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VIBO VALENTIA – Il potere delle cosche vibonesi nel mercato internazionale degli stupefacenti e la capacità di dialogare con i cartelli sudamericani è più volte emerso nelle inchieste della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro.
A dimostrarlo, ancora una volta, è l’avviso di conclusione delle indagini preliminari di un’inchiesta che la Dda guidata da Nicola Gratteri ha fatto notificare a 70 indagati, tra i quali emergono esponenti di vertice delle consorterie vibonesi.
Secondo quanto è emerso dall’inchiesta, condotta dai pm Antonio De Bernardo, Annamaria Frustaci e Pasquale Mandolfino, le ‘ndrine, sotto l’egida della cosca Mancuso, acquistavano ingenti quantitativi di cocaina dalla Colombia, dal Brasile, dalla Bolivia o dall’Argentina per venderli poi su territorio nazionale. I porti di riferimento nei quali recuperare la droga erano quelli di Gioia Tauro, Bari e Livorno.
Ad appoggiarsi alla cosca Mancuso nell’approvvigionamento della cocaina erano le cosche dei Piscopisani, le famiglie Accorinti di Zungri, i Grillo e gli Iannello di San Giovanni di Mileto ed anche le consorterie reggine come i Bellocco di Rosarno, i Pelle, i Nirta, i Giorgi, ed i Giampaolo di San Luca, gli Ursino ed i Demasi di Gioiosa Ionica, e i Gallace di Guardavalle, nel Catanzarese.
I reati contestati risalgono al periodo tra il 2009 e il 2011. La cocaina poteva essere inserita in listelli di legno che partivano in container dal porto di Assuncion in Paraguay e attraccavano a Gioia Tauro. Nel 2009 sono stati trasportati 350 chili di cocaina proveniente dalla Bolivia, in una container che trasportava lattine di palmito.
Nel 2010 un altro in cui era nascosto lo stupefacente container trasportava telai per macchinari agricoli. I clan trovavano sovente «ospitalità» in capannoni messi a disposizione per un provvisorio stoccaggio della droga.
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