Il pm Marisa Manzini
2 minuti per la letturaSALERNO – Un anno e tre mesi di reclusione. Questa la sentenza del Tribunale collegiale di Salerno nei confronti del boss Pantaleone Mancuso, alias “Scarpuni”, accusato, nel 2016, di aver rivolto delle frasi offensive e minacciose nei confronti del magistrato antimafia Marisa Manzini, attuale procuratore aggiunto di Cosenza, nel corso del processo “Black Money”, che si stava celebrando a Vibo Valentia. Frasi aggravante dalle modalità mafiose; aggravante però non riconosciuta in sentenza.
La condanna dell’esponente dell’ala armata del clan di Limbadi è avvenuto nella mattinata di ieri ed accoglie quasi integralmente le richieste avanzate dalla Procura della Repubblica della città campana (che ha competenza sui magistrati del distretto della Corte d’Appello di Catanzaro), nella persona del pm della Dda, Colamonici, che erano state di due anni.
La dottoressa Manzini si è costituita parte civile ed è rappresentata dall’avvocato Giovanna Fronte, presente ieri in dibattimento, e nelle passate udienze aveva annunciato la devoluzione del risarcimento dei danni e delle spese legali all’associazione dei familiari delle “Vittime del dovere”, a cui sono andati anche i proventi della vendita del libro scritto dallo stesso magistrato (dal titolo “Stai zitta ca parrasti assai”) che parla proprio della vicenda in questione: era il 10 ottobre 2016 quando Luni “Scarpuni” dal carcere tuonava contro Marisa Manzini: “Statti zitta ca parrasti assai, hai capito ca parrasti assai. Fammi parrari a mia”.
Per quelle parole il sostituto procuratore di Salerno, Vincenzo Senatore aveva, come detto, chiesto nelle scorse settimane il rinvio a giudizio dell’imputato, difeso dagli avvocati Francesco Calabrese e Piera Farina (rispettivamente dei Fori di Reggio Calabria e L’Aquila).
Più specificatamente, da quanto emerge nel capo d’imputazione, Mancuso, difeso dagli avvocati Francesco Sabatino e Francesco Calabrese, che aveva chiesto l’assoluzione per il proprio assistito, “nel prendere la parola offendeva il prestigio del pubblico ministero presente che era intervenuto per far rilevare al collegio che l’intervento dell’imputato non era attinente al procedimento in atto”. P
arole cariche di rabbia quelle del boss di Limbadi collegato in videoconferenza dal carcere dell’Aquila: “Fai silenzio, fai silenzio, fai silenzio ca parrasti assai. Hai capito ca parrasti assai… fai silenzio, fammi parrari a mia, fa’ silenzio”.
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