L'auto sulla quale viaggiava Matteo Vinci
2 minuti per la letturaVIBO VALENTIA – Sono arrivate e sono pesanti le richieste del pm della Dda, Andrea Mancuso, nei confronti degli imputati al processo in abbreviato, a Catanzaro, che prende spunto dall’autobomba che il 9 aprile del 2018 uccise a Limbadi, Matteo Vinci, e che vede anche la contestazione di reati in materia di droga.
La pubblica accusa ha quindi chiesto l’ergastolo a carico di Filippo De Marco, 43 anni, di Soriano, e Antonio Criniti, 32 anni, anch’egli di Soriano, ritenuti gli esecutori materiali del delitto che lasciò gravemente ferito anche il padre del biologo 43enne. La pena di 20 anni di carcere è stata chiesta per Vito Barbara, 32 anni, di Serra San Bruno, genero di Rosaria Mancuso, a sua volta sorella dei presunti boss Giuseppe, Francesco, Pantaleone e Diego Mancuso.
Otto anni di reclusione invocati poi per Domenico Bertucci, 29 anni, di Serra San Bruno; 9 anni e 2 mesi per Pantaleone Mancuso, 59 anni, di Caroni di Limbadi e 7 anni e 8 mesi per Alessandro Mancuso, 24 anni, anch’egli residente nella frazione del piccolo comune del Vibonese (entrambi non hanno legami di parentela con esponenti del clan di Limbadi). Parti civili al processo i familiari di Matteo Vinci: il padre Francesco e la madre Sara Scarpulla.
L’udienza è stata aggiornata al prossimo 4 maggio, data in cui inizieranno le arringhe degli avvocati Giuseppe Orecchio, Vincenzo Cicino, Francesco Schimio, Pamela Tassone, Giovanni Vecchio, Domenico Rosso, Luca Cianferoni e Fabrizio Costarella.
L’indagine, denominata “Demetra 2” prese spunto dalla precedente inchiesta sull’omicidio di Matteo Vinci finendo col portare alla luce una presunta attività di traffico e spaccio di droga in capo ad una parte degli imputati.
Andando nello specifico delle contestazioni mosse dal pm Mancuso, Criniti e De Marco devono rispondere di omicidio tentato e consumato, aggravato dalle modalità mafiose, futili motivi e premeditazione, per mezzo dell’esplosione della bomba sulla quale viaggiavano i due Vinci. Sempre la contestazione vede i due aver agito in concorso materiale morale con Vito Barbara e Rosaria Mancuso che vengono ritenuti i mandanti dell’attentato.
La causale del delitto risiederebbe, a giudizio degli investigatori, nella necessità da parte dei due presunti esecutori materiali, di saldare un debito di droga, e per questo avrebbero accettato di fabbricare l’ordigno e collocarlo sotto l’auto dei Vinci. Accusa che, tuttavia, unitamente a quella dell’estorsione e della detenzione di armi, era a suo tempo stata annullata dal Riesame. Associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico è invece la contestazione mossa nei confronti dei due Mancuso, i quali, in concorso con Barbara, Criniti, De Marco e Domenico Bertucci, vengono ritenuti responsabili di essersi associati per avviare un’attività di coltivazione, trasporto, spaccio e cessione di sostanze stupefacenti quali cocaina, marijuana e hashish. Un presunto traffico che avrebbe anche portato all’acquisto di ben 10 chili di droga.
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