Federica Monteleone
3 minuti per la letturaVIBO VALENTIA – Di rinvio in rinvio arrivò la prescrizione. Non certo una novità al palazzo di giustizia di Vibo Valentia ma, di certo, fa sempre sensazione, specialmente se il processo in questione è una costola di quello relativo alla morte di Federica Monteleone.
In questo caso non ci sono accuse di omicidio colposo quanto di falsa testimonianza, quelle che secondo la Procura della Repubblica di Vibo avrebbero reso gli otto imputati nel corso della fase iniziale delle indagini. Tuttavia, prima che una sentenza di primo grado – che sia condanna o assoluzione – potesse arrivare si è abbattuta, inesorabile, la scure della prescrizione – tra l’altro già ampiamente annunciata nel corso degli anni da tutti gli organi di stampa locali – che azzera tutto, definitivamente.
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Ed è la terza volta che accade nel caso della 16enne di Vibo Marina deceduta al nosocomio di Cosenza, giunta dal presidio di Vibo, il 26 febbraio del 2007, dopo sette giorni di agonia per le complicazioni di un intervento di appendicectomia all’ospedale “Jazzolino”. Il secondo filone, infatti, ha avuto medesima sorte in Appello dopo che in primo grado i quattro imputati, tra ex dirigenti Asp e medici, erano stati assolti dall’imputazione di omicidio colposo.
Stessa sorte, ma in Cassazione e per poche settimane, in un ulteriore troncone, quello in cui era imputato l’ex procuratore di Vibo, Alfredo Laudonio, accusato di omissione e favoreggiamento per non aver, secondo l’accusa, comunicato tempestivamente quanto avvenuto in sala operatoria al suo sostituto di turno (l’ex magistrato dovrà tuttavia risarcire i familiari della ragazza).
E da ieri anche gli otto imputati del Federica Ter che dovevano rispondere di calunnia e falsa testimonianza, vedranno le contestazioni cadere prescritte. Questo perché nell’udienza di ieri il giudice Vincenza Papagno non ha potuto fare altro che rinviare la trattazione del procedimento penale al 23 marzo 2017, un giorno prima del limite consentito dalla legge di addivenire ad una condanna o un’assoluzione (a meno che gli imputati non rinuncino alla prescrizione anche se la cosa appare realmente poco probabile). Fuori termine, dunque, a quasi dieci anni dai fatti.
Tanta la rabbia della famiglia di Federica. «Qualche anno fa – dichiara la madre, Mary Sorrentino – affermai che mi vergognavo di essere Italiana, uno Stato che non garantisce giustizia ai propri cittadini merita lo stessa “stima” di un padre che non protegge i propri figli. Oggi, per la terza volta, le istituzioni della giustizia uccidono nostra figlia… E’ successo la prima volta in una sala operatoria che si è rivelata una trappola di morte, e proseguita negli anni con processi prescritti a cui, adesso, si è aggiunto un’ulteriore con il medesimo esito. Figlia mia adorata, vittima di malasanità e malagiustizia, in che mani sei finita», la conclusione pregna di rabbia della madre a cui fanno eco le parole del marito Pino: «Mi chiedo: per avere giustizia in Italia, ovviamente rispettando la legge, cosa fare? Nell’ultimo periodo, questo termine, giustizia, pare sia scomparso dal nostro vocabolario. Si pensa solo a portare avanti processi insignificanti per colpire solo piccoli politicanti che cercano di parlare il politichese. Mi chiedo: con questi esempi di ingiustizia che valori diamo ai nostri figli? Quali valori tramandiamo? Poi, ancora più grave è il messaggio che passa: sbagliate tanto non verrete condannati, il tutto andrà in prescrizione. Che delusione».
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