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Gianluca Callipo

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Il processo sulle concessioni demaniali a Pizzo ha visto il coinvolgimento di Gianluca Callipo, ecco perché i giudici lo hanno assolto


PIZZO – “Quanto denunciato dalla parte offesa non ha trovato risconti univoci nelle dichiarazioni rese dai testi e nella documentazione acquisita, ai fini dell’affermazione dell’esistenza in primo luogo di un patto corruttivo tra l’ex sindaco Gianluca Callipo e Vincenzo Renda da cui di fatto sarebbero discese, quali reati conseguenti, le condotte di tentata concussione contestata all’amministratore locale del tempo – che secondo l’accusa avrebbe tentato di esercitare indebitamente pressioni su Russo per indurlo a traslare la sua concessione demaniale in un’altra zona o a rinunciare al suo sfruttamento – e di abuso di ufficio contestate agli imputati Nico Donato e Nicola Salvatore Vasta, dirigenti comunali, che sarebbero stati istigati dall’amministratore locale a non rispondere alle istanze avanzate dalla parte offesa, in particolare nei mesi di febbraio e marzo 2019, aventi ad oggetto il rilascio del permesso a costruire un lido balneare e l’ottenimento all’arretramento dell’area in concessione di taluni metri verso monte per ampliarne la superficie”.

È il passaggio centrale delle motivazioni della sentenza che ha mandati assolti l’ex sindaco di Pizzo, l’imprenditore edile e due dirigenti di palazzo San Giorgio nella vicenda denominata “Spiagge libere”. Callipo è stato difeso dall’avvocato Vincenzo Trungadi, Renda dall’avvocato Diego Brancia, Donato dall’avvocato Nicola D’Agostino e Vasta dall’avvocato Antonio Muscimarro.

Russo non poteva costruire. Il Tribunale, in appena 30 pagine, dà ampio spazio all’esame di Giovambattista De Pietra, geometra nominato da Russo ufficialmente nel 2018 che ha seguito, dal punto di vista tecnico, la pratica relativa al rilascio del permesso a costruire e il progetto di costruzione del lido già dal 2003, quando l’area era in concessione ad Antonio Callipo, precisando che questo non veniva autorizzato in assenza di un Piano spiaggia e che la concessione di Russo non possedeva i livelli minimi richiesti dalla legge e di certo non poteva essere sfruttata solo con la posa di sdraio, ombrelloni e parcheggi.

Il teste aggiungeva di aver redatto il progetto nel febbraio del 2019 e presentato in Comune, allo scopo di regolarizzare la concessione adeguandola ai requisiti minimi anche se la risposta all’istanza che sarebbe arrivata da parte degli uffici comunali solo due anni dopo e questo, secondo i giudici, non per una precisa volontà di Callipo ma per “una ingente mole di lavoro al Comune e la penuria di personale”.

Ad ogni modo, proprio per l’assenza di titoli e di un piano urbanistico ad hoc, Russo, secondo il Tribunale non poteva costruire il lido anche perché “sussisteva inoltre un interesse pubblico alla realizzazione di un lungomare proprio nella zona in cui insisteva la concessione dell’imprenditore”.

Callipo ha operato nel perimetro consentito. Per quanto concerne gli episodi risalenti al 2018, che secondo la parte offesa sarebbero espressione dell’ostracismo posto in essere dall’ex sindaco Callipo, i giudici spiegano che l’incontro tenutosi al bar Piccadilly nel maggio 2018 “non ha fornito alcun apporto probatorio in tale direzione, atteso che la testimonianza dell’assessore Anello avrebbe potuto far luce o meno su un’eventuale pressione di Callipo sui dirigenti comunali, ma il legittimo rifiuto del componente della Giunta a sottoporsi alle domande non ha consentito di approfondire tale aspetto”.

In ordine invece all’invio dei vigili nel giugno 2018 a bloccare l’attività di palificazione sull’area del Russo, viene rilevato che la stessa è stata “pacificamente chiarita nel senso che Callipo aveva ricevuto una segnalazione da una persona sull’attività che l’imprenditore stava ponendo in essere e l’ex primo cittadino, nell’esercizio delle sue funzioni, ha ritenuto di verificare se la palificazione fosse stata autorizzata o meno, con la conseguenza che l’operato di Callipo si è tradotto in un ordinario atto del suo ufficio, senza alcuna valenza in termini di recare danno a Russo”.

La condotta dell’ex sindaco ha, sì, potuto integrare “aspetti di inopportunità tutte le volte in cui, sconfinando dalla guida politica dell’ente, finiva per interessarsi personalmente delle pratiche di carattere tecnico, che erano di competenza degli uffici del Comune”, ma certamente tale modalità di gestione politica, “peraltro non infrequente nei piccoli Comuni della zona, non può essere, in assenza di altri indici sintomatici, espressione dell’esistenza di un patto corruttivo per favorire Renda”.

“Nessun vantaggio da Renda”. Dal processo non è inoltre emerso che l’ex primo cittadino abbia “ricevuto vantaggi dal Renda, né di natura economica (quali acquisto di materiale edile presso la società Callipo per la somma di 618.mila euro) né di natura personale (assunzione della cognata Colistra e di terzi a lui vicini presso le strutture ricettive turistiche collegate al Renda)” e al riguardo sottolinea che le fatturazioni degli acquisti della società Genco in favore della società Callipo si riferivano agli anni 2016/19, ovvero al periodo in cui la prima avrebbe dovuto iniziare la costruzione del Galla Resort ed inoltre che le trattative e gli acquisti sono avvenuti tra Carmela Genco (madre dell’imputato Renda) e Giacinto Callipo (fratello dell’imputato), che si occupava personalmente dell’attività di impresa, mentre il fratello Gianluca era detentore di una quota sociale, ma non ricopriva alcun ruolo gestorio all’interno della predetta società.

“È chiaro – spiega ancora il Collegio – che la circostanza della preesistenza di rapporti commerciali tra i parenti degli imputati Callipo e Renda, non risulta sufficiente ad individuare negli acquisti di materiale edile effettuati dalla società Genco presso la Callipo, un sintomo del patto illecito tra gli imputati”. E non è stata raggiunta neanche la prova che la cognata di Callipo fosse stata assunta dal Renda presso una struttura turistica a Briatico in cambio dell’ottenimento della concessone del Russo.

I due dirigenti. Per quanto concerne Donato, il Tribunale evidenzia che questi non era titolare del potere di provvedere ad evadere le istanze presentate da Russo e che non risulta alcuna istanza della parte offesa assegnata al suo Ufficio sia in veste di dirigente titolare temporaneo del settore Urbanistica sia in caso di sostituzione del Vasta nei giorni in cui lo stesso era assente.

Per Vasta, poi, sia dalle dichiarazioni di Callipo e del teste De Pietra, nonché dal contenuto delle intercettazioni di comunicazioni telefoniche tra il dirigente stesso e l’ex sindaco, appare “non sussistente la prova della volontà di non rispondere a Russo, soprattutto, perché ciò era impossibile per l’ingente mole di lavoro presente presso l’Ufficio Urbanistica del Comune, se si considera poi che Vasta non era dipendente a tempo pieno presso detto ente, bensì vi prestava servizio solo 12 ore settimanali suddivise in due giorni lavorativi”.

Vicenda Maden. Anche in questo caso non è stata raggiunta la prova dell’abuso d’ufficio contestati in concorso a Callipo e Vasta consistita nel procurare un ingiusto vantaggio patrimoniale a Dora Jutta Maden, amministratrice unica e legale rappresentante della società “Piccolo Grande Hotel srl” sita a Pizzo, consistente nel rilascio cli una concessione demaniale cli una porzione di spiaggia, in assenza di un provvedimento formale e senza ricorrere al modello tipico, attraverso una procedura amministrativa illegittima: “In realtà – scrivono i giudici – l’istruttoria dibattimentale ha smentito la ricostruzione soprattutto in termini fattuali della condotta contestata, considerato che i fatti si sono svolti diversamente, per come emerso dall’esame dell’imputato Callipo le cui dichiarazioni sono state pienamente confermate dalla produzione documentale acquisita al processo”.

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