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Sono 14 le condanne in appello per l’operazione Petrolmafie sul business dei carburanti, condannato anche il braccio destro di Luigi Mancuso
VIBO VALENTIA – È arrivata anche la sentenza d’appello del processo “Petrolmafie-Dedalo” contro le 21 persone che avevano sostenuto il rito abbreviato. Oggi la corte presieduta dal giudice Alessandro Bravin (a latere Maria Rosaria di Girolamo e Assunta Maiore) ha emesso il verdetto che consta di 14 condanne e 4 assoluzioni. Regge dunque anche in secondo grado il castello accusatorio imbastito dalla Dda di Catanzaro nei confronti della quasi totalità degli imputati nel processo istruito contro presunti illeciti perpetrati dalle cosche del Vibonese e loro sodali nel settore del commercio di idrocarburi. Le accuse, a vario titolo, sono associazione mafiosa, estorsione, intestazione fittizia di beni, riciclaggio, reimpiego di denaro di provenienza illecita, corruzione, evasione delle imposte e delle accise anche mediante emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, scambio elettorale politico-mafioso e turbata libertà degli incanti.
OPERAZIONE PETROLMAFIE, LE CONDANNE IN APPELLO
Queste le condanne riformate (tra parentesi la pena del primo grado) con la caduta delle varie aggravanti:
- Francesco Antonio Anello: 6 anni e 6mila euro (7 anni);
- Daniele Prestanicola: 6 anni e 6mila euro (7 anni);
- Giovanni Carvelli: 3 anni, 3 mesi e 20 giorni (3 anni e 4 mesi);
- Armando Carvelli: 3 anni 1 mese e 10 giorni (3 anni e 2 mesi);
- Angelo Ucchino: 3 anni 1 mese e 10 giorni (3 anni e 2 mesi);
- Salvatore Ucchino: 3 anni, 7 mesi e 20 giorni (3 anni e 8 mesi);
- Vincenzo Zera Falduto: 2 anni, 9 mesi e 20 giorni (2 anni e 10 mesi);
- Alessandro Tirendi: 6 anni, 7 mesi e 20 giorni (6 anni e 8 mesi);
- Salvatore Giorgio: 7 anni, 9 mesi e 20 giorni (7 anni e 10 mesi);
- Salvatore Rigillo: 7 anni, 1 mese e 3 giorni (7 anni e 10 mesi);
- Giuseppe Mercadante: 3 anni e 1 mese (4 anni e 2 mesi);
- Orazio Romeo: 3 anni e un mese (5 anni).
Pene confermate, poi, per Giuseppe Barbieri (6 anni e 6mila euro), Pasquale Gallone (6 anni e 6mila euro di multa). Assoluzioni confermate infine per Filippo Fiarè (assistito dagli avvocati Giuseppe Monteleone e Sergio Rotundo) e Gregorio Giofré, alle quali si sono aggiunte quelle di Antonio Ricci (2 anni e 6 mesi), Gerardo Caparrotta (4 anni).
La Corte ha poi condannato Anello, Barbieri, entrambi i Carvelli, Falduto, Gallone, Giorgio, Mercadante e Prestanicola alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla costituita parte civile Associazione antiracket e antiusura provincia di Vibo e al Comune di Vibo che liquida in 1.200 euro ciascuno oltre rimborsi di legge. Gli stessi sono stati condannati inoltre, insieme a Rigillo, Romeo, Tirendi e Angelo Ucchino alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla Provincia di Vibo liquidate in 1.200 euro. Stessa somma, infine, dovranno risarcire Anello, Barbieri, Gallone e Prestanicola a ciascuno dei seguenti enti e società: Cooper.Po.Ro. Edile di Rombiolo, Comuni di Limbadi e Sant’Onofrio.
L’inchiesta, il cui blitz scattò l’8 aprile 2021, aveva portato a smantellare un presunto consorzio tra organizzazioni criminali teso all’oligopolio nel settore carburanti. Il progetto di espansione commerciale avrebbe avuto tra i protagonisti i Mancuso di Limbadi – nelle figure, sempre secondo gli investigatori, di Luigi e Silvana Mancuso – che avrebbero avuto nelle società dei fratelli D’Amico, Giuseppe e Antonio, di Piscopio, il terminale operativo. Nel particolare il clan Mancuso attraverso questi ultimi avrebbero anche puntato al mercato kazako dei carburanti. Nelle scorse settimane i magistrati hanno depositato le motivazioni del primo grado dell’ordinario conclusosi con 35 condanne e 28 assoluzioni.
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