L'interno del nuovo Tribunale di Vibo Valentia
2 minuti per la letturaUn maxi sequestro da oltre 3,2 milioni di euro e due persone indagate per i lavori di realizzazione del nuovo Tribunale di Vibo Valentia
VIBO VALENTIA – Era il 12 maggio del 2020 quando il procuratore Camillo Falvo annunciava, in una intervista esclusiva al Quotidiano del Sud, l’apertura di una inchiesta sui lavori per la realizzazione del tribunale nuovo di via Lacquari.
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Oggi quell’inchiesta è arrivata ad un punto di svolta. Il Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Vibo Valentia ha infatti eseguito ieri mattina un decreto di sequestro preventivo per equivalente per oltre 3,2 milioni emesso dal Tribunale di Vibo Valentia, nei confronti di una società e di una persona fisica.
Le indagini, coordinate dal Procuratore Falvo e da un sostituto, sono state mirate a verificare la correttezza delle procedure di realizzazione dei lavori concernenti, in particolare, il terzo lotto del nuovo palazzo di giustizia di Vibo Valentia (il progetto esecutivo risulta di importo complessivo di 11 milioni di euro), opera strategica per il territorio vibonese.
NUOVO TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA, DUE INDAGATI, ECCO CHI SONO
All’esito degli articolati accertamenti, sono stati indagati due soggetti, Umberto Memoli classe 1964 di Napoli e Pasquale Lagadari classe 1972 di Rombiolo, per il delitto di truffa in danno dello Stato o di altro ente pubblico, commesso mediante la corresponsione non dovuta degli importi riferibili ai lavori non eseguiti e/o eseguiti in difformità al progetto, inducendo in errore I’amministrazione appaltante e procurandosi un ingiusto profitto consistito nell’incameramento dell’importo complessivo di euro 3.246.430,74. Si tratta nello specifico del direttore generale dell’impresa e del direttore dei lavori.
In particolare, secondo le investigazioni, gli indagati avrebbero attestato falsamente, nelle certificazioni e schede tecniche relative al contratto d’appalto, la fornitura di beni che per natura, qualità e quantità si rivelavano in concreto diversi. Inoltre avrebbero eseguito lavori che avevano una maggiore incidenza di manodopera e che richiedevano una bassa fornitura di materiale avente costo maggiore, senza il completamento di aree parziali in modo da renderle usufruibili per l’appaltante. E infine avrebbero contabilizzato lavori non eseguiti per una differenza, incamerata illegittimamente pari a 350mila euro.
Accogliendo in toto le ipotesi investigative, il gip di Vibo, su richiesta della Procura della Repubblica, ha emesso quindi un decreto di sequestro preventivo, anche nella forma per equivalente, della somma di denaro pari all’importo dell’appalto.
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