L'aula bunker dove si svolge il processo Rinascita Scott
2 minuti per la letturaNuove rivelazioni dalla deposizione nel processo Rinascita Scott del collaboratore di giustizia Bartolomeo Arena (SCOPRI TUTTE LE SUE RIVELAZIONI).
Anche la figura del penalista-imputato, Giancarlo Pittelli, viene menzionata da Bartolomeo Arena in quanto assunse, per il tramite di Bruno Barba, l’incarico a difendere Giuseppe Pugliese Carchedi e Michele Lo Bianco, alias “Formaggio”, accusati unitamente a Carmelo Lo Bianco, alias “Crapina”, dell’omicidio della zia del secondo,
Grazia Zaccaria, una “santa donna”, commenta il pentito.
Il delitto avvenne la sera del 28 settembre del 2001 e fece enorme sensazione tra l’opinione pubblica vibonese. Arena racconta che quella sera avrebbe dovuto esserci anche lui a quella cena con i tre imputati e solo per puro caso se la scansò: «Dovevo essere con Michele e Carmelo Lo Bianco e mio cugino Giuseppe Pugliese Carchedi a cena a casa di Enzo Barba dopo di che avremmo dovuto commettere un furto di tappeti persiani».
Ma quando il collaboratore riferì alla madre di doversi recare in quell’abitazione, quest’ultima «si arrabbiò moltissimo, fece delle scenate assurde, dicendomi: “Non ti basta il fatto di tuo padre?”, mi domandò gettandosi a terra fingendo di sentirsi male».
A quel punto “Vartòlo” diede buca e per lui fu un bene. Gli altri invece andarono: «Una volta terminata la cena – racconta Arena per aver appreso la circostanza – Michele Lo Bianco si mise a urinare davanti alla casa della zia, sita nelle vicinanze. Il marito, Salvatore, che non aveva con lui buoni rapporti, uscì e gli urlò: “Porco, tu qui a casa mia vieni ad urinare?”. La discussione che scaturì sfociò subito in aggressione e a pagare il prezzo con la vita fu proprio la donna – originaria di Piscopio – che, mettendosi in mezzo con l’intenzione di sedare la lite, fu ferita a morte da una coltellata sferrata dal nipote Michele».
Inevitabile il seguito, con i tre che si diedero latitanti per qualche giorno, il tempo necessario per consentire al clan di appartenenza di mettersi in azione: «Si andò inizialmente da un avvocato di Vibo – racconta ancora Arena – che finì con l’indicarci un suo collega molto importante di Catanzaro, Giancarlo Pittelli, che era solito trattare queste cause delicate, specificando al contempo, che tuttavia senza amicizia non avrebbe mai preso la difesa. Si trattava dell’avvocato Giancarlo Pittelli. Carmelo Lo Bianco, alias Piccinni, ci disse che bisognava parlare con Bruno Barba, defunto fratello di Enzo, in quanto l’unico capace di convincerlo, e così avvenne. Difese mio cugino e Carmelo “Crapina”, accusati di favoreggiamento. Ricordo che nelle fasi iniziali mandò in aula i suoi sostituti ma poi si impegnò personalmente. Alla fine per quell’omicidio fu condannato solo Michele Lo Bianco il quale però scontò solo pochi anni di carcere».
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