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Emanuele Mancuso

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VIBO VALENTIA – «La figlia di Emanuele Mancuso, lungi dall’essere ‘in mano alla ‘ndrangheta ed usata come merce di scambio‘, in realtà, dopo soli tre mesi dal ricorso del pm minorile, è stata tempestivamente collocata in una località protetta, individuata dal Nop (Nucleo operativo di protezione della Polizia di Stato) con provvedimento di questo tribunale del 31 maggio 2019, assunto prima dell’ammissione della bambina allo speciale programma di protezione per i congiunti dei collaboratori di giustizia, avvenuta solo in epoca successiva».

Questo l’incipit di una lettera di replica a firma del presidente del Tribunale per i minorenni di Catanzaro, Teresa Chiodo, alle recenti dichiarazioni del collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso secondo il quale la sua «bambina è in mano alla ‘ndrangheta» (LEGGI LA NOTIZIA).

«Contestualmente – continua il giudice Chiodo – la madre è stata autorizzata a seguire la minore in una località protetta, trattandosi ovviamente di una bimba di soli 11 mesi di età, priva della figura paterna essendo il padre, Emanuele Mancuso, detenuto da epoca anteriore alla sua nascita e tutt’oggi in regime di custodia cautelare».

Il Tribunale dei minori non è rimasto “inerte”, evidenzia, ma «ha adottato ben sei provvedimenti a tutela del minore».

Il magistrato ha aggiunto che non è quindi «dato comprendere in che modo la minore, che si trova da oltre un anno e mezzo al di fuori della Calabria in località protetta sconosciuta, possa essere ‘in mano alla ‘ndrangheta‘ né tantomeno è dato comprendere come una bambina di soli due anni possa essere in grado di ‘mantenere contatti con ambienti ‘ndranghetistici‘. Ove mai, per assurdo, ciò fosse possibile, la responsabile sarebbe ascrivibile unicamente all’ente affidatario, ovvero il Nop congiuntamente al Servizio sociale. Infatti, tocca da ultimo precisare – continua Teresa Chiodo – quanto al ‘discutibile decreto‘, che lo stesso è stato sostanzialmente confermato e non già ‘letteralmente disintegrato‘ o ‘ribaltato‘ dalla Corte di Appello la quale, con il citato decreto, confermato il disposto collocamento della minore unitamente alla madre, ha riformato le statuizioni di questo Tribunale con esclusivo riguardo alla disposta limitazione della responsabilità genitoriale a carico del Mancuso che è stata espressamente revocata, con conseguente ceduazione dell’affidamento della minore al Nop e al Servizio sociale».

Pertanto, a seguito della pronuncia della Corte, Emanuele Mancuso è stato «pienamente reintegrato nella potestà genitoriale – conclude il presidente del Tribunale per i minorenni – e conseguentemente lo stesso, benché in stato di detenzione, è attualmente autorizzato ad assumere ogni decisione concernente la figlia minore, inclusa l’adozione di iniziative a tutela finalizzate a ‘strappare… la bambina dalle mani della ‘ndrangheta».

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