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La corte di Cassazione

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VIBO VALENTIA – Annullata con rinvio. La seconda sezione penale della Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso presentato dagli avvocati Giuseppe Di Renzo e Alfredo Gaito ha disposto per il boss di Limbadi, Antonio Mancuso, 79 anni, un nuovo processo di secondo grado a Salerno che lo aveva visto venire condannato a sette anni di reclusione (LEGGI LA NOTIZIA).

La decisione è arrivata nel pomeriggio di ieri dopo una camera di consiglio di qualche ora e dopo gli interventi del procuratore generale che ha chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso avanzato dalle difese in relazione al “bis in idem” (vale a dire della circostanza di un giudizio già emesso per gli stessi fatti di reato nei confronti dell’imputato), e dei legali di fiducia di Mancuso.

Il 18 aprile del 2015, i giudici campani avevano comminato l’unica condanna al boss pronunciando al contempo una marea di assoluzioni, molte delle quali per prescrizione. Era l’inchiesta denominata “Do ut Des” che aveva visto coinvolti il giudice Patrizia Pasquin, tecnici comunali, imprenditori e colletti bianchi.

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SULL’OPERAZIONE DINASTY 2 – DO UT DES
NEL FASCICOLO AD AGGIORMENTO DINAMICO

Nello specifico erano state sette le prescrizioni e diciassette le assoluzioni mentre il troncone principale aveva già portato alla condanna in Cassazione (2 anni e 4 mesi) dell’ex presidente della sezione civile del Tribunale di Vibo Valentia. Le prescrizioni avevano interessato il tecnico del Comune di Parghelia Achille Sganga e l’architetto Giancarlo Sganga, poi Fortunato Polito, Salvatore Valenzise, Antonio Ventura, Pierina Penna, e Maria Ventura. Assoluzione con formula piena per l’imprenditore vibonese Antonio Castagna (3 anni e 2 mesi in primo grado), l’ex sindaco di Parghelia, Vincenzo Calzona (8 mesi in primo grado) e l’ingegnere cosentino Ernesto Funaro. Stessa sorte, in quanto la stessa Procura generale di Salerno ha rinunciato all’appello fatto dai pm di primo grado (Direzione distrettuale antimafia di Salerno), anche per sei avvocati vibonesi: Antonio Galati, Santo Gurzillo, Filippo Accorinti, Michele Accorinti, Gaetano Scalamogna e Giovanni Vecchio.

Rinuncia all’appello e assoluzione pure per il boss Pantaleone Mancuso, Giuseppe Esposito, Orazio Cicerone, il commercialista vibonese Ilo Bianchi, e gli imprenditori Vincenzo Colistra, Francesco Miceli, Teresa Callà, Umberto Franco. Restava quindi in piedi solo la condanna di Mancuso per l’estorsione aggravata dalle modalità mafiose per centinaia di migliaia di euro in ordine alla realizzazione del complesso turistico “Melograno Village” a Parghelia che rappresentava il perno dell’inchiesta “Dinasty 2 – Do ut des”, per la quale a cinque imputati – Pasquin, Castagna, Tulino e i due Sganga – era contestata anche l’associazione a delinquere successivamente caduto. Mancuso era accusato di aver percepito una parte del finanziamento pubblico destinato alla costruzione della struttura ricettiva. Contestazione che aveva retto al vaglio del gup distrettuale di Salerno e successivamente anche davanti ai giudici d secondo grado. Ma ieri, come detto, il verdetto dei magistrati della Cassazione che dispone un nuovo processo per il boss.

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