Il tribunale nuovo di Vibo Valentia
3 minuti per la letturaVIBO VALENTIA – SI sta avviando a conclusione, dopo ben 7 anni dall’apertura dell’istruttoria dibattimentale, il processo “Decollo Ter-Money” scaturito dall’unione di due inchieste aventi ad oggetto un narcotraffico internazionale con il Sud America e la scalata al Credito Sammarinese.
All’udienza di martedì scorso – per come riferito ieri nell’edizione cartacea – davanti al Tribunale collegiale presieduto dal giudice Tiziana Macrì, il pm della Dda, Annamaria Frustaci, al termine della sua lunga requisitoria, ha avanzato le richieste di pena nei confronti dei 27 imputati che hanno optato per il rito ordinario.
In tutto 209 anni di reclusione con pene variabili dai 3 ai 20 anni così suddivisi: Nestor Amazou (12 anni); Enrico Degar Ernesto Castillo (20 anni); Enrico Giovanni Catillo (19 anni); Gloria Adriana, Osorio Perez (20 anni); Maurizio Roa Vallarino (15 anni); Monica Serafini (10 anni); Sandro Leone Spadei Martinez (18 anni); Renato Marcel Spadei Martinez (18 anni), Sebastiano Signati (15 anni); Santiago Martinez Carmona (15 anni); Giuseppe Barbieri (4 anni); Giuseppe Ceravolo (5 anni); Maria Pia Barbieri (5 anni); Lucio amati (6 anni); Walter Vendemini (4 anni); Sandro Sapignoli (6 anni); Giorgio Galiano (6 anni); Luca Raffaello Bressi (3 anni), Salvatore Francesco Lubiana (4 anni); Domenico Lubiana (4 anni). Assoluzione richiesta infine per Luigi Passeri, Barbara Gabba (avv. Antonio Ingrosso), Domenico Macrì (avv. Aldo Casalinuovo), Massimiliano Sensi.
Prescrizione invece per per Giuseppe Mercuri (avv. Sergio Rotundo) in relazione all’unico capo di incolpazione e per Sandro Leon Spadi Martinez e Renato Marcel Spadei Martinez, in ordine a 4 contestazioni di traffico di droga.
Si tornerà in aula il 2 e il 18 marzo per le arringhe dei difensori e la sentenza.
Il processo nasce, come detto, dall’unione di due inchieste. A gennaio 2011 con l’operazione denominata “Decollo ter” gli inquirenti ipotizzavano l’esistenza di un traffico internazionale di cocaina tra Venezuela, Spagna, Colombia. Destinazione finale la Calabria. Una prosecuzione di una indagine nata qualche anno prima, nel 2004, che aveva già portato all’arresto e alla condanna di diversi narcotrafficanti.
Nel successivo mese di luglio, erano avvenuti gli arresti dell’inchiesta “Decollo Money” ad opera dei carabinieri del Ros coordinati dalla Procura antimafia di Catanzaro con l’ipotesi che esponenti ritenuti vicini al clan Mancuso di Limbadi avessero puntato ad acquistare il Credito sammarinese (che navigava finanziariamente in pessime acque) attraverso versamenti di denaro provenienti dal narcotraffico.
L’obiettivo finale, secondo la prospettazione accusatoria, era dunque quello di acquisire tutte le quote dell’istituto di credito con il riciclaggio dei proventi del narcotraffico con la conseguenza diretta che, con il passare degli anni, la banca sarebbe finito praticamente nelle mani della ‘ndrangheta vibonese. In particolar modo in quelle di persone ritenute vicine alla potente cosca dei Mancuso di Limbadi.
I recenti approfondimenti delle indagini sul fronte patrimoniale avevano consentito di ricostruire il presunto complesso circuito del riciclaggio e del reimpiego dei narcoproventi. Accertamenti che portarono gli inquirenti a recuperare 1,3 milioni, contenuti in una valigetta consegnata a Bologna al direttore del Credito e che rappresentavano la prima tranche dei 15 milioni che la ‘ndrangheta, secondo gli investigatori, avrebbe voluto riciclare e reinvestire.
Fondamentale per l’indagine era stata la collaborazione delle autorità della Repubblica di San Marino che il 7 luglio del 2011, pochi giorni prima degli arresti, avevano disposto il commissariamento dell’istituto di credito ed arrestato il direttore, estradato su richiesta della Dda di Catanzaro.
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