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Il tribunale di Vibo Valentia

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VIBO VALENTIA – I fatti contestati risalgono addirittura al 2004, e non sono bastati 17 anni per arrivare a conclusione definitiva dell’iter giudiziario. Solo ieri si è avuto il verdetto di primo grado, con una manciata di anni in anticipo sulla prescrizione. Verdetto che vede uscire assolti tutti gli imputati, per come tra l’altro chiesto direttamente dalla pubblica accusa.

È, questo denominato “Sister Mary”, uno dei più travagliati procedimenti penali che il tribunale di Vibo abbia mai visto. Detto, infatti, dell’anno a cui risalivano le contestazioni, la richiesta di rinvio a giudizio era stata invece presentata dalla Procura di Vibo Valentia solo sei anni dopo, precisamente nel settembre 2011.

Nonostante questi ritardi il percorso giudiziario sembrava ormai essersi incardinato sui giusti binari ma ben presto si era capito che non sarebbe stato così: una volta dinanzi al gup, infatti, si sono registrati ben 13 rinvii di fila o per la mancata traduzione in aula di qualcuno degli imputati detenuti, oppure per difetti di notifica agli imputati ed ai loro difensori, o ancora per concomitanti impegni di qualche difensore.

Solo nel 2019 la fase dibattimentale ha potuto avere avvio ma anche in questo frangente non pochi sono stati i rinvii sempre per gli stessi motivi o per il cambio di Collegio giudicante che hanno portato a ricominciare l’istruttoria daccapo. Insomma episodi ben noti nel palazzo di giustizia di Vibo Valentia.

Ieri però si è concluso il primo atto del processo con la sentenza assolutoria pronunciata dal presidente Grillone (a latere Ricotti e Fortuna) nei confronti dei 13 imputati – accusati a vario titolo di concorso in spaccio e detenzione di cocaina e marijuana, con l’aggravante dell’ingente quantità – per i quali anche il pubblico ministero Maria Cecilia Rebecchi aveva chiesto analogo verdetto e così anche – ovviamente – le difese nelle persone degli avvocati Giuseppe Orecchio, Vincenzo Galeota, Antonietta Villella. Bernardo Ceravolo, Osvaldo Rocca e Leopoldo Marchese.

Imputati che sono Piero Sabatino, 40 anni, di Gerocarne, già condannato nel processo “Luce nei boschi” quale braccio-destro del boss delle Preserre, Bruno Emanuele; Bruno Sabatino, 42 anni, di Gerocarne; Domenico Monardo, 49 anni, di Gerocarne; Girolamo Macrì, 46 anni, di Soriano Calabro; Concetto Trovato, 47 anni, di Lamezia Terme; Daniela Voci, 44 anni, di Catanzaro; Cosimo Passalacqua, 47 anni, di Catanzaro; Lorenzo Idà, 40 anni, di Gerocarne; Francesco De Fina, 45 anni, di Sant’Onofrio; Carmelo Columbro, 60 anni, di Vibo Valentia.

L’indagine era stata condotta nel 2004 dai carabinieri della Compagnia di Serra San Bruno allora guidata dal capitano Orazio Ianniello e aveva portato alla luce una presunta attività illecita messa in atto dalle persone iscritte successivamente nel registro degli indagati. Secondo le risultanze investigative, lo spaccio sarebbe avvenuto in tempi diversi e con quantitativi variabili come specificato nell’informativa redatta dai militari dell’Arma.

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