Il luogo dell'omicidio di Angelo Corigliano
2 minuti per la letturaMileto, omicidi Corigliano e Mesiano, sentenza confermata in appello: 21 anni a Giuseppe Corigliano, assolti Elia, Ventrice, Corso e Mesiano
VIBO VALENTIA – Sentenza d’appello confermata per gli imputati al processo scaturito dall’operazione “Miletos”, avente ad oggetto le uccisioni di Giuseppe Mesiano e di Angelo Corigliano, avvenuti a Mileto nell’estate del 2013, tra luglio e agosto, momenti culmine di una faida che avrebbe potuto deflagrare in modo ancor più violento.
La corte di Assise d’Appello di Catanzaro presieduta dal giudice Maria Gabriella Reillo (a latere Domenico Commodaro) ha infatti inflitto 21 anni di reclusione – in linea con quanto avevano deciso i giudici dell’Assise – a Giuseppe Corigliano, accogliendo in pieno la richiesta avanzata dal procuratore generale, Salvatore Di Maio, al termine della sua requisitoria, per l’uccisione dell’86enne Giuseppe Mesiano (17 luglio 2013). Assoluzioni confermate – aderenti alle richieste dell’accusa – invece per Francesco Mesiano, Vincenzo Corso, Gaetano Elia e Giuseppe Ventrice. Tra l’altro, a carico di Elia e Ventrice la sentenza è anche migliorativa in quanto per il reato di omicidio la formula adesso è stata “per non aver commesso il fatto”, mentre quella per il favoreggiamento è rimasta “perché il fatto non costituisce reato”.
IL BOTTA E RISPOSTA A COLPI DI OMICIDI, LE MORTI DI CORIGLIANO E MESIANO RICOSTRUITE IN APPELLO
L’uccisione di Mesiano fu seguita, appena un mese dopo, da quella di Angelo Antonio Corigliano. Questi insieme al padre sarebbe l’autore materiale dell’eliminazione del capo famiglia dei Mesiano. Nel primo pomeriggio del 19 agosto il 30enne stava percorrendo una delle vie di Mileto a bordo della sua Fiat Punto quando una pioggia di proiettili lo investì senza lasciargli scampo.
La causale del primo delitto sarebbe invece da ricondurre alla volontà dei Mesiano verso i Corigliano a farli pagare una tangente per la per la mancata vendita – nel loro market – del pane prodotto dal panificio “Mesiano”. Successivamente vi fu l’incendio del portone di casa dei Corigliano da parte di Francesco Mesiano e Rocco Iannello e ciò provocò la reazione dell’imputato che con il figlio uccise l’86enne. Accuse di favoreggiamento riguardavano Elia e Ventrice in ordine alla distruzione di un Dvr che potrebbe aver ripreso i killer di Mesiano.
Il collegio di difesa era costituito dagli avvocati Franco Iannello e Franco Muzzopappa (per Elia), Michelangelo Miceli e Francesco Calabrese (per Mesiano), Sergio Rotundo, con Miceli, (per Ventrice), Gianfranco Giunta e Salvatore Staiano (per Corso), Francesco Crupi (per Corigliano).
Il caso dell’omicidio di Corigliano è finito anche nell’indagine “Maestrale-Carthago” in cui sono presenti nuovi elementi di indagine – soprattutto fonti intercettive – e che vede accusato Massimiliano Varone “u cagnolu” che secondo l’accusa avrebbe avuto l’incarico di presidiare i luoghi prescelti per l’agguato. Nonché di “monitorare Corigliano” ucciso con numerosi colpi di pistola calibro 9×21 nella zona occipitale, in quella addominale e nell’area dorsale sinistra.
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