Andrea Mantella
3 minuti per la letturaSTA proseguendo il riconoscimento fotografico da parte di Andrea Mantella di personaggi imputati (e non) nel procedimento penale “Rinascita-Scott”. Oltre 400 fotografie sottoposte al collaboratore di giustizia che a sua volta procede non solo alla descrizione del soggetto ma anche alle presunte condotte illecite da questi commesse, per come appreso direttamente o da terze persone.
Come ad esempio Domenico la Bella, definita persona «di spessore della ’ndrangheta di Piscopio che apparteneva al gruppo di Ciccio Ammaculata (Francesco D’Angelo, ndr), autore dell’omicidio di Giuseppe Carnovale, alias “Pinu u Papa”»; ma anche l’ex consigliere regionale Pietro Giamborino, Pantaleone Mancuso alias l’ingegnere, e il figlio Emanuele Mancuso, i figli di Fortunato Patania; Giovannì Franzè, Pasquale Bonavota, Mario De Rito.
L’esame è poi virato sulla figura dei fratelli Giuseppe e Antonio D’Amico, titolari della Dmt Petroli, arrestati di recente nell’ambito dell’inchiesta “Petrolmafie”: «Erano sponsorizzati da tutte le famiglie di ’ndrangheta per la distribuzione di carburanti», ha esordito il collaboratore, specificando di conoscere Giuseppe fin «dall’infanzia» e di averlo «frequentato quando si recava nella sua azienda» oltre a parlare delle sue attività «con i Bonavota e i Lo Bianco. Tra il 2009 e il 2010 andai a pranzo dai fratelli D’Amico ai quali regalai due cavalli», ha riferito il pentito, specificando che «sapeva negli ambienti criminali che erano amici degli Alvaro, dei De Stefano, dei Tegano, e della fazione di Luigi Mancuso, in quest’ultimo caso per mezzo di Ciccio Ammaculata».
D’Amico che «facevano forniture sull’autostrada. Forniture di carburante – precisa Mantella – per le attrezzature impiegate per svolgere i lavori sulla A3».
Una autostrada lottizzata dai clan, ha commentato l’ex boss id Vibo, a seconda dei territorio di competenza delle famiglie come quelle dei Bonavota, Vallelunga, del gruppo degli Emanuele ecc ecc. E «la Dmt era funzionale all’arricchimento delle varie fazioni di ’ndrangheta».
Ricordando ancora di aver avuto «un’amicizia storica con Giuseppe D’Amico», Mantella ha raccontato che questi lo rifornisse «di carburante e mi aveva fatto il favore di assumere Salvatore Morelli presso la sua attività, il quale, pur non prestando servizio, veniva tuttavia pagato mensilmente con uno stipendio da 1000 euro».
E tutto il gruppo dell’ex boss si riforniva presso la stazione di servizio dei D’Amico senza «corrispondere nulla. Ma il mio non era l’unico a ricevere tali benefit in quanto erano estesi anche ad altri sodalizi mafiosi, come quello dei Bonavota per esempio».
Per Mantella Pino D’Amico era uno ’ndranghetista: «Aveva la dote della “Santa” e sicuramente gli è stata conferita tramite suo suocero anche se questo non lo so con precisione. E questo era un dato di comune conoscenza; era un imprenditore pulito a livello giudiziario ma legato alla alle consorterie del Vibonese e non solo. Ed era lui stesso a dirlo, tra l’altro lo vedevo recarsi anche a pranzo a casa di Domenico Cugliari, alias Micu i Mela, a Sant’Onofrio, esponente apicale dei Bonavota”».
E con la nuova Locale di ’ndrangheta dei piscopisani (quindi con i vari Rosario Battaglia, Rosario Fiorillo ed altri) Pino D’Amico «aveva dei rapporti cordiali. So che conoscono Giovanni e Pietro Giamborino con cui avevano amicizie strette e facevano affari insieme, anche se non so quali nello specifico. E questi ultimi erano a conoscenza del ruolo di D’Amico anche perché loro stessi erano ’ndranghetisti, poiché figli di Fiore Giamborino. Lo stesso ex consigliere regionale – sostiene Mantella – è un mafioso».
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