Carmine Zappia al suo arrivo in Prefettura
3 minuti per la letturaVIBO VALENTIA – Lasciato completamente solo, da una comunità, dalla istituzioni cittadine, dalle associazioni. Nessuno si è manifestato, nessuno si è avvicinato a lui, quasi fosse un appestato, dopo gli arresti dei suoi presunti aguzzini scaturiti dalle sue denunce. Carmine Zappia, però, non è un uomo completamente solo. Ha al suo fianco le forze dell’ordine, quelle stesse che l’hanno salvato dal vortice dell’usura nel quale era piombato; ha vicino la magistratura, che ha coordinato le indagini, e ha a fianco a sé la Prefettura di Vibo che stamani ha aperto le porte di casa sua per veicolare l’esempio di questo imprenditore coraggioso, che è riuscito a mettere in pratica ciò che molti, per paura o per rassegnazione, non riescono a fare: denunciare.
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Il prefetto Francesco Zito lo ha ribadito in più occasioni nel corso della conferenza stampa di questa mattina presso l’Utg alla presenza dell’imprenditore nicoterese attivo nel campo dell’arredamento; e non ha mancato di manifestare il proprio rammarico per l’assenza di attestati o anche solo gesti di vicinanza della popolazione di Nicotera verso il proprio concittadino: dal comune alle associazioni, dall’uomo della strada a una buona parte dei clienti della vittima che – appreso degli arresti – si è quasi dileguata dalla sua attività: «Qualche settimana addietro ho avuto un incontro con prefetti della Calabria e il commissario antiracket e usura – ha affermato Zito – e secondo i dati emersi sembrerebbe che questa regione sia un’isola felice, ma verosimilmente la realtà ben diversa: qualcosa non funziona perché le denunce sono poche».
E pertanto riveste un ruolo significativo quella di Carmine Zappia in quanto «rappresenta un segnale che deve essere colto, perché a fronte della sua iniziativa coraggiosa, non abbiamo visto ciò che noi ci aspettavamo: segnali di solidarietà e vicinanza di cittadinanza, associazioni», ha aggiunto il prefetto, sottolineando che la criminalità prospera sul silenzio: «Noi ci saremmo aspettati che l’iniziativa di questo coraggioso imprenditore provocasse una reazione che purtroppo non c’è stata e ciò è un vero rammarico. Il suo è un esempio anche per altre persone che possono trovarsi nelle sue condizioni; lui ha affermato il diritto del cittadino ad essere costretto di subire i soprusi. Serve pertanto una rivolta civile contro questo silenzio provocato dalla paura e dalla rassegnazione, così come avvenuto in Sicilia; quando si forma un movimento che dà voce alle vittime, queste si sentono più forti e decidono di denunciare».
Non potevano, dunque, non essere amare le considerazioni della stessa parte offesa: «Dal Comune nessuna vicinanza, nessun messaggio, così come dalla categoria dei commercianti o degli imprenditori. Ho paura, comprensibilmente, ma proseguirò a svolgere la mia attività», ha detto Zappia, che fin dagli anni ’90 è nel settore del commercio anche se, precisa, già da piccolo bazzicavo il tabacchino di famiglia di via Tondo, a Nicotera, che i Mancuso ventilavano di sottrargli dopo averlo affossato di debiti.
Perché è così che gli usurai operano, ti tolgono tutto, persino la dignità e spesso anche la voglia di vivere. Zappia, però, non ha voluto rinunciare alla sua vita e, quando le minacce sono diventate insostenibili, ha parlato. E i risultati sono arrivati.
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