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Cesare Pasqua, ex dirigente dell'Asp e imputato al processo

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L’ex dirigente dell’Asp Cesare Pasqua nelle parole del pentito Bartolomeo Arena che riferisce anche del “suo legame col clan Mancuso che lo ha sempre appoggiato alle elezioni”, ma senza fornire elementi circostanziali. L’imputato, intanto, assolto dall’abuso d’ufficio per la depenalizzazione del reato


VIBO VALENTIA – La figura di Cesare Pasqua, imputato nel processo Maestrale-Carthago per concorso esterno in associazione mafiosa, è stata al centro dell’esame del pentito Bartolomeo Arena che la inquadra “come soggetto vicino ai Mancuso di Limbadi che lo appoggiava in occasione delle elezioni”.

Sull’imputato – assolto proprio oggi dall’accusa di abuso di ufficio in relazione alla vicenda dell’assunzione della nuora dopo la depenalizzazione del reato – Arena riferisce essere stato un dirigente dell’Asp, impegnato in politica, “legatissimo a Pantaleone Mancuso alias “Vetrinetta”, e proprio per questo era intoccabile. Un laureato col camice che si comporta da ‘ndranghetista e in politica veniva appoggiato sempre dal clan Mancuso quando si presentava lui o qualcuno della famiglia alle elezioni”, commenta il pentito.

Il PENTITO ARENA: “I PASQUA PROTETTI DAL CLAN MANCUSO E PER QUESTO INTOCCABILI “

E i Pasqua sarebbero stati intoccabili, a giudizio del pentito, per un motivo preciso, esposto in aula: “In alcuni momenti avrei voluto toccare sia lui che il figlio ma i Lo Bianco, da Enzo Barba che Totò Mazzeo mi fermarono sempre perché altrimenti, dicevano, ci saremmo dovuti scannare coi Mancuso”. Il motivo risalirebbe addirittura agli anni ’90 quando “il gruppo di Giuseppe Mancuso, figlio di “Vetrinetta”, iniziò a scontrarsi col mio per questioni di traffico di droga. E a sorvegliarmi chi mi mandarono? Il figlio di Cesare Pasqua che mi pare si chiami Vincenzo”. In un’altra occasione il collaboratore avrebbe voluto colpire l’ex dirigente Asp, quando i Mancuso persero potere su Vibo, ma in quell’occasione “fu mio nonno Domenico Camillò a farmi recedere perché diceva che si metteva a disposizione”.

Arena commenta poi che l’imputato “aveva tanto potere e che faceva favori e per questo riceveva regalie da tutti”. E proprio sui presunti favori, il pentito racconta quella che ha interessato un suo cugino che “aveva aperto una sala giochi ma alcune cose non erano a norma. Pasqua gli disse che avrebbe dovuto mettersi in regola, ma gli si chiese di chiudere un occhio per sei mesi in modo tale da recuperare i soldi per poi vendere l’attività. Fu questo il favore che fece”.

Per quanto concerne le elezioni, il collaboratore, rispondendo alle domande del pm antimafia Andrea Buzzelli non ha saputo però fornire elementi circostanziali limitandosi solo a ribadire quanto riferito in precedenza.

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