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Il presidente della Camera di Commercio di Vibo Michele Lico

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REGGIO CALABRIA – I carabinieri del Comando provinciale e del Nucleo operativo ecologico di Reggio Calabria hanno eseguito il sequestro preventivo di una società, la Fargil s.r.l., con sede legale a Roma, in esecuzione di un provvedimento emesso dal giudice per le indagini preliminari su richiesta della Direzione distrettuale antimafia.

Nell’ambito del procedimento è indagato anche il presidente della Camera di commercio di Vibo Valentia, l’imprenditore vibonese Michelino Roberto Lico, ritenuto dagli inquirenti responsabile di intestazione fittizia di beni.

Secondo quanto sostenuto nelle indagini, Lico, per eludere le disposizioni in materia antimafia, avrebbe attribuito fittiziamente al figlio Santo, di 28 anni, la maggioranza assoluta delle azioni della I.A.M. Spa di Gioia Tauro, società che gestisce da oltre un ventennio la depurazione delle acque reflue di numerosi comuni della Piana.

Il sequestro messo a segno rappresenta uno sviluppo dell’indagine “Metauros” che, nell’ottobre scorso, portò al fermo di sette persone indagate (LEGGI LA NOTIZIA), a vario titolo, per associazione mafiosa perché ritenuti legati alla cosca Piromalli, concorso esterno, estorsione ed intestazione fittizia di beni, con l’aggravante delle modalità mafiose, nonché al sequestro di società operanti nel settore della depurazione e trattamento delle acque, trasporto e compostaggio dei rifiuti speciali non pericolosi.

Lico, fino al 20 luglio 2015 era a capo della I.A.M. attraverso la società Ligeam. In quella data, un’altra società riconducibile, secondo gli investigatori, alla famiglia Lico per la gestione di appalti pubblici, la Elmecont di Maierato (Vibo Valentia), ha ricevuto un’interdittiva antimafia. Nel provvedimento si menzionava anche la Ligeam. Pertanto, per evitare che anche quest’ultima potesse essere attinta da analoghe preclusioni, con inevitabili ricadute sulla I.A.M. l’imprenditore vibonese attraverso, secondo l’accusa, «una spregiudicata manovra societaria», ha trasferito la maggioranza azionaria della stessa I.A.M. (89,5% del totale) al figlio Santo, costituendo ad hoc la Fargil.

Dalle indagini sarebbe emersa la natura fittizia dell’operazione, con Michelino Roberto Lico, di fatto ancora saldamente al timone della I.A.M. e, pertanto, dominus sostanziale ed unico interlocutore dei vertici della compagine societaria e come, anche dopo la formale fuoriuscita dalla compagine sociale, Lico sia rimasto l’unico punto di riferimento dei dirigenti della I.A.M., ai quali ha regolarmente dettato le strategie imprenditoriali. Il valore complessivo dei conti correnti e dei beni riconducibili alla società sequestrata ammontano a circa un milione e mezzo di euro.

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