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Niente conclusioni di parte civile nel filone omicidi di Rinascita-Scott e quindi niente risarcimenti danni per 7 comuni. Tra gli enti in questione Nicotera e Limbadi, feudo dei Mancuso, e anche la Provincia
VIBO VALENTIA – Parafrasando una frase resa celebre da un noto reality show per commentare quanto avvenuto, quella che calza a pennello per l’occasione è la seguente: “Per voi il processo “Rinascita-Scott” finisce qui”. E i destinatari di tale affermazione non sono persone imputate bensì, cosa ancora più grave, enti locali che miravano ad avere un risarcimento come parte civile nel maggiore procedimento penale contro le cosche di ’ndrangheta del Vibonese. E adesso la domanda che ci si dovrebbe porre è la seguente: Come è stato possibile tutto ciò?
Tra l’altro la vicenda assume dei contorni ancora più clamorosi se si pensa che a restare fuori dal risarcimento del danno sono i due Comuni i cui territori sono il feudo del più temuto clan della provincia e di uno dei più influenti a livello nazionale e oltre, i Mancuso. Infatti, nel dispositivo della sentenza emessa nei giorni scorsi nel filone degli omicidi (con 8 condanne, tre delle quali all’ergastolo, e tre assoluzioni) il presidente della corte d’Assise di Catanzaro, Massimo Forciniti, non sono riportati i nomi degli enti locali di Limbadi e Nicotera.
Allo stesso tempo non figuravano neanche quelli San Gregorio, Filandari, Pizzo, Filogaso, Zungri e della Provincia di Vibo. Otto in tutto. Tra l’altro aspetto altamente indicativo, sempre i giudici catanzaresi hanno ordinato la pubblicazione della sentenza di condanna, mediante affissione, all’albo dei Comuni proprio di Filandari e Zungri, nonché di Vallelonga, Sant’Onofrio, Catanzaro e Roma, nonché per estratto sul sito internet del Ministero della Giustizia.
RINASCITA SCOTT, A CHI VANNO I RISARCIMENTI DANNI
Ad essere riconosciuti del danno cagionato – da liquidarsi in separato giudizio – nonché della refusione delle spese di giudizio, sono stati invece i Comuni ed altri enti rappresentati dagli avvocati Domenico Talotta (Tropea, Ricadi, Mileto, San Costantino, Ionadi, Cessaniti, Maierato e l’Asp), Maria Antonietta La Monica (Sant’Onofrio) e Maristella Paolì (Vibo Valentia) oltre alle associazioni antimafia e antiracket rappresentate dagli avvocati Michele Rausei, Matteo Timperi e Michele Rando.
Ma perché si è giunti ad un simile epilogo? In buona sostanza tutto scaturisce dal fatto che nessuno degli Enti non menzionati in sentenza (che miravano ad avere un risarcimento e che soprattutto prendevano formalmente posizione contro la ’ndrangheta nel procedimento) che si sono costituiti parte civile nel procedimento “genetico” (vale a dire l’originario che in principio prevedeva in fase di udienza preliminare la presenza di tutti gli indagati), ha concluso la discussione in questo troncone e quindi per questo motivo nessuno di questi è figurato in sentenza come parte civile avente diritto al risarcimento; in più, per come si evince anche dai verbali, nessuno o quasi dei legali che rappresentava tali comuni ha presenziato alle numerose udienze dibattimentali.
UN DANNO NON SOLO GIURIDICO MA ANCHE DI IMMAGINE
Il dato, oltre che essere di natura tecnico-procedurale, è anche di immagine per quei sindaci che avevano dato incarico ai legali, con parcelle anche rilevanti ( “Soldi dei contribuenti” come direbbero negli Usa), per poi veder sfumare ogni possibilità di ottenere un risarcimento nei confronti di quei clan che hanno oppresso il territorio e la comunità che lo vive E per il principio dell’immanenza una esclusione in primo grado comporta l’impossibilità di presentare una nuova richiesta in Appello. Il principio dell’immanenza afferma che se non si presentano conclusioni in Appello e/o in Cassazione, valgono comunque quelle esposte in primo grado ma se, come in questo caso, tale circostanza non si verifica, allora non si può più fare nulla.
Ecco perché per quei sette Comuni (in uno di questi, Nicotera, è presente da qualche settimana la commissione di accesso agli atti per verificare eventuali condizionamenti mafiosi) più la Provincia quel filone processuale di Rinascita-Scott finisce qui. E a questo punto le domande da porsi sono più d’una, tanto tecniche quanto politiche visto che tale esito metterà e non poco in imbarazzo i sindaci di quei sette Comuni più la Provincia in quella che è stata la più grande operazione antimafia di sempre nel Vibonese e in Calabria, una delle maggiori in Italia, e con un significato che va oltre il profilo giudiziario.
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