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Rinascita Scott: per Federici, Camillò e Suriano, “le nuove leve del crimine vibonese”, condanne a pene superiori rispetto a quelle richieste dalla Dda
LI hanno ribattezzati “le nuove leve del crimine vibonese”. Un trio protagonista di una delle stagioni più violente della storia della città. Luigi Federici, Domenico Camillò, alias Mangano, e Giuseppe Suriano vengono dipinti in questo modo dal Tribunale di Vibo nelle motivazioni della sentenza “Rinascita-Scott”. Nei loro confronti pene pesantissime, maggiori rispetto alle richieste avanzate dalla Dda: 25 anni di reclusione (a fronte dei 21 richiesti) per il primo, 26 anni (a fronte dei 23 richiesti) per il secondo, e 16 anni e mezzo (a fronte dei 13 e 6 mesi avanzati dall’accusa) per il terzo. Ed in effetti questa differenza si comprende bene dalle parole dei giudici. A sostegno delle attività tecniche investigative, il Tribunale ha fatto affidamento anche sulle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia Andrea Mantella ma soprattutto Bartolomeo Arena, che del gruppo dei Ranisi era componente, la cui attendibilità non è stata messa in dubbio.
LE ACCUSE
Ritenuti alle dirette dipendenze di Salvatore Morelli, alias l’Americano – che dopo l’uccisione di Francesco Scrugli e la carcerazione prima e il pentimento dopo di Andrea Mantella, era divenuto il vertice del gruppo criminale insieme a Domenico “Mommo” Macrì e Francesco Antonio Pardea – i tre erano accusati di essere partecipi dell’associazione con compiti esecutivi, adoperandosi nel compimento d’azioni delittuose, in primis agguati e attività estorsive o ritorsive, ed avendo nella loro disponibilità armi e munizioni, partecipando alle riunioni del sodalizio, veicolando i messaggi tra sodali e presidiando il controllo del territorio, fornendo apporto materiale e logistico per i fini della consorteria.
LA STAGIONE VIOLENTA
Il Tribunale non usa mezzi termini per definire Camillò, Federici e Suriano “protagonisti indiscussi di una delle stagioni più violente ed efferate dalla stagione criminale della città di Vibo Valentia. Ci si è – infatti – imbattuti nel pericoloso trio nel corso delle risse a Vibo Valentia e Pizzo. Nel primo caso quella innescata innanzi al pub Living nel corso della notte del 13 gennaio 2018, a seguito di uno screzio tra Michelangelo Barbieri (componente del rivale schieramento degli Accorinti) e Domenico Camillò, divenuta un pretesto per affermare con violenza la supremazia criminale dei “Pardea-Ranisi” sul territorio”.
Nel secondo caso l’episodio avvenuto la sera del 2 agosto 2017 in cui i tre imputati, “denotando una furia violenta, si scatenavano sui passanti, senza neppure un apparente pretesto nel corso della quale Federici si rendeva protagonista altresì del furto di un girocollo sottratto ad uno dei poveri malcapitati che intanto veniva percosso dal sodale Camillò, e imbracciando una mannaia sottratta in un locale commerciale, la usava per intimorire chi gli si trovava, anche solo per caso, innanzi”.
Altro episodio riportato in sentenza quello avvenuto il 27 e 28 settembre 2017, quando Federici e Camillò prendevano parte al botta e risposta delle azioni di fuoco commesse a distanza di poche ore nella città di Vibo per “affermare il predominio sul territorio nei confronti dei rivali “Cassarola”, e quello gravissimo nei confronti della famiglia Ionadi: “L’affronto di Roberto lonadi, reo di aver intrapreso frequentazioni invise al capo Domenico Macrì scatenava anche la rabbia dei giovani sodali che, dopo aver tentato di percuoterlo e senza riuscirci, ritornavano armati presso l’abitazione della famiglia esplodendo colpi di arma da fuoco diretti alle finestre”.
IL TENTATIVO DI SEQUESTRO DI PERSONA
Ma c’è anche un altro fatto inquietante che i tre avrebbero messo in atto, sventato solo grazie all’intervento delle forze dell’ordine, e che testimonia “la spregiudicatezza e violenza del trio”: l’estorsione ai danni al titolare di un noto locale del centro storico e il progetto di sequestrarlo: “Federici, Camillò e Suriano su mandato di Morelli, incendiavano la pedana del pub condividendo a pieno le direttive del capo e le ragioni della nuova pretesa estorsiva e come se non bastasse si registrava una conversazione, tra i primi due nella quale pianificavano, stavolta in autonomia, un tentativo di sequestro di persona da porre in essere nei confronti del titolare dell’attività, poi sventato dagli agenti di polizia”.
LE CONCLUSIONI
Per i giudici “l’allarmante carrellata di delitti fine non lascia spazio ad alcun dubbio quanto alla condotta di partecipazione all’associazione contestatagli. In ogni episodio, di volta in volta, ricostruito è stato possibile saggiare a pieno, da un lato, il ruolo di esecutori materiali rivestito dai giovani imputati, mai sottrattisi nel portare a termine le spregiudicate azioni delittuose all’occorrenza necessarie al gruppo di riferimento, dall’altro la assoluta condivisione delle scelte strategiche per la vita associativa – individuate ora da Macri, ora da Morelli ~ sul presupposto indiscutibile della compartecipazione agli scopi della consorteria di appartenenza”.
Per quanto concerne, poi, la posizione di Suriano, più sullo sfondo rispetto a Federici e Camillò, il Tribunale evidenzia che questi, per come riferito dal collaboratore Arena, era “a disposizione” di Camillò che lo incaricava per compiere determinate azioni delittuose, tra le quali “il posizionamento di cartucce presso la pizzeria Schiavello e il Filippo’s, nonché l’incendio di un’autovettura di una donna. Suriano, inoltre, unitamente a Camillò e Federici, sempre secondo le dichiarazioni di Arena, si era dedicato allo spaccio di cocaina per conto di Mommo Macrì, oltre ad occuparsi dello scasso dei distributori automatici installati all’interno dell’ospedale e di proprietà della società Bb Service, in relazione alla quale il collaboratore ha fornito ulteriori dettagli e spunti investigativi”.
Arena ha escluso che Suriano fosse un associato ma per i giudici, pur avendo questo rilievo ai fini della ricostruzione del “fatto” storicamente inteso, non lo ha “certamente ai fini della sua qualificazione giuridica del reato”.
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