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SI è concluso dinanzi al Tribunale di Asti, il processo “Carminius”, scaturito da un’operazione eseguita dalla Dda di Torino nel marzo del 2019. Tra gli imputati coinvolti, anche Francesco Santaguida, di Sant’Onofrio, allora arrestato per associazione mafiosa con il ruolo di aver affiancato i vertici del clan Arone, nella locale di Carmagnola-Torino, oltre che per cinque episodi di truffa aggravata dalle finalità mafiose.
Santaguida, difeso dagli avvocati Luca Cianferoni del Foro di Roma (con la collaborazione dell’avvocato Mara Campagnolo) e Francesco Calabrese del Foro di Reggio Calabria (con la collaborazione dell’avvocato Giovanni Laganà) è stato assolto dall’accusa di 416bis ed in relazione a quattro delle cinque truffe contestategli. Oltre a lui, sono numerosi i vibonesi imputati nel procedimento penale. In tutto erano 29 le persone finite a processo, di cui 13 accusate di associazione mafiosa.
‘Ndrangheta in Piemonte, le condanne e le assoluzioni
I vibonesi sono Antonio Arone (assolto); Francesco Arone (18 anni e 6 mesi); Raffaele Arone (15 anni e 6 mesi), Salvatore Arone (17 anni e 9 mesi), Rocco Costa (assolto); Antonino De Fina (14 anni); Nazareno Fratea (14 anni); Francesco Santaguida (1 anno e 9 mesi); Nicola De Fina (assolto); Domenico Cichello detto Salvatore (2 anni e 6 mesi).
Questi, invece, gli altri imputati: Antonino Buono (assolto); Mario Burlò (7 anni); Enza Colavito (4 anni e 6 mesi), Ivan Corvino (8 anni), Carmelo Costa (assolto); Carlo De Bellis (8 anni e 6 mesi); Francesco Franzè (assolto); Daniele Interrante (1 anno e 9 mesi), Alessandro Longo (assolto); Andrea Perri (assolto); Angiolino Petullà (14 anni e 9 mesi); Antonio Pilutzu (8 anni); Antonio Pizzonia (assolto); Francesco Pugliese (assolto); Marco Podda (2 anni); Roberto Rampulla (assolto); Antonio Saraco (assolto); Umberto Ventrice (assolto).
Condanna anche per Roberto Rosso (5 anni), ex assessore regionale del Piemonte, accusato di avere chiesto appoggio elettorale, pagando 7.800 euro a due presunti boss, Onofrio Garcea e Francesco Viterbo, già condannati in primo grado. L’accusa è quella di voto di scambio politico mafioso.
L’origine dell’operazione Carminius
Il blitz della Guardia di Finanza e del ros dei carabinieri scattò in Piemonte il 18 marzo del 2019: Gli investigatori avevano ricostruito, in particolare, un controllo capillare su un territorio che dal Comune di Carmagnola (Torino) si estende anche altrove.
Dalle indagini è emersa anche l’esistenza di un sodalizio “allargato”, composto da cosche della ‘ndrangheta – in particolare un ramo dei Bonavota di Sant’Onofrio – operative fra la bassa provincia di Torino e l’alto Cuneese che avevano stretto un patto di alleanza con uomini di Cosa nostra siciliana, attivi a Carmagnola. Obiettivo dell’operazione sarebbe stato anche il sequestro di immobili, società (finanziarie, immobiliari, concessionarie di auto, imprese edili), conti correnti e cassette di sicurezza per un valore complessivo per oltre 45 milioni di euro.
Nell’ordinanza si metteva inoltre in risalto come nel popoloso centro dell’Astigiano fossero state importate alcune tradizioni calabresi, su tutte l’Affruntata.
Era stato in particolare il pentito Andrea Mantella – che coi Bonavota era legato a doppio filo – a parlarne: «A Carmagnola come in Calabria: si facevano le stesse cose; la famiglia Arone e il clan Bonavota di Sant’Onofrio sono la stessa cosa: stessa fazione, stessa potenza. E guarda caso in questo paese ci sono tradizioni della Calabria, compresa la tradizionale “Affruntata”. E questo perché «i Bonavota sono a Carmagnola e quindi si fa, i Bonavota sono a Toronto e si fa. Guarda caso».
Sempre secondo il collaboratore, a Carmagnola il «capo» è Salvatore Arone, che «rappresenta i Bonavota» e che negli ambienti «è rispettato come un santo o un padre Pio».
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