Il tribunale di Vibo Valentia
2 minuti per la letturaVIBO VALENTIA – C’è un nuovo collaboratore di giustizia nel territorio vibonese. È Walter Loielo, 26 anni, appartenente all’omonima famiglia di Gerocarne, figlio di Antonino Loielo, il cui corpo è stato fatto ritrovare nel novembre dello scorso anno e per il quale il giovane è indagato insieme al fratello Ivan.
D’altronde, della possibilità della presenza di un collaboratore di giustizia, il Quotidiano ne aveva parlato il 5 novembre del 2020, rilevando come il rinvenimento del corpo – in una zona impervia di montagna, nascosto tra la boscaglia – potesse essere avvenuta in virtù della presenza di una fonte investigativa molto vicina alla vittima.
Il giovane è anche nipote di Giuseppe e Vincenzo Loielo, ritenuti al vertice dell’omonimo gruppo e uccisi il 22 aprile del 2002 in un agguato da un commando guidato dal presunto boss delle preserre Bruno Emanuele.
La circostanza è emersa quest’oggi all’udienza per l’autobomba di Limbadi che il 9 aprile del 2018 uccise il biologo Matteo Vinci. A parlare del nuovo pentito il pm della Dda, Andrea Mancuso che ha annunciato l’escussione dello stesso nella prossima udienza. Antonino Loielo, padre del ragazzo, scampò ad un agguato la sera del 23 ottobre 2015 in località “Castania”, sempre all’Ariola. La strada era bagnata, resa viscida dalla pioggia che taglia una zona di campagna, come tante si trovano nella vasta area delle Preserre.
Un’auto la percorreva con a bordo cinque persone, tutte appartenenti ad un unico nucleo familiare. Ad un certo punto una figura spuntò dal ciglio, si udì un rumore sordo e il parabrezza andò in frantumi. Fu l’inferno. In tre vennero investiti dai pallini del fucile e dalle schegge di vetro. Il conducente, però, ebbe il sangue freddo di dare gas e allontanarsi tra le urla di terrore. Furono dei miracolati.
Antonino, il capofamiglia, Sofia, la compagna in dolce attesa al settimo mese, e i tre figli si trovavano a bordo di quell’auto e si erano messi in marcia verso Soriano. Poco dopo aver lasciato il piccolo borgo avvenne l’agguato in perfetto stile mafioso. L’allora 48enne, venne raggiunto al sopracciglio destro ed al torace, la compagna al braccio destro, mentre il figlio Alex, 22 anni, alla mandibola da un proiettile rimasto ritenuto. Miracolosamente illesi, invece, gli altri due figli minorenni.
Due settimane dopo un secondo agguato, ma questa volta contro i rampolli di famiglia: proprio Walter, Valerio e Rinaldo Loielo, fatti oggetto di colpi di kalashnikov. Valerio, 21 anni era alla guida ed era stato l’unico a rimanere illeso; Walter, 26 anni, e Rinaldo, 20 anni, erano stati, invece, attinti dai colpi. Il primo al volto e alla gola, il secondo alla spalla destra.
Agguati che rientravano nella faida, ma non, come detto, l’uccisione, secondo la procura di Vibo, di Antonino Loielo la cui scoperta del corpo – avvenuta in una zona montana impervia – a questo punto, può essere verosimilmente attribuita proprio al figlio, neo collaboratore di giustizia,
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