E a proposito di penitenziaria – ha concluso Arena – c’erano alcuni soggetti, per esempio, in carcere che al fratello Pardea riuscivano a farsi aprire la porta della stanza dei colloqui per andarli a salutare. Questo è un fatto serio”.

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