La guardia di finanza
2 minuti per la letturaVIBO VALENTIA – I boss della ‘ndrangheta vibonese intascavano anche il reddito di cittadinanza. Lo hanno scoperto i militari del comando provinciale della guardia di finanza di Vibo Valentia, spulciando tra la documentazione dei soggetti che avevano avuto accesso al sostegno economico.
I nomi finiti nelle maglie dei controlli sono tra i più in vista nel panorama criminale vibonese: da Leonardo Melluso, 56 anni, ritenuto al vertice dell’omonima cosca di Briatico e già coinvolto nell’operazione “Costa Pulita” a Francesco La Rosa, 47 anni, affiliato all’omonima cosca di Tropea, già condannato per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso.
Ma l’elenco dei boss con in tasca la tessera del reddito di cittadinanza è lungo. Ci sono anche Gaetano Muscia, 57 anni, affiliato alla cosca Mancuso di Limbadi e già coinvolto nell’operazione “Ossessione”; Pasquale Accorinti, 52 anni, affiliato alla cosca La Rosa di Tropea e già coinvolto nell’operazione “Cerbero”; Raffaele Pardea, 62 anni, affiliato alla cosca Pardea-Ranisi di Vibo Valentia; Francesco Gasparro, 50 anni, affiliato allo cosca Accorinti di Zungri, già implicati nell’operazione “Rinascita Scott”.
Tutti hanno violato palesemente le condizioni inderogabili per usufruire del sostegno economico: non essere sottoposti a misure cautelari o condannati per reati gravi, come evidenziato dalla guardia di finanza della Tenenza di Tropea che ha condotto le indagini.
I militari delle Fiamme Gialle hanno appurato che nell’autocertificazione necessaria per presentare la richiesta erano stati omessi diversi dati, compreso quelli relativi ai procedimenti penali in corso, compreso quelli per associazione mafiosa, per gli esponenti delle cosche vibonesi. Le domande erano state presentate direttamente dai soggetti o attraverso i propri familiari.
Tutte le 43 persone coinvolte nelle verifiche sono stati denunciati alla Procura della Repubblica di Vibo Valentia, guidata dal procuratore Camillo Falvo, mentre l’importo complessivo delle somme indebitamente percepite e, quindi, segnalate alla magistratura e all’Inps per il recupero e la revoca del beneficio ammonta a 225.000 euro.
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