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VIBO VALENTIA – Il processo che nessuno vuole (o riesce a) celebrare. Quello dei veleni dell’ex fornace “La Tranquilla”, divenuta tra l’altro, lo scorso 2 giugno, teatro dell’uccisione del maliano Soumayla Sackò. Ma in questo caso l’omicidio non c’entra nulla. Qui si parla di 135mila tonnellate di rifiuti ammassati in una vasta area finiti col contaminare il terreno.
Perché un processo che nessuno vuole (o riesce a) celebrare? La risposta è presto detta: ciclicamente i giudici cambiano e il ruolo va a finire ai nuovi arrivati, lasciati da chi c’era prima. Ed infatti, nel corso di un lustro sono ben otto i magistrati che si sono succeduti sullo scranno della presidenza del Tribunale Monocratico. Da Anna Rombolà a Lucia Monaco, da Grazia Maria Monaco a Giovanna Taricco e Marina Russo. E adesso al giudice Giorgia Maria Ricotti. È lei, dunque, l’ottavo magistrato a trattare il procedimento penale che vede imputati Giuseppe Romeo, 73 anni, di Taurianova; Umberto Acquistapace (86) di Petilia Policastro; Stefano Romeo (30) di Taurianova; Angelo Vangeli (47) di Mileto; Vito Sabatelli (62) di Costernino (Br); Antonio Roma (76) di Carovingio (Br); Angela Ippolito (47) di Monopoli (Ba); Vito Antonio Sacco (59) di Carovingio; Luciano Mirko Pistillo (60) di Brindisi; Carlo Aiello (55) di Brindisi; Diego Baio (61) anch’egli di Brindisi. Procedimento che ora ha subito l’ennesimo rinvio proprio perché è cambiato il giudice e quindi l’udienza di ieri è stata solo utile soltanto ad ufficializzare questa circostanza. Un rinvio, tra l’altro, neanche breve visto che la data per la prosecuzione del dibattimento è stata fissata al prossimo 28 ottobre, vale a dire a 9 anni dai fatti.
Un processo ormai morto, che viaggia spedito verso quella prescrizione che, nell’autunno dello scorso anno, il presidente Grazia Maria Monaco stava per decretare e che solo il contemporaneo sciopero degli avvocati penalisti glielo impedì. A quel punto sulla vicenda sarebbe calato prima il clamore per l’ennesima causa giudiziaria andata oltre i termini stabiliti per esercitare l’azione penale e infine il silenzio tombale. Fu l’ultima udienza della Monaco che si trasferì in altra sede. Al suo posto arrivò la collega Russo la quale – esaminate le carte – stabilì che la prescrizione non era ancora scattata e che quindi si poteva andare avanti con il dibattimento. Solo che, a parte qualche udienza, il resto ha ripercorso la falsa riga degli anni precedenti (addirittura con udienze fissate, con non molta attenzione, il giorno di Pasqua), con una riproposizione da zero della vicenda per il mancato consenso prestato dalle difese all’acquisizione degli atti fino a quel momento svolti. Bisognava richiamare, dunque, tutti i testimoni, chiedere loro se confermavano o meno le deposizioni, salvo quando qualcuna delle parti non sentiva la necessità di approfondire qualche aspetto. Tempi che, inevitabilmente, si dilatavano, di un processo che – a sentire le parti – avrebbe dovuto essere trattato da un Tribunale collegiale per via delle contestazioni mosse. Adesso questo nuovo rinvio di quattro mesi.
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