Sergio Mattarella
3 minuti per la letturaVIBO VALENTIA – La notizia tanto attesa è arrivata ieri mattina. Una lettera da Roma, dal Quirinale, dal capo dello Stato. E pone fine ad una vicenda giudiziaria snocciolatasi negli ultimi sei anni. “Grazia”, queste sei lettere hanno un sapore della liberazione per Giuseppe Penna che di questo dovrà ringraziare il proprio legale di fiducia, l’avvocato Michelangelo Miceli. Sì, perché per quell’assegno risultato rubato e attribuito al lui, ha rischiato di finire in carcere in quanto la condanna era divenuta definitiva dopo il primo grado di giudizio e solo per pochi giorni tale epilogo è stato evitato.
Ma andiamo per gradi. Siamo nel 2013, Penna, 62enne di Filogaso, di professione nostromo sulle navi da crociera, si trova in giro per il mondo quando a casa iniziano ad arrivare le notifiche dell’ufficiale giudiziario. La moglie, pensando che si tratti di qualche normale raccomandata, le mette nella sua totale buona fede da parte, salvo poi non trovarle più quando in futuro dovranno servire. Il marito, però, resta all’oscuro di tutto né gli altri componenti della famiglia immaginano le conseguenze di quel gesto. Gli anni passano e le lettere continuano a pervenire alla casella postale della coppia.
Nel frattempo si instaura il processo per ricettazione a carico del marittimo che si conclude con la condanna dello stesso alla pena di due anni di reclusione. Il 62enne si trova ancora per mare quando, nel 2014, viene pronunciato il verdetto del quale non ha mai avuto notizia. Scadono, quindi, i termini per il ricorso in appello e la pena, a maggio del 2015, diventa, pertanto definitiva. Passano quattro anni e a casa di Penna arriva una nuova lettera. Ma questa volta ad aprirla e leggerla è il figlio del marittimo.
Era la comunicazione della Procura generale di Catanzaro relativa all’ordine di carcerazione che prevede, per condanne inferiori ai 4 anni, la possibilità di richiedere, entro 30 giorni, l’alternativa della messa in prova. Il giovane, leggendo il nome del padre e cadendo, di fatto dalle nuvole, si reca presso il legale di fiducia della famiglia, l’avvocato Michelangelo Miceli chiedendo spiegazioni in merito.
E il professionista del Foro di Vibo si mette subito in moto, interpellando in primis il diretto interessato che – esterrefatto quanto il figlio, se non di più – risponde di non aver mai ricevuto nulla né di aver mai avuto a che fare con quell’assegno oggetto del procedimento penale. Scava, scava, si comprende che quelle lettere arrivate anni prima non erano semplici raccomandate, ma comunicazioni del Tribunale di Vibo per il processo. Come fare quindi per evitare il carcere? I termini erano quasi scaduti, ciò nonostante, l’avvocato Miceli si attiva immediatamente per trovare una soluzione in tempi strettissimi.
Da un lato, tramite i carabinieri, riesce a rintracciare la parte offesa, un 98enne residente nel vicino comune di Stefanaconi, dalla quale si fa attestare, nero su bianco, il perdono per il proprio assistito, e contestualmente di fa redigere una relazione dal parroco del paese con la quale si attesta che il marittimo è una persona retta; dall’altro si rivolge alle varie istituzioni preposte (sopratutto il Tribunale della Sorveglianza di Catanzaro e la presidenza della Repubblica). L’obiettivo è ottenere la grazia del capo dello Stato Sergio Mattarella per il 62enne, facendogli evitare la detenzione in carcere. In pochissimi giorni, il legale riesce a ricomporre tutte le tessere dell’intricato puzzle e ad inviare la richiesta di all’ufficio della presidenza della Repubblica. Il 6 febbraio scorso, l’attesa risposta di Mattarella: “A Giuseppe Penna è concessa la grazia della pena divenuta definitiva per il reato di ricettazione”, con l’avvertenza che “il beneficio sarà revocato di diritto nei confronti del condannato che riporti una condanna a pena detentiva per un delitto non colposo commesso nei prossimi cinque anni”.
Insomma, per il Nostromo di Filogaso, un grosso sospiro di sollievo.
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